Giusto Pio, l’umile maestro e la «follia» della musica
La scomparsa del compositore di Castelfranco. Dai successi con Battiato ai brani spirituali. Canzian: «Lontano dallo star system»
Ifamigliari hanno scelto il canto delle stelle come colonna sonora per il suo addio. Oggi (15.30, Duomo di Castelfranco Veneto, Treviso) si celebrano i funerali di Giusto Pio, violinista, maestro di Franco Battiato, morto nella sua casa all’alba di domenica. Aveva compiuto 91 anni lo scorso 11 gennaio, lascia la moglie Maria Bottari e i figli Stefano e Giulietta. «Sempre allegro, scherzoso, dolce, riservato: ci mancherai», così lo ricordano nel giorno in cui tutti ascolteranno in chiesa la sua Missa Populi, incisa nel 1995 e dedicata all’allora pontefice Giovanni Paolo II. Una composizione che sintetizza l’ultima fase della carriera di un genio umile che aveva deciso di scrutare dentro l’abisso della musica, usando computer e sintetizzatori. «Ho registrato il rumore della risonanza magnetica – spiegava quando decise di pubblicare il cd – ma anche il suono prodotto dallo scalpello dello scultore Toni Benetton, quella della stella Pulsar registrato dall’osservatorio astrologico di Bologna e altri ancora». Vette di sperimentalismo dopo una carriera passata col violino nell’anima.
«Avrò avuto forse 5 anni raccontava - quando ho spezzato in due le lamette da barba di mio padre, le ho piantate su una tavoletta in legno per far “tin tin” con un pennino per scrivere». Madre insegnante, padre lavoratore alla Fervet. «Sembrava una follia voler fare il musicista, ma ero disposto a suonare nelle osterie pur di riuscirci». Dopo gli studi al conservatorio di Padova e Venezia – in questo periodo lo seguì l’indimenticato Luigi Ferro – ecco il concorso che gli dona uno stipendio: dal 1950 al 1981 lavora per l’Orchestra Rai di Milano. «Arrotondavo come turnista in sala di incisione, dovevo confrontarmi con la musica pop. Non mi piaceva, ma era lavoro. Un bel ricordo? Una delle prime incisioni di Mina».
Sono gli anni passati a Milano, tra premi e concerti. Poi arrivò il 1977 e ricevette una telefonata dal pianista Antonio Ballista. «Voleva che insegnassi il violino ad un giovanotto siciliano, ma non avevo tempo. Furono i miei figli a convincermi quando scoprirono che si trattava di Franco Battiato», raccontava così la nascita dell’affinità elettiva. Prima le lezioni, poi il desiderio di comporre qualcosa assieme. Primo album: ottomila copie. Segue «L’Era del cinghiale Bianco». «Vendemmo quarantamila copie, un numero impensabile», raccontava nelle interviste. «Poi creammo “La voce del padrone”, io ero direttore d’orchestra e responsabile degli arrangiamenti. Nessuno immaginava quello che sarebbe successo: superammo il milione di copie». Bandiera bianca, Centro di gravità permanente, Cuccurucucù cristallizzarono un’epopea artistica senza tempo. Sono i primissimi anni Ottanta, quelli dopo Juke Box e Motore immobile, quelli di Legione Straniera. Nel 1980 appare Carla Bissi, in arte Alice, che vince il Festival di Sanremo con Per Elisa: è coautore di musiche e arrangiamenti, suona il violino e dirige pure l’orchestra. «Fu un’era di collaborazioni a raffica – sorrideva Giusto - con Giuni Russo, Milva, Ombretta Colli, Giorgio Gaber, Eugenio Finardi, Catherine Spaak, Sibilla e molti altri». Poi il tempo iniziò a scorrere più lentamente, negli anni Novanta decise di tornare a vivere nella sua Castelfranco e si donò alla sperimentazione proseguendo la sua grande passione: la pittura. Tra le sue ultime opere, l’inno al monte Pelmo. Di lui, rimangono le emozioni e le parole di chi lo ha conosciuto. «Ciao Maestro Giusto Pio», ha scritto Franco Battiato sul suo profilo di Facebook. «E’ sempre stato un uomo estremamente mite - ricorda Red Canzian, bassista dei Pooh -. Era una persona concentrata sui particolari importanti, quelli che fanno la differenza: non gli importava niente dello star system». Infine, il maestro Diego Basso: «Era una persona umilissima, il primo a fare i complimenti ma anche a smorzare quelli che riceveva. Vitale, semplice e lungimirante. Resterà sempre un grande esempio».