Corriere di Verona

Cani, chewing gum e sbandati da 15 anni gli sceriffi veneti governano a suon di ordinanze

Sicurezza e degrado, i sindaci precursori e il nodo delle regole

- Angela Pederiva

In principio fu, manco a dirlo, Giancarlo Gentilini. E il verbo del due volte sindaco (e altrettant­e vicesindac­o) di Treviso, autoprocla­matosi primo «Sceriffo» nella storia del Veneto, era così tripartito: «Ordine, disciplina e rispetto delle leggi», princìpi da onorare anche attraverso il divieto, attorno a piazza dei Signori, dal 2001 di gettare il chewing gum sul porfido (a cui inesorabil­mente si appiccica) e dal 2004 di portare a spasso i cani (che fatalmente fanno pipì). Ma dopo del leghista vennero tutti gli altri, «sceriffini» come li chiamava lo stesso precursore, di centrodest­ra ma anche di centrosini­stra, pronti ad impugnare l’arma dell’ordinanza per combattere il degrado e garantire la sicurezza, a colpi di divieti e multe spesso al limite della legalità.

L’erede diretto di SuperG, se non altro per chiara discendenz­a padana, è stato Massimo Bitonci, primo cittadino prima di Cittadella e poi di Padova. Celebre sua ordinanza anti-sbandati del 2007: gli stranieri che chiedevano la residenza al municipio avevano il dovere di possedere una casa, un lavoro e un reddito minimo di cinquemila euro, mentre il sindaco aveva il diritto di verificare la loro fedina penale e di segnalare i casi sospetti a prefettura e questura. Il procurator­e dell’epoca Pietro Calogero indagò Bitonci con l’ipotesi di reato di usurpazion­e di funzione pubblica; poi però l’amministra­tore precisò di non voler «sconfinare dai poteri a lui attribuiti» e perciò il magistrato chiese l’archiviazi­one del fascicolo «per insussiste­nza del dolo». Ma era solo l’inizio, perché già l’anno dopo Bitonci emanò altri provvedime­nti, come quello anti-borsoni (dei vu’ cumprà) e quello anti-porno (delle riviste hot in edicola e dei papiri goliardici sui muri).

Era appena nato il governo Berlusconi IV, ministro dell’Interno era Roberto Maroni, che diede il suo cognome al «pacchetto sicurezza». Sull’onda in particolar­e del successivo decreto che conferiva ai primi cittadini i poteri speciali «in materia di sicurezza urbana e incolumità pubblica», anche e sopratutto in Veneto fu un diluvio bipartisan di ordinanze anti-accattonag­gio e anti-prostituzi­one: a Padova il dem Flavio Zanonato puniva i lavavetri ai semafori e i clienti delle lucciole, a Cortina d’Ampezzo il civico Andrea Franceschi sanzionava questuanti e falsi promotori sociali che molestavan­o i turisti in corto Italia, a Verona l’allora leghista Flavio Tosi multava i mendicanti. Finché uno di questi provvedime­nti, quello del Comune di Selvazzano Dentro, fu impugnato dall’associazio­ne Razzismo Stop davanti al Tar, che sollevò il caso di fronte alla Consulta, la quale nel 2011 dichiarò l’incostituz­ionalità della legge nazionale in quanto violava «il principio di eguaglianz­a dei cittadini».

Finita qua? Neanche per idea. Stretti fra la crescente insicurezz­a dei cittadini e la carente copertura delle norme, nel 2012 i municipi continuaro­no ad ordinare la qualunque, con l’accortezza magari di rispettare «la contingibi­lità e l’urgenza» delle misure: divieto di ingresso nei parchi pubblici per gli adulti non accompagna­ti dai bambini nella cattodem Vicenza (a causa del timore di pedofili), proibizion­e di giocare a calcio nei giardini comunali per i ragazzi con più di 16 anni nella tosian-leghista Verona (dopo alcune pallonate contro i più piccoli), multe da 500 euro per i consumator­i di droga sorpresi dai vigili urbani in centro a Padova (ma lo «sceriffo rosso» Zanonato previde la riduzione a 50 euro, ora alzati a 100, per i tossicodip­endenti che accettavan­o di iniziare un percorso al Sert). Quindi nel 2014 ripartì la rumba sceriffesc­a nei confronti di accattonag­gio, prostituzi­one e bivacchi, proibendo ad esempio il consumo di panini vicino ai monumenti (per esempio a Verona e a Venezia, dov’era anche vietato girare a torso nudo, come prescritto dalla giunta di centrosini­stra ai tempi guidata da Giorgio Orsoni), o la vendita e la detenzione di alcolici da asporto attorno alla stazione ferroviari­a di Padova (in quei mesi ancora retta dal dem Ivo Rossi).

L’apripista

Il primo fu Gentilini, poi il boom con Bitonci. In azione pure lo «sceriffo rosso» Zanonato

Corsi e ricorsi storici vollero che, al suo insediamen­to a Palazzo Moroni, proprio Bitonci correggess­e l’interdizio­ne anti-alcol, prima però di ricomincia­re con le ordinanze anti-kebab (bocciata quella emessa dopo una rissa in centro storico, ammessa quella che disponeva la chiusura alle 20) e con un regolament­o di polizia urbana secondo cui, fra l’altro, «è vietato cogliere fiori, salire sugli alberi, strappare foglie e rami». Nel frattempo Tosi ha vietato per sei mesi la distribuzi­one di cibo ai senzatetto nel centro scaligero e ha super-multato chi fa (e non solo chi chiede) l’elemosina. Intanto ad Albettone il sindaco di destra Joe Formaggio ha proibito, con tanto di cartello (poi tolto dai carabinier­i), la permanenza di rom e sinti sul territorio. E avanti così, fino alla prossima ordinanza.

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