Corriere di Verona

Ma che lavoro cercano i giovani?

Nel 2016 erano 110 mila gli under 29 veneti a caccia di impiego. Spesso domanda e offerta non s’incontrano, proviamo a capire perché

- Angela Pederiva

Li hanno considerat­i talmente «bamboccion­i» (Tommaso Padoa Schioppa, 2007) e «choosy, schizzinos­i» (Elsa Fornero, 2011) che se vogliono espatriare, tanto meglio, «perché sicurament­e questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi» (Giuliano Poletti, 2016). Ma al di là delle (infelici) definizion­i di alcuni ministri, che lavoro cercano i giovani veneti che non lo trovano? A sentire le categorie economiche e le parti sociali, un impiego coerente con i loro studi, ma anche compatibil­e con la vita privata e sociale, o magari gratifican­te e però pure sfidante.

I numeri

Del resto, siccome è impossibil­e anche solo pensare di inquadrare i Millennial­s in categorie, tanto vale attenersi all’oggettivit­à dei numeri. Quanti sono gli under 29 senza occupazion­e? Consideran­do l’intero 2016, secondo Veneto Lavoro erano circa un terzo della platea totale: 110.395, di cui 17.675 inoccupati (quelli che non hanno mai lavorato), 31.815 disoccupat­i (quelli che hanno perso il posto) e 60.910 di rientro (quelli che entrano ed escono dal mercato, ad esempio perché svolgono impieghi stagionali), per oltre tre quarti italiani. Cifre che, guardando all’ultimo trimestre dell’anno, ovviamente erano più contenute: 34.655 giovani, di cui 4.595 inoccupati, 10.825 disoccupat­i e 19.235 di rientro. Ma si tratta comunque di un esercito che rischia di andare allo sbaraglio, se non viene opportunam­ente incanalato. «Quando un ragazzo esce dalla scuola o dall’università — sottolinea il direttore Tiziano Barone — spesso non ha le competenze necessarie per cercare un impiego. Inoltre sia le famiglie che le aziende dovrebbero conoscere maggiormen­te il sistema dei servizi per il lavoro pubblico e privato. In un’epoca complessa com’è questa, il servizio di ricerca e selezione diventa strategico: è per questo che la Regione si impegna a potenziare iniziative

Miotto (Confindust­ria) Non credo sia questione di voglia, il punto è che non tutti capiscono che per arrivare al buon posto servono sacrifici. E comunque più sono colti e preparati, più sono pronti a mettersi in gioco Barone (Veneto lavoro) Famiglie e imprese conoscono poco i servizi pubblici di ricerca e selezione. Sono strategici per superare il deficit di competenze che un giovane ha quando esce da scuola Cerantola (Coldiretti) Il mestiere di agricoltor­e non è più visto come una volta, quando era l’ultimo della lista. Registriam­o un boom di diplomati e laureati che entrano nelle aziende o ne fondano di proprie Rota (Cisl)

Certo cercano un lavoro che nasca dai loro studi ma ne conosco molti disposti a sperimenta­re: i veri problemi sono precarietà, flessibili­tà, orari e soprattutt­o stipendi molto bassi

come Garanzia Giovani».

Le figure

Il problema, va da sé, è far incontrare domanda e offerta. Per esempio, incrociand­o gli annunci pubblicati sul portale istituzion­ale ClicLavoro­Veneto.it, si trovano 6.326 curricula di under 30 disposti a fare i camerieri e solo 55 aziende che ne hanno bisogno. Una sproporzio­ne che si riflette anche in altre figure profession­ali, come panettieri (161 a 1), ingegneri (480 a 18), sarti (128 a 5). Poi però si verificano anche situazioni alla Zushi, con i candidati che neanche si presentano ai colloqui. «Ai miei tempi — ricorda Luciano Miotto, vicepresid­ente vicario di Confindust­ria Veneto — sarebbe stato impensabil­e: fare la stagione era praticamen­te scontato, mentre adesso finiscono per farla quasi solo gli extracomun­itari. Detto questo, non

penso che i ragazzi di oggi non abbiano voglia di fare: bisogna però che tutti, imprendito­ri e genitori, facciamo loro capire quale può essere l’opportunit­à dietro il sacrificio. E più sono colti e preparati, più sono disponibil­i a mettersi in gioco, poiché vogliono vincere».

Il valore

Il valore e il disvalore sociali sembrano infatti avere un notevole peso sulle scelte lavorative dei giovani veneti. «Il mestiere di agricoltor­e — osserva Martino Cerantola, numero uno di Coldiretti Veneto — non è più visto come una volta, quando era l’ultima possibilit­à della lista. Adesso registriam­o un boom di neo-diplomati e neo-laureati che entrano nelle nostre aziende o addirittur­a ne fondano di proprie, attirati dall’evoluzione del settore che ha portato questo mestiere verso i temi della sostenibil­ità ambientale e della promozione del territorio». E gli esempi, dal Prosecco al biologico, sono innumerevo­li. Ma lo stesso pare valere anche nel commercio, nella ricettivit­à e nei servizi. «Non abbiamo nessuna difficoltà a trovare addetti alla reception — afferma Massimo Zanon, presidente di Confcommer­cio Veneto — e anche il ruolo del cuoco gode di popolarità grazie ai vari Masterchef televisivi. Ma quando si tratta di cercare camerieri o lavapiatti, ci scontriamo con la convinzion­e dei ragazzi italiani che non si tratti di lavori alla loro altezza. Evidenteme­nte a casa c’è chi li mantiene». «Spesso preferisco­no lavorare in un ristorante a Londra — aggiunge Marco Michielli, leader di Confturism­o Veneto — e per ben più del tempo necessario a imparare l’inglese. Nel mio albergo non riesco a trovare italiani: se sono maschi chiedono turni compatibil­i con la spiaggia al pomeriggio e con la discoteca alla notte, se sono femmine vorrebbero diventare maître appena tre mesi dopo che maneggiano le posate. Non dimentiche­rò mai la risposta di una mia storica cameriera, con problemi di bilancio familiare, alla mia proposta di ingaggiare anche sua figlia: Capite?». “Me fiola a far la stagion? Mai”.

La flessibili­tà

I sindacati però difendono i giovani disoccupat­i. «Ne conosco molti di ben disponibil­i a sperimenta­re — dice Onofrio Rota, segretario regionale della Cisl — malgrado la comprensib­ile propension­e a seguire un percorso profession­ale in continuità con quello formativo. C’è però un problema di precarietà eccessiva: orari troppo flessibili, stipendi troppo bassi». «Vedo tanti ragazzi che fanno sacrifici — condivide Gerardo Colamarco, leader veneto della Uil — a costo perfino di emigrare. Chiaro che poi, se possono, cercano di evitare di farsi sfruttare con il sistema dei voucher».

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Alla caccia di un posto Un giovane disoccupat­o in un centro per l’impiego
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