Tumore alla tiroide, chirurgia spericolata per salvare la vita
Polo Confortini, 8 interventi riusciti. Brazzarola: «Davanti a certe situazioni noi osiamo»
VERONA È una di quelle malattie che, ancora nel 2017, si fa fatica a chiamare con il proprio nome. Un «male incurabile» per il quale, la prassi medica, suggerisce spesso la più pragmatica delle terapie: un colloquio con i familiari e cominciare a prepararsi alla fine. Si sta parlando dei tumori endocrini della tiroide, non nelle forme benigne, ma negli stadi più avanzati, spesso di tipi «anaplastico».
Un termine, quest’ultimo, che definisce quelli maligni, gravi al punto tale, che non si riesce più a distinguere le cellule sane da quelle «impazzite». Si aggiunga che l’età media del paziente, di norma, è elevata e si ha il quadro che, generalmente, viene definito «con poche speranze».
A Verona, un gruppo di medici ha deciso di sfidare tutto questo. Lo ha fatto creando una realtà interdisciplinare, che mette insieme gli esperti di chirurgia endocrina (guidati dal dottor Paolo Brazzarola, che coordina anche il nuovo team) e di Otorinolaringoiatria, che vedono a capo il professor Daniele Marchioni. La nuova realtà si chiama «Teach», un acronimo, che in inglese corrisponde al verbo «insegnare», che sta per l’appunto per tumori endocrini avanzati e chirurgia.
Nata come una scommessa, l’équipe, che sta per compiere un anno, ha già visto e operato otto pazienti, tutti con buoni risultati. Abbastanza da permetterle di passare dalla fase «preliminare» a quella di operatività a tutti gli effetti.
«Aver avuto la possibilità di operare otto casi del genere afferma Brazzarola - è già un primo risultato. Va detto che non stiamo parlando di routine medica, nella maniera più assoluta. Questi tipi di paziente, uno specialista del settore li vede, se gli va male, una volta nella sua vita. Sono casi rarissimi e molto, molto delicati». La situazione è così critica che non si passa nemmeno per il Centro unico di prenotazioni, come per tutte le altre prestazioni mediche.
I pazienti con questa diagnosi sono invitati a chiamare direttamente la segreteria del Teach.
«La velocità, in casi del genere, è tutto - prosegue Brazzarola - i pazienti che abbiamo affrontato li abbiamo tutti visitati nel giro di pochi giorni e operati nel tempo massimo di una settimana».
Sempre con un’impegnativa «full immersion» in sala operatoria. «Si parla di interventi di sei, sette ore, che richiedono esperti di diversi settori. Non abbiamo paura a definirla una chirurgia che ha un po’ di “spericolato”, capace di osare: ma davanti a certe situazioni è necessario buttare il cuore oltre l’ostacolo».
I pazienti con tumori avanzati della tiroide presentano tutti sintomatologie gravi. Su tutte, la presenza del gozzo che, in certi casi, rende addirittura difficile la respirazione. «Spesso ancora oggi si ricorre a dei palliativi, che migliorano sensibilmente le condizioni dei pazienti senza affrontare, però, il cancro - prosegue Brazzarola - noi puntiamo invece a rimuovere la massa tumorale. L’operazione comporta dei rischi, ma finora ci siamo sempre riusciti».
Il segreto, per il chirurgo, è stato quello di aver messo «in comunicazione» due specialità che, di norma, rimangono distinte. Brazzarola conclude con un appello: «Contattateci: non bisogna arrivare a situazioni limite che possono essere pericolose: il cancro va aggredito il prima possibile».
Trattiamo casi rarissimi e molto delicati, la velocità è tutto
Spesso in questi casi si ricorre a palliativi Noi invece togliamo il tumore