Cosa ci deve insegnare l’operazione Luxottica
Domani l’inserto: dopo il terremoto nell’occhialeria
Terremoto, è stato un vero terremoto. Seguito anche da poderose scosse d’assestamento, come ogni movimento tellurico che si rispetti. Però adesso, a situazione normalizzata, possiamo ragionare con mente fredda: che cosa deve insegnare l’operazione Luxottica-Essilor – la più grande fusione cross-border della nostra epoca, che ha messo insieme due autentici colossi dell’occhiale e delle lenti – alle nostre aziende manifatturiere?
Dare una risposta a questa domanda è l’obiettivo che si è posto il focus di primo piano del nuovo Corriere Imprese Nordest, in edicola domani all’interno del Corriere della Sera in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Ebbene, la lezione impartita da Leonardo Del Vecchio, un ottantenne più visionario di tanti trentenni, è di quelle che lasciano il segno: anche chi si trova già in cima alla classifica – e Luxottica, senza dubbio, nel suo settore occupa il primo posto – deve contemplare la necessità di aggregarsi, addirittura su scala internazionale, se vuole immaginarsi un nuovo percorso di consolidamento e crescita.
Facile a dirsi, molto meno a farsi. Come dimostra l’inchiesta di Corriere Imprese, l’imprenditoria del Nordest continua a rivelare una fortissima idiosincrasia all’idea di mescolare il sangue e il capitale. Dice Giovanni Gajo, il manager trevigiano che ha creato la finanziaria Alcedo Sgr e che di mestiere fa proprio questo: «In cinque minuti potrei fare la lista delle aziende del migliore manifatturiero veneto che potrebbero fondersi tra loro con grande soddisfazione reciproca. Quando ne parlo ai diretti interessati sono tutti entusiasti, poi non se ne fa nulla».
Aggiunge Alberto Baban, imprenditore veneto con un importante ruolo di rappresentanza (è presidente nazionale della Piccola industria di Confindustria), che ha appena ceduto la sua Tapì al fondo d’investimento italiano Wise: «Ci sarebbe bisogno di un salto di mentalità all’anglosassone. Loro vedono l’azienda come un “prodotto” e come tale si comportano, noi continuiamo a considerarla invece come produttore di prodotti». Chiosa Francesca Gambarotto, docente di Scienze economiche dell’Università di Padova: «A Nordest manca del tutto l’attitudine a considerare che il concorrente possa diventare il tuo socio».
Peraltro, come sottolinea l’economista del Bo Paolo Gubitta nel suo editoriale intitolato «Qui ci vuole più business appeal», l’operazione voluta da Dal Vecchio consegna ai colleghi imprenditori alcuni altri insegnamenti utili: la necessità di costruire un proprio business appeal, che viene dalla consapevolezza dei propri asset distintivi e dal fatto che il mercato li riconosce; l’accettazione del fatto che, quando ci si integra o ci si fonde, è inevitabile che le identità dei due partner si annacquino reciprocamente e che nel nuovo governo dell’azienda non può esserci posto per tutte le figure di vertice preesistenti.
Quanto al tema «nazionalista», se cioè la nuova Luxottica aggregata a Essilor sarà ancora un’azienda italiana oppure diventerà un corpo a guida e nazionalità francesi, la migliore risposta la dà Luigi Francavilla, storico braccio destro di Del Vecchio nell’azienda di Agordo: «Grazie a questa straordinaria operazione, Luxottica durerà ancora cent’anni e porterà nuovi investimenti in Veneto». Come dimostra l’imponente ampliamento in corso dello stabilimento produttivo di Sedico, sempre nel Bellunese.
Poiché, in ogni caso, di terremoto si è trattato, anche il prodotto-occhiale è destinato a non essere più lo stesso. Lo racconta un approfondimento dedicato agli occhiali del futuro: la precisione micrometrica, che deriva dalla possibilità di progettare e realizzare l’intero occhiale (Luxottica fa le montature ed Essilor le lenti), unita ai nuovi materiali d’avanguardia come le plastiche a iniezione o il grafene e all’estrema personalizzazione delle lavorazioni, stanno portando a un’autentica rivoluzione di prodotto. Per non parlare degli smartglass, gli occhiali tecnologici che sono in grado di immagazzinare e trasmettere informazioni a chi li indossa. Andrà a finire - vaticina Sandro Mangiaterra - come per i cellulari: gli occhiali serviranno «anche» per leggere.
Il nuovo numero di Corriere Imprese propone inoltre un focus sulle performance dell’industria agroalimentare, che si sta rivelando come il nuovo settore trainante dell’economia nordestina, e un’inchiesta sulla faticosa applicazione dell’obbligo di alternanza scuola-lavoro negli istituti superiori: un’ottima idea che piace a tutti, ma che ha incontrato difficoltà e complicazioni nella sua applicazione pratica per quasi 40mila studenti veneti.