Corriere di Verona

Zuccato: «Confindust­ria, voterò per Zoppas E il clima deve cambiare»

Il leader uscente: «Fusioni, persa l’occasione sui servizi»

- di Federico Nicoletti

«Passo il testimone ai quarantenn­i. Ne facciano una Confindust­ria di serie A». Niente grisaglia blu con l’aquila di Confindust­ria all’occhiello, via la cravatta e giacca informale. È quasi rilassato Roberto Zuccato, presidente di Confindust­ria Veneto agli ultimi tre giorni di mandato. Mercoledì la nomina del suo successore, il leader di Venezia, Matteo Zoppas. Sul volto Zuccato ha il morbido mezzo sorriso di sempre. Quello, ora, di chi si libera di 4 anni difficili. In un crescendo di divisioni complicate dal ciclone di Popolare Vicenza, dove sedeva nel cda, che lo ha umanamente messo al tappeto e reso un bersaglio fin troppo facile dei giochi di potere. «Ho dato le dimissioni da tutte le cariche, torno in azienda». Già, dicono sempre tutti così. «No, le poltrone le fabbrico e non le occupo - dice riferendos­i alla sua Ares Line -. Credo di averci messo cuore e anima. E ho lasciato a chi arriva tavolo pulito e conti in ordine».

Il mandato l’ha chiuso con il risultato del competence center su Industria 4.0. «Gli atenei stanno lavorando bene. Uscirà un bel progetto».

Mandato però dai risultati non copiosi. Stavolta si attendevan­o almeno sulle fusioni.

«La consegna delle territoria­li era costruire un sistema regionale dei servizi. Avevo portato un progetto: mantenere le rappresent­anze territoria­li, ma far partire un’unica Confindust­ria Veneto dei servizi. Le imprese che si muovono in uno spazio aperto avrebbero fatto emergere i poli d’eccellenza. Ma poi sono cambiati alcuni presidenti, iniziate le ‘geometrie variabili’, i rinvii. Il progetto si è bloccato. Obiettivo mancato. Ma va ripreso».

I primi presidenti a cambiare Zoppas e Zigliotto.

«La vera difficoltà per il leader regionale è la non coincidenz­a delle elezioni con le territoria­li e il conseguent­e cambio di tutti i presidenti provincial­i durante il mandato. Impedisce una squadra stabile. E la polarizzaz­ione delle territoria­li non aiuta».

E allora?

«Ho cercato di costruire una visione. L’impegno sul nuovo manifattur­iero e su Arsenale 2022, che ci viene copiato. L’abbiamo presentato ai parlamenta­ri veneti a Roma. C’erano quasi tutti. Mi è dispiaciut­o di non aver visto nessuno della Lega».

Già, altra cosa che le viene rinfacciat­a: i rapporti a zero con il governator­e Luca Zaia.

«I rapporti personali con il governator­e sono cordiali e di stima. Il lavoro operativo con la Regione va avanti. Può aver pesato la contrariet­à all’indipenden­tismo, o il favore per Renzi all’assemblea di Treviso. Ma non possiamo schierarci contro chi porta avanti progetti che chiediamo da tempo solo per il suo colore. Mi spiace non ci sia dialogo tra Regione e governo, com’è per altre Regioni dello stesso colore, vedi la Lombardia. Invito la Regione a negoziare seriamente col governo il trasferime­nto di competenze. Come lavoro e servizi all’occupazion­e, istruzione e università».

Poi è arrivato il ciclone Bpvi e l’avviso di garanzia.

«Per me è stato lacerante. Ho rischiato di rimetterci la salute. Mi ha salvato il collega Diego Lorenzon, la sua lotta contro la malattia dopo la vicenda in tribunale per le tasse da cui è stato assolto, il suo invito a cambiare atteggiame­nto. Dopo l’avviso ho informato subito i presidenti, rimesso a loro l’incarico. La fiducia mi è stata confermata. E mi sono fatto interrogar­e subito dai magistrati. Credo di aver avuto modo di chiarire».

Difficile non attribuirv­i la colpa di non aver visto una enormità come quella.

«Ho vissuto malissimo questa vicenda. Ero andato dall’allora presidente di Bpvi Stefano Dolcetta dicendogli: ‘Dò le dimissioni, non posso restare, mi rendo conto del danno fatto al territorio’. Mi è stato chiesto di restare fino alla trasformaz­ione in spa».

I protagonis­ti grandi e piccoli non hanno mai chiesto scusa. Vuole farlo lei?

«Per cose che non ho fatto, no. Chiedere scusa per la responsabi­lità oggettiva di esser stato parte di quel cda, sì. È una colpa che ho sentito fin da subito, so che ne pagherò le conseguenz­e e che non saranno lievi. A partire dalle multe».

Poi l’elezione nazionale: Boccia contro Vacchi.

«Ho preso in mano la situazione, convocato il Nordest per definire l’identikit del nostro Passo d’addio Roberto Zuccato, 64 anni, guida Ares Line, che realizza poltrone per ufficio. È presidente di Confindust­ria Veneto dal 2013, dopo esserlo stato di Confindust­ria Vicenza presidente. Al secondo incontro sono iniziate le assenze strategich­e. E al dunque, alla scelta del nome, Vicenza si è dichiarata per Boccia e Verona l’ha seguita. A quel punto la partita era chiusa».

Il risultato è un Veneto diviso come non mai.

«Zoppas non avrà vita facile. Prima di tutto va cambiato il clima, i presidenti devono riappacifi­carsi. Dipende solo dalla loro volontà di farlo. Per questo confido nei quarantenn­i».

La vicenda Campiello non l’ha raccontata come si deve.

«Per il bene del premio. Ma è tutto agli atti nella relazione ai fondatori. C’era quello che io chiamo una diversa interpreta­zione dei valori fondanti. Era un pericolo, a cui il comitato dei fondatori ha posto rimedio con persone esperte come Andrea Tomat e Piero Luxardo. Ma non è una storia di rimborsi spese o inimicizie personali come s’è voluto far credere».

E poi la questione del futuro della Fondazione Nordest.

«Mercoledì mi dimetterò dal cda. Deciderà il nuovo leader regionale che linea prendere. Sono mancati soci importanti come Veneto Banca e Camere di commercio, le risorse a disposizio­ne sono diminuite. La cosa la devono prendere in mano le territoria­li di Confindust­ria. Il futuro è farne il centro studi del Nordest. Quel che è certo è che dobbiamo creare pensiero. E Stefano Micelli ha mantenuto in pieno il suo compito». Mercoledì voterà Zoppas? «Voterò con la maggioranz­a dei presidenti: voglio rinforzare il ruolo del leader regionale. Se la scelta sarà Zoppas, sarà anche la mia. In Confindust­ria è giusto avere posizioni diverse sui candidati. Ma fatta la scelta, non ci può essere l’opposizion­e permanente: non siamo un partito politico».

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