Zuccato: «Confindustria, voterò per Zoppas E il clima deve cambiare»
Il leader uscente: «Fusioni, persa l’occasione sui servizi»
«Passo il testimone ai quarantenni. Ne facciano una Confindustria di serie A». Niente grisaglia blu con l’aquila di Confindustria all’occhiello, via la cravatta e giacca informale. È quasi rilassato Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Veneto agli ultimi tre giorni di mandato. Mercoledì la nomina del suo successore, il leader di Venezia, Matteo Zoppas. Sul volto Zuccato ha il morbido mezzo sorriso di sempre. Quello, ora, di chi si libera di 4 anni difficili. In un crescendo di divisioni complicate dal ciclone di Popolare Vicenza, dove sedeva nel cda, che lo ha umanamente messo al tappeto e reso un bersaglio fin troppo facile dei giochi di potere. «Ho dato le dimissioni da tutte le cariche, torno in azienda». Già, dicono sempre tutti così. «No, le poltrone le fabbrico e non le occupo - dice riferendosi alla sua Ares Line -. Credo di averci messo cuore e anima. E ho lasciato a chi arriva tavolo pulito e conti in ordine».
Il mandato l’ha chiuso con il risultato del competence center su Industria 4.0. «Gli atenei stanno lavorando bene. Uscirà un bel progetto».
Mandato però dai risultati non copiosi. Stavolta si attendevano almeno sulle fusioni.
«La consegna delle territoriali era costruire un sistema regionale dei servizi. Avevo portato un progetto: mantenere le rappresentanze territoriali, ma far partire un’unica Confindustria Veneto dei servizi. Le imprese che si muovono in uno spazio aperto avrebbero fatto emergere i poli d’eccellenza. Ma poi sono cambiati alcuni presidenti, iniziate le ‘geometrie variabili’, i rinvii. Il progetto si è bloccato. Obiettivo mancato. Ma va ripreso».
I primi presidenti a cambiare Zoppas e Zigliotto.
«La vera difficoltà per il leader regionale è la non coincidenza delle elezioni con le territoriali e il conseguente cambio di tutti i presidenti provinciali durante il mandato. Impedisce una squadra stabile. E la polarizzazione delle territoriali non aiuta».
E allora?
«Ho cercato di costruire una visione. L’impegno sul nuovo manifatturiero e su Arsenale 2022, che ci viene copiato. L’abbiamo presentato ai parlamentari veneti a Roma. C’erano quasi tutti. Mi è dispiaciuto di non aver visto nessuno della Lega».
Già, altra cosa che le viene rinfacciata: i rapporti a zero con il governatore Luca Zaia.
«I rapporti personali con il governatore sono cordiali e di stima. Il lavoro operativo con la Regione va avanti. Può aver pesato la contrarietà all’indipendentismo, o il favore per Renzi all’assemblea di Treviso. Ma non possiamo schierarci contro chi porta avanti progetti che chiediamo da tempo solo per il suo colore. Mi spiace non ci sia dialogo tra Regione e governo, com’è per altre Regioni dello stesso colore, vedi la Lombardia. Invito la Regione a negoziare seriamente col governo il trasferimento di competenze. Come lavoro e servizi all’occupazione, istruzione e università».
Poi è arrivato il ciclone Bpvi e l’avviso di garanzia.
«Per me è stato lacerante. Ho rischiato di rimetterci la salute. Mi ha salvato il collega Diego Lorenzon, la sua lotta contro la malattia dopo la vicenda in tribunale per le tasse da cui è stato assolto, il suo invito a cambiare atteggiamento. Dopo l’avviso ho informato subito i presidenti, rimesso a loro l’incarico. La fiducia mi è stata confermata. E mi sono fatto interrogare subito dai magistrati. Credo di aver avuto modo di chiarire».
Difficile non attribuirvi la colpa di non aver visto una enormità come quella.
«Ho vissuto malissimo questa vicenda. Ero andato dall’allora presidente di Bpvi Stefano Dolcetta dicendogli: ‘Dò le dimissioni, non posso restare, mi rendo conto del danno fatto al territorio’. Mi è stato chiesto di restare fino alla trasformazione in spa».
I protagonisti grandi e piccoli non hanno mai chiesto scusa. Vuole farlo lei?
«Per cose che non ho fatto, no. Chiedere scusa per la responsabilità oggettiva di esser stato parte di quel cda, sì. È una colpa che ho sentito fin da subito, so che ne pagherò le conseguenze e che non saranno lievi. A partire dalle multe».
Poi l’elezione nazionale: Boccia contro Vacchi.
«Ho preso in mano la situazione, convocato il Nordest per definire l’identikit del nostro Passo d’addio Roberto Zuccato, 64 anni, guida Ares Line, che realizza poltrone per ufficio. È presidente di Confindustria Veneto dal 2013, dopo esserlo stato di Confindustria Vicenza presidente. Al secondo incontro sono iniziate le assenze strategiche. E al dunque, alla scelta del nome, Vicenza si è dichiarata per Boccia e Verona l’ha seguita. A quel punto la partita era chiusa».
Il risultato è un Veneto diviso come non mai.
«Zoppas non avrà vita facile. Prima di tutto va cambiato il clima, i presidenti devono riappacificarsi. Dipende solo dalla loro volontà di farlo. Per questo confido nei quarantenni».
La vicenda Campiello non l’ha raccontata come si deve.
«Per il bene del premio. Ma è tutto agli atti nella relazione ai fondatori. C’era quello che io chiamo una diversa interpretazione dei valori fondanti. Era un pericolo, a cui il comitato dei fondatori ha posto rimedio con persone esperte come Andrea Tomat e Piero Luxardo. Ma non è una storia di rimborsi spese o inimicizie personali come s’è voluto far credere».
E poi la questione del futuro della Fondazione Nordest.
«Mercoledì mi dimetterò dal cda. Deciderà il nuovo leader regionale che linea prendere. Sono mancati soci importanti come Veneto Banca e Camere di commercio, le risorse a disposizione sono diminuite. La cosa la devono prendere in mano le territoriali di Confindustria. Il futuro è farne il centro studi del Nordest. Quel che è certo è che dobbiamo creare pensiero. E Stefano Micelli ha mantenuto in pieno il suo compito». Mercoledì voterà Zoppas? «Voterò con la maggioranza dei presidenti: voglio rinforzare il ruolo del leader regionale. Se la scelta sarà Zoppas, sarà anche la mia. In Confindustria è giusto avere posizioni diverse sui candidati. Ma fatta la scelta, non ci può essere l’opposizione permanente: non siamo un partito politico».
La banca Chiedo scusa per la responsabilità di aver fatto parte di quel cda, non per cose che non ha fatto
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