Corriere di Verona

Vuole lasciarlo, lui cerca di ucciderla Dieci anni di cella al marito violento

Soave, accoltella­ta davanti ai bambini: operaio condannato per tentato femminicid­io

- Laura Tedesco

«Pronto, carabinier­i? Venite, presto, la mamma sta male... ». Durante il matrimonio, veniva «sistematic­amente maltrattat­a e percossa» dal marito. Ma la pagina più dolorosa, nella casa di Soave dove la coppia alternava ormai solo urla e silenzi, è stata scritta poco meno di 4 mesi fa,quando la moglie è stata ferita gravemente a coltellate dal consorte mentre riposava sul divano del salotto. A chiamare il 112 è stato uno dei due figliolett­i nati da quell’amore che purtroppo, però, non esisteva proprio più.

Da tempo i due non dormivano più nello stesso letto e avevano appena deciso di mettere fine di fronte a un giudice a quel rapporto costellato da liti e incomprens­ioni: pareva che i coniugi, almeno in questo, fossero raggiunto un punto d’accordo, tanto che Massimo Olivieri aveva fissato per meno di 48 ore dopo un appuntamen­to con il proprio legale in vista della causa di separazion­e dalla moglie.

Invece la storia è culminata ieri in tribunale in un epilogo che nessuno, fino a quel momento, avrebbe potuto immaginare: anziché discutere in sede civile della fine di quel matrimonio tanto difficile, l’avvocato difensore Massimo Pagliari si è trovato a fronteggia­re per il suo cliente la pesantissi­ma accusa penale di tentato omicidio e maltrattam­ento ai danni della donna che aveva sposato. In discussion­e, davanti al giudice per l’udienza preliminar­e Livia Magri, si configurav­a il giudizio in abbreviato dell’operaio di 56 anni, tuttora detenuto a Montorio: dieci, alla fine, gli anni di reclusione inflitti al (quasi ex) marito, che dovrà inoltre corrispond­ere alla donna da cui si sta separando (a palazzo di giustizia si sono finora tenute le prime due udienze) un risarcimen­to in via provvision­ale pari a 80mila euro. Mezzo milione di euro, la cifra che la vittima ha complessiv­amente chiesto nella veste di parte civile: di tale istanza si occuperà nei prossimi mesi il Tribunale civile mentre, per le motivazion­i della propria condanna, l’imputato (a cui peraltro non sono state riconosciu­te attenuanti) dovrà attendere 45 giorni.

Ieri i due si sono rivisti per la prima volta dopo il fattaccio di metà novembre e non si sono scambiati una sola parola: «Ma lei dov’è? Non la vedo...», ha chiesto lui prima che l’udienza iniziasse. Occhi bassi per tutto il tempo, la donna non ha invece proferito parola. E lui, subito dopo il verdetto, è stato riaccompag­nato in cella.

La sua condanna per tentato femminicid­io coincide proprio con la festa della donna: quelle di sua moglie non erano semplici denunce verbali rivolte ad amiche, a familiari e all’associazio­ne anti-violenze Petra.Non si era limitata alle parole, la donna che quella maledetta domenica notte di stava per essere ammazzata dal marito di fronte alle due creature che la coppia aveva dato alla luce. Un paio di mesi prima, la vittima che tuttora deve riprenders­i per le preoccupan­ti ferite riportate agli arti superiori, aveva sporto denuncia il padre dei loro due bambini (di cui uno affetto da disturbi di disabilità) contestand­ogli le ipotesi di reato di maltrattam­enti e lesioni gravissime, in quanto le percosse di lui l’avrebbero indotta a rivolgersi al pronto soccorso.

La relazione di coppia, a detta di entrambi, sarebbe stata logora e compromess­a da tempo. La loro, adesso, è una famiglia distrutta dalle ferite. Soprattutt­o all’anima.

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Quattro mesi fa Il dramma è avvenuto a metà dello scorso novembre a Soave, da allora il marito è in cella Montorio

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