Morto Mainardi Il Veneto piange l’amico degli animali
Pubblichiamo un articolo di Danilo Mainardi uscito sul «Corriere del Veneto» del 18 maggio 2003.
Vive, nella laguna di Venezia, una famiglia di piccoli pesci rappresentata da forme strane e dall’altrettanto strano comportamento, quella scientificamente detta dei Singnatidi. Nome difficile, ma risulta facile spiegare di chi si sta parlando: dei cavallucci marini e dei pesci ago, loro parenti forse un po’ meno straordinari.
Ho scritto con sforzo, devo confessare, della minore straordinarietà di questi ultimi, e spiegherò il perché. Ora mi preme, però, dire dell’ambiente. La laguna di Venezia non è infatti una laguna qualsiasi, se non altro perché rappresenta la vita per la splendida città che delle sue acque è intrisa. Questa laguna, lo sappiamo bene, è stata e ancora è sottoposta a tante violenze che ne hanno turbato gli equilibri naturali. Molte specie non le si trova più, talora addirittura sostituite da altre aliene, non partecipanti cioè di quella biodiversità originaria che s’è andata evolvendo in tempi lunghissimi. L’unica in grado di garantire il mantenimento degli equilibri naturali che, in parole povere, significano l’esistenza di un ambiente sano, vivibile nel senso più ampio. Ecco allora l’importanza della conoscenza dello stato delle singole specie, della loro frequenza e potenzialità riproduttiva. Tutte partecipano al mantenimento degli equilibri, tutte testimoniano, col loro esserci e col loro scomparire, di come vanno le cose. Diciamo ora, finalmente, dei cavallucci e dei pesci ago. Una famiglia, ho anticipato, il che significa che si tratta di
specie affini, provviste, per dirla con parole ormai comprensibili ai più, d’una grande quantità di Dna in comune. Eppure, se condividono il medesimo habitat (le praterie di fanerogame) ciò vuol dire che ciascuna
ha evoluto un qualche suo modo sottilmente unico di rapportarsi con l’ambiente. Ebbene, la notizia è che tutte le specie mediterranee adatte per vivere nelle praterie marine, e sono ben nove, sono effettivamente presenti nella nostra laguna. Il che significa che, nonostante tutto, sono rimaste finora integre le molteplici sfaccettature ambientali che consentono la sopravvivenza della consistente biodiversità rappresentata da questa famiglia. Buone notizie che ricavo – mi piace darne conto – dalle prolungate ricerche del professor Piero Franzoi e dei suoi collaboratori del dipartimento di scienze ambientali dell’università di Venezia. Ho parlato molto, non potevo farne ameno, degli aspetti ecologici, ma la straordinarietà dei piccoli singnatidi è soprattutto, al di là della forma, d’ordine etologico. Non ho molto da dire riguardo alla loro forma, perché tutti conoscono i cavallucci marini; quanto ai pesci ago, è come se fossero dei cavallucci «tirati», resi cioè rettilinei e, forse per ciò, un po’ meno straordinari, un po’ più «pesci normali». È il comportamento, a ogni modo, che li rende unici, soprattutto quello riproduttivo. Possediamo un’antica descrizione compiuta da un naturalista chioggiotto, quello Stefano Chiereghin autore della splendida Descrizione de’ pesci, de’ crostacei e de’ testacei che abitano le lagune e il golfo veneto,
che rendiconta, con parole d’epoca, il parto del cavalluccio marino: «…avendone io in un vaso ripieno d’acqua uno di vivo, e pregno lo vidi mentre lo esaminava da esso nascervi sotto gli occhj miei per un quarto d’ora continuo un numero grandissimo di picciolissimi nati nuotanti nell’acqua ad adombrarla tutta…». È proprio così, è uno spettacolo fantastico. La cosa però incredibile è che la partoriente … era un maschio. Così avviene in quella strana famiglia: siano cavallucci o pesci ago, sono le femmine che inseminano di uova i maschi. Questi poi, con laboriose contrazioni, partoriscono la prole.