Corriere di Verona

Staccò la spina alla figlia Papa Francesco l’abbraccia «Eccomi, ti sono vicino»

- di Michela Nicolussi Moro

C’è una lettera che Papa Francesco tiene sul suo tavolo dal Natale 2015. Tutti i giorni prega per Loredana, la donna che gliel’ha mandata, e per la sua nipotina Sofia, volata in cielo quando aveva appena 40 giorni. Era nata senza speranza, condannata a morte da una malattia rara che impediva ai polmoni di espandersi. Il suo papà Alessandro non se l’è sentita di vederla tirare avanti per mesi intubata, trafitta da aghi e flebo, tra mille sofferenze, e ha staccato la spina. Quando ha capito che non c’era nulla da fare lui, ateo, ha cercato un prete cattolico, ha fatto battezzare la piccola e poi l’ha presa in braccio. L’ha cullata un’ultima volta e, tra le lacrime, ha spento i macchinari che la tenevano in vita. Sofia ha respirato per un minuto e poi ha chiuso gli occhietti per sempre. La sua storia è diventata quella lettera, la lettera che la nonna ha inviato al Santo Padre, affidandol­a a una suora.

Loredana è un medico padovano, un medico cattolico, che questa tragedia «l’ha visne, suta due volte, come mamma e come nonna» e che solo oggi riesce a parlarne. Il figlio Alessandro è un ingegnere biomedico, vive e insegna all’Università a Washington, dove la moglie Christel è analista politica per il governo americano. Dopo Angela, la primogenit­a che oggi ha 4 anni, nel settembre 2015 era arrivata Sofia. «Appena nata sembrava stesse bene — racconta Loredana — pesava tre chili, era bellissima. Ma qualche ora dopo il parto ha cominciato a fare fatica e respirare, non si capiva cosa avesse. Dopo una serie di visite, non avevamo ancora una diagnosi e lei peggiorava. Ho mosso il mondo intero: ho chiesto una consulenza alla Pediatria di Padova, l’ho fatta vedere da uno specialist­a di Lugano e poi da una dottoressa padovana che lavora a New York. E il verdetto è arrivato, impietoso: Sofia aveva una malattia rara che impedisce all’organismo di produrre la proteina in grado di far espandere i polmoni. Non si può curare, l’unico trattament­o poteva essere il trapianto di polmo- che avrebbe dovuto affrontare a un mese di vita a Philadelph­ia. Ma non ci è mai arrivata. Mio figlio, d’accordo con me, si è assunto la responsabi­lità dell’unico gesto possibile, altrimenti la piccola sarebbe stata attaccata al respirator­e due mesi, per poi morire d’infezione. Che senso aveva prolungarn­e le sofferenze?».

E così una notte di novembre a casa di Loredana arriva una telefonata. E’ Alessandro: «Mamma, è tutto finito». «Hai fatto quello che era giusto», risponde lei. Ma è disperata. E sfoga tutto il suo dolore nella lettera al Papa. Gli narra la storia di Sofia, gli dice che «è venuta al mondo con la missione precisa di convertire il padre e L’abbraccio

Il Papa con Alessandro, l’ingegnere padovano che ha dovuto dire addio alla figliolett­a, la secondogen­ita Angela e la moglie far battezzare la sorella Angela», gli confida il dolore straziante di tutti i genitori che vivono lo stesso dramma. Gli chiede di ricevere il figlio e la nuora. Siamo ormai sotto Natale 2015. Quindici giorni dopo a Loredana arriva la telefonata della Santa Sede. «Era la suora tedesca che assisteva Ratzinger e che è rimasta nella segreteria dell’attuale Pontefice — racconta la dottoressa padovana — mi ha detto che Papa Francesco aveva letto la mia lettera e che era pronto a riceverci. Ha capito la nostra tragedia e non ci ha giudicati».

Il 24 maggio 2016 Loredana, Alessandro, Christel e Angela sono in Vaticano. Alloggiati dalle suore. Hanno in mano le foto di Sofia, le frasi di addio degli amici e l’omelia lette al suo funerale, celebrato a Washington con rito battista, la religione della mamma. Papa Francesco quando li vede sorride, si avvicina, legge l’omelia, guarda le foto della piccola che non c’è più ma resterà sempre nel cuore di tutti, mentre Loredana rimane in disparte. Poi Alessandro sussurra qualcosa all’orecchio del Santo Padre e lui lo abbraccia: «Vi sono vicino». «Mio figlio non ha voluto riferirmi tutto ciò che si sono detti, ma per lui è stato il primo momento di serenità dopo tanto dolore», racconta Loredana.

Qualche mese dopo Christel resta incinta e lo scorso novembre, a un anno esatto dalla morte di Sofia, nasce un maschietto. L’hanno chiamato Matteo Francesco.

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