«Nella globalizzazione l’uomo non rinuncia all’identità» L’incontro a Padova con de Bortoli, Ravasi e Violante. Migrazioni e nuove sfide
Se parlare di identità è scivoloso, è perché significa troppo per alcuni e poco per molti. Eppure un equilibrio, tra le radici e la globalizzazione, va reperito da qualche parte. Tante, tra le sfide in corso e quelle che attendono l’umanità al varco dipendono da una miscela di elementi che possono avvicinare persone e popoli, ma anche erigere muri tra le une e gli altri. Un argomento tornato di moda dopo che la politica del presidente americano Donald Trump sul confine messicano ha preso forma, e mentre gli sbarchi sulle coste meridionali del Vecchio Continente continuano senza sosta. Ma poi, in che senso identità e globalizzazione sono l’una contro l’altra armate? «Siamo Da sinistra, Luciano Violante, Ferruccio de Bortoli e Gianfranco Ravasi
immersi nel villaggio globale – ha affermato ieri il cardinale Gianfranco Ravasi, ieri al Bo all’incontro “Radici, Identità e globalizzazione”, organizzato dall’associazione PadovaLegge – la tendenza è quella del sindei
cretismo, la massificazione. Tutti sembrano uguali. Ma in realtà l’uomo non si rassegna alla serialità, ed è anzi capace di identità e di linguaggio proprio. In questo contesto, sono possibili due orientamenti. Anzitutto, il multiculturalismo: è come una vecchia foto di New York, con Little Italy, il quartiere cinese, quello ebraico, quello di colore. Comunità fisicamente vicine, ma separate, e ognuna con un proprio orizzonte. E poi l’interculturalismo, che sarebbe auspicabile. Non un duello, ma un duetto, che tiene insieme, sulla stessa base armonica, il basso e il contralto. Ognuno conserva la sua voce, ma è sempre pronto al dialogo». Anche per la religione ci sono due strade. «L’integralismo e, appunto, il dialogo». Dialogo che anzi si è, per certi versi, complicato. «Quella in corso – ha affermato il presidente della casa editrice Longanesi Ferruccio de Bortoli, già direttore del Corriere della Sera – è definita dal demografo Massimo Livi Bacci “quarta globalizzazione”. Si distingue dalle precedenti anche perché, secondo alcuni, non ci sarebbero spazi vuoti da coprire. E poi, la pauperizzazione della classe media occidentale non favorisce politiche di integrazione. Le stesse democrazie liberali si sono indebolite, in un contesto in cui la finanza esercita un potere enorme e sottratto al controllo democratico». Comunque sia, per de Bortoli «chi ha paura di confrontarsi non è certo della propria identità. E da questo punto di vista, negare la propria origine giudaico-cristiana è stato un errore per l’Unione Europea». Secondo il presidente emerito della Camera Deputati Luciano Violante «nel rapporto tra identità e differenza, anche nel contesto europeo alcuni gruppi influenti, che hanno si sono sempre battuti per il rispetto delle minoranze, oggi si trovano un po’ in difficoltà. Nel senso che hanno sempre difeso “donne, neri e gay”; ma oggi, anche giovani bianchi emarginati chiedono attenzione. Insomma, c’è il rischio di un certo narcisismo, in talune posizioni». E poi, «la crisi delle formazioni sociali ha comportato la cancellazione della dimensione collettiva. Il cittadino, rimasto solo, si costruisce la propria appartenenza. Che può non essere inclusiva».