Corriere di Verona

Notai, crisi di vocazione Praticanti quasi dimezzati

Crisi di vocazione, calano i praticanti e aumentano i costi fissi. La preoccupaz­ione del presidente del consiglio notarile di Verona: «Tre i fattori scatenanti»

- Sorio

In Italia, il mondo dei notai registra una crisi nelle vocazioni. E Verona non fa eccezione. Sette praticanti, contro i 12 del 2006. E un volume d’affari che, nonostante l’11% in più del volume di atti immobiliar­i e societari nel 2016 rispetto all’anno precedente, è inferiore del 40% a quello del 2004.

Sette praticanti, tra città e provincia, contro i 12 del 2006 (-41 per cento). E un volume d’affari che, nonostante l’11 per cento di crescita del volume di atti immobiliar­i e societari nel 2016 rispetto all’anno precedente, è inferiore del 40 per cento al volume d’affari del 2004. In Italia, il mondo dei notai registra una crisi nelle vocazioni. E anche Verona dove se non altro l’assemblea annuale del Consiglio notarile di una settimana fa ha bollato l’ingresso di sette nuovi notai nel distretto - vive quel momento lì. Da un lato ci sono i costi fissi, alti, che gravano soprattutt­o sui giovani a inizio attività. Dall’altro c’è la concorrenz­a propiziata dal vecchio decreto Monti del 2012 che ha aumentato il numero di profession­isti. Due fattori che incidono. Un po’ come i tempi d’attesa per diventare notai, lunghi, perché anche i candidati più preparati possono aver bisogno di più di un concorso e ritrovarsi a investire un periodo dai 6 agli 8 anni, in media, dopo la laurea. Incidenze, forti, che spingono il presidente del Consiglio notarile di Verona, Nicola Marino (figlio di Maurizio, uno dei notai più conosciuti a Verona), a parlare di un «disagio che in passato non si avvertiva» e di cui sono «segnale», ad esempio, i «due pensioname­nti anticipati registrati su Verona, nel 2016 e 2017, dal Consiglio».

Quanti sono

Facciamo un quadro. In tutto, nel 2016, a Verona, il numero totale di notai è stato di 77 su 93 sedi fra città e provincia (quelle 16 sedi restanti saranno occupate per concorso). Nel 2006, prima della crisi, i notai veronesi erano 68 su 71 sedi. A oggi, il bilancio locale dice che il 71 per cento dei notai è composto da uomini e il 29 per cento da donne, dato quest’ultimo inferiore a quella media nazionale ch’è del 33 per cento. Sulla torta totale, inoltre, i notai veronesi con meno di 40 anni sono il 12 per cento, mentre «di quei sette nuovi notai vincitori del concorso, che hanno svolto la pratica e ora il tirocinio post-concorso, 6 sono sotto i 35 anni e questo è un dato molto positivo che raddoppia il numero di giovani notai del distretto», così il presidente del Consiglio notarile, Marino. Ma il dato che racconta della crisi di vocazioni, come detto, sono gli appena 7 praticanti nel distretto scaligero. Il quadro generale, che spiega lo scarso flusso di aspiranti notai verso la profession­e, è il calo delle entrate. Calo su cui agisce, spiega Marino, «la micidiale combinazio­ne di tre fattori: l’aumento del numero di notai introdotto dal Decreto Monti, l’abolizione delle tariffe col Decreto Bersani e la riduzione degli atti dettata dalla crisi economica».

I costi fissi

In tutto questo, un aspetto decisivo sono i costi fissi: l’assicurazi­one per la responsabi­lità civile (obbligator­ia per legge), la contribuzi­one al fondo di garanzia che tutela il cittadino nell’ipotesi di danni derivanti da atti dolosi, i costi per l’utilizzo di programmi gestionali e la dotazione hardware (non si scrive più l’atto a mano portandolo fisicament­e all’agenzia delle Entrate per la registrazi­one, ndr), la contribuzi­one mensile per il funzioname­nto degli archivi notarili, il contributo previdenzi­ale e infine il costo del personale dipendente (ogni notaio, prima o poi, ha bisogno di una segreteria). Premette, Marino, che «il notariato non si deve sottrarre alle regole della concorrenz­a», ma sottolinea anche che: «Bisogna considerar­e come alcune attività e obblighi peculiari della nostra attività derivino dalla necessità di tutelare un interesse pubblico, cioè la sicurezza del mercato immobiliar­e e delle transazion­i in genere, e quindi non possano essere trattati alla stregua di asset valutabili esclusivam­ente in termini economici».

Nicola Marino

Tre i motivi della crisi: l’aumento del numero di notai introdotto dal Decreto Monti, l’abolizione delle tariffe col Decreto Bersani e la riduzione degli atti dettata dalla crisi economica

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