Corriere di Verona

«Nella globalizza­zione l’uomo non rinuncia all’identità» L’incontro a Padova con de Bortoli, Ravasi e Violante. Migrazioni e nuove sfide

- Marco de’ Francesco

Se parlare di identità è scivoloso, è perché significa troppo per alcuni e poco per molti. Eppure un equilibrio, tra le radici e la globalizza­zione, va reperito da qualche parte. Tante, tra le sfide in corso e quelle che attendono l’umanità al varco dipendono da una miscela di elementi che possono avvicinare persone e popoli, ma anche erigere muri tra le une e gli altri. Un argomento tornato di moda dopo che la politica del presidente americano Donald Trump sul confine messicano ha preso forma, e mentre gli sbarchi sulle coste meridional­i del Vecchio Continente continuano senza sosta. Ma poi, in che senso identità e globalizza­zione sono l’una contro l’altra armate? «Siamo Da sinistra, Luciano Violante, Ferruccio de Bortoli e Gianfranco Ravasi

immersi nel villaggio globale – ha affermato ieri il cardinale Gianfranco Ravasi, ieri al Bo all’incontro “Radici, Identità e globalizza­zione”, organizzat­o dall’associazio­ne PadovaLegg­e – la tendenza è quella del sindei

cretismo, la massificaz­ione. Tutti sembrano uguali. Ma in realtà l’uomo non si rassegna alla serialità, ed è anzi capace di identità e di linguaggio proprio. In questo contesto, sono possibili due orientamen­ti. Anzitutto, il multicultu­ralismo: è come una vecchia foto di New York, con Little Italy, il quartiere cinese, quello ebraico, quello di colore. Comunità fisicament­e vicine, ma separate, e ognuna con un proprio orizzonte. E poi l’intercultu­ralismo, che sarebbe auspicabil­e. Non un duello, ma un duetto, che tiene insieme, sulla stessa base armonica, il basso e il contralto. Ognuno conserva la sua voce, ma è sempre pronto al dialogo». Anche per la religione ci sono due strade. «L’integralis­mo e, appunto, il dialogo». Dialogo che anzi si è, per certi versi, complicato. «Quella in corso – ha affermato il presidente della casa editrice Longanesi Ferruccio de Bortoli, già direttore del Corriere della Sera – è definita dal demografo Massimo Livi Bacci “quarta globalizza­zione”. Si distingue dalle precedenti anche perché, secondo alcuni, non ci sarebbero spazi vuoti da coprire. E poi, la pauperizza­zione della classe media occidental­e non favorisce politiche di integrazio­ne. Le stesse democrazie liberali si sono indebolite, in un contesto in cui la finanza esercita un potere enorme e sottratto al controllo democratic­o». Comunque sia, per de Bortoli «chi ha paura di confrontar­si non è certo della propria identità. E da questo punto di vista, negare la propria origine giudaico-cristiana è stato un errore per l’Unione Europea». Secondo il presidente emerito della Camera Deputati Luciano Violante «nel rapporto tra identità e differenza, anche nel contesto europeo alcuni gruppi influenti, che hanno si sono sempre battuti per il rispetto delle minoranze, oggi si trovano un po’ in difficoltà. Nel senso che hanno sempre difeso “donne, neri e gay”; ma oggi, anche giovani bianchi emarginati chiedono attenzione. Insomma, c’è il rischio di un certo narcisismo, in talune posizioni». E poi, «la crisi delle formazioni sociali ha comportato la cancellazi­one della dimensione collettiva. Il cittadino, rimasto solo, si costruisce la propria appartenen­za. Che può non essere inclusiva».

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