«Hanno ragione tutti»: il nuovo disco di Alberto Molon
Il cantante-avvocato veronese presenterà il suo nuovo lavoro domani sera «Un album che coniuga nostalgia e gioia». Lo spunto dalle vecchie canzoni di Vasco Rossi. «La musica di oggi? Spaccata fra grandi hit in tv e underground»
Il musicista avvocato ritorna. Anzi,per la verità, il veronese Alberto Molon non se n’è mai andato, osservando, studiando e interpretando la realtà in musica da sempre. E come nel suo ultimo lavoro, «Hanno ragione tutti», che presenterà domani al clun «Il Giardino».
Come è nato il suo ultimo lavoro?
«Questo mio terzo album, «Hanno ragione tutti», nasce dalla voglia di unire le due anime che hanno caratterizzato i miei precedenti lavori, «Sto bene anche se» e «Soddisfection». Il primo, del 2013, era caratterizzato da una forte componente malinconica, mentre il secondo del 2015, era ispirato alla musica, più gioiosa e ritmata, degli anni ’60 e ’70. E quindi, con il mio nuovo album, ho voluto creare un mix, e ci sono quindi brani ironici e altri emotivamente intensi. Dal punto di vista musicale, io e Martino Cuman, produttore del disco, abbiamo poi voluto rendere il tutto più maturo, con passaggi esclusivamente strumentali all’interno delle canzoni».
Cosa ha ispirato «Hanno ragione tutti»?
«Lo spunto per scrivere questo brano è stato l’ascolto di vecchie canzoni del primo Vasco Rossi: apprezzo l’indiscussa capacità di Vasco di interloquire con l’ascoltatore e di farlo immedesimare nella vicenda narrata. L’ascolto ha lasciato traccia dentro di me, perché pochi giorni dopo, quando ormai tutte le canzoni del disco erano più o meno già state scelte, mi sono trovato a scrivere questo brano in modo del tutto veloce e naturale. Un brano quindi diretto, con una sorta di dialogo tra protagonista ed ascoltatore, che narra, peraltro, la tipica storia in cui moltissimi si possono ritrovare: quella di un ragazzo che corteggia una ragazza, che sembra gradire e provare interesse, salvo poi smentire tutto e dichiararsi del tutto disinteressata, incolpando il “lui” di turno di essersi illuso da solo».
Che ruolo ha il contesto veronese nei suoi lavori?
«Dal punto di vista musica-
le, ritengo che il panorama veronese sia molto frammentato, ovvero ognuno si fa i fatti suoi. Non ritengo che ci sia molto interesse per le nuove proposte musicali locali, ma nemmeno per quelle già consolidate, in realtà. I locali di musica live si contano sulle dita di una mano. Per quanto riguarda, invece, l’ispirazione che mi dà la città, è notevole, visto che Verona è scenografica e che ho la fortuna di vivere nel centro storico, con tutte le sue bellezze e la sua vita quotidiana». Lo stato di salute del panorama musicale italiano,
oggi?
«Credo ci sia una grossa spaccatura tra la musica che passa sui maggiori network radio televisivi e la musica cosiddetta “alternativa” che forse è più giusto chiamare underground, visto che non è in
contrapposizione all’altra e non si propone con stili musicali per forza diversi. È però un fatto incontestabile che il nuovo cantautorato, la produzione di nuova, vera, musica pop e rock o di altro tipo è delegata e prerogativa esclusiva del mondo “underground”, ovvero quello meno visibile, che è l’unico in continuo fermento e vitale, ma che è ignoto alla cultura generalista».
Cioè?
«Ci sono continue proposte interessanti e di valore, cosa
che ritengo non si possa dire della stragrande maggioranza degli artisti “giurassici” che monopolizzano le radio e le televisioni più importanti. Ma ormai, purtroppo, il culto della popolarità e dell’essere visibile fa sì che, per la maggior parte delle persone, se un artista non è noto e famoso è automaticamente di nicchia, difficile da ascoltare e non capace: è quindi un circolo vizioso».