Azionisti allarmati e divisi Baretta: «Rischio default? Con la fusione è remoto»
VICENZA La scadenza ultima per aderire ai rimborsi proposti dalle ex Popolari venete si avvicina (le due banche terranno aperte alcune filiali anche di sabato per agevolare l’afflusso dei soci), la stampa nazionale per la prima volta parla di rischio bail-in e l’Ad di Vicenza, Fabrizio Viola, scende a Roma per confrontarsi con il ministero del Tesoro. I nodi stanno arrivando al pettine e il mondo degli azionisti si divide fra chi teme che le due banche siano davvero sull’orlo del default e chi, invece, pensa che la diffusione quotidiana di notizie allarmanti non sia che un sistema calcolato per mettere pressione. Per far sottoscrivere l’offerta agli indecisi, insomma, e permettere ai due istituti di rimontare il divario che li separa dalla famosa soglia dell’80% di azioni conciliate.
Al di sopra delle congetture c’è la preoccupazione di don Enrico Torta, il sacerdote veneziano che dà il nome al coordinamento dei piccoli azionisti azzerati. «La gente sta scoppiando, l’alternanza di informazioni contraddittorie mette a dura prova la sua già minata capacità di tenuta psicologica». Nuove manovre per l’estenuante guerra di nervi che secondo Giovanni Schiavon, fondatore ed ex presidente dell’Associazione degli azionisti di Veneto Banca, rispecchia la posizione di supponenza in cui le banche si sono arroccate. «Da che mondo è mondo è il creditore che pone le condizioni. Invece qui a dettare la linea è chi i soldi li deve restituire, senza comprendere che è proprio il suo stesso atteggiamento a raffreddare le possibili disponibilità di collaborazione. Detto questo, l’offerta di transazione era e rimane una scelta molto opportuna, vista la progressione dei contenziosi legali che si stanno aprendo contro gli istituti, ma il tempo lasciato ai risparmiatori per decidere è troppo stretto, c’è ancora troppa sfiducia».
Questa sera, a Treviso, l’Associazione degli azionisti delle Popolari venete cercherà di mettere un punto finale nei consigli da dare agli aderenti. «Che sono quelli di accettare la transazione se il numero delle loro azioni è modesto – dice Francesco Celotto, uno dei leader - e l’acquisto risale indietro nel tempo. In caso contrario, di seguire la via giudiziaria».
«Io non credo - è il pensiero di Renato Bertelle, avvocato in prima linea su questo fronte che le informazioni diffuse nelle ultime ore, che legano la distribuzione delle risorse del fondo di solidarietà alla riuscita della transazione, sia uno stratagemma per mettere paura e indurre gli indecisi a sottoscrivere la proposta. Purtroppo, il fatto che l’obiettivo sia molto lontano dall’essere centrato è la pura verità». Per Pierpaolo Baretta sottosegretario all’Economia, il bail-in «può essere un rischio per la singola banca. Dopo la fusione, lo vedo invece molto remoto».
Celotto Se le azioni erano poche, conviene accettare l’offerta