Toffali e il contratto per la figlia Mantovani, dg di Veronafiere: «L’assessore è stato insistente»
«Da parte dell’assessore comunale Enrico Toffali ci sono stati un’attenzione, un interesse, un’insistenza ripetuta affinché la posizione contrattuale di sua figlia Carlotta all’interno di Veronafiere venisse stabilizzata». Sfilata di testimoni ieri al processo «Parentopoli bis» su presunti scambi di favori e assunzioni sospette, ma a catalizzare i riflettori è stato certamente il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani: «Non direi che quelle esercitate dall’assessore Toffali per la regolarizzazione contrattuale della figlia siano state delle vere e proprie “pressioni” - ha dichiarato - . Piuttosto, direi che sia al sottoscritto che ad altri esponenti di Veronafiere è stata da lui manifestata a riguardo un’ansia, un’attenzione, un’insistenza marcata per la stabilizzazione della figlia».
Contratti e sospetti
Affermazioni rilasciate da Mantovani nella veste di imputato per abuso d’ufficio: accusa di cui devono rispondere anche l’assessore alle Partecipate Toffali e la figlia Carlotta (assunta a tempo determinato in Fiera dal 20 maggio al 30 novembre 2013). Stessa posizione processuale per Diego Valsecchi, direttore commerciale di Veronafiere, e per l’ex presidente dell’ente Ettore Riello, anch’egli sentito in udienza. Chiamati a rispondere di abuso d’ufficio anche il funzionario del Comune Luciano Ortolani e il figlio di quest’ultimo, Giorgio (assunto a tempo indeterminato a Veronafiere dal 12 aprile 2013): «Ma in questo caso - ha sottolineato Mantovani - non c’è stata da parte del genitore alcuna richiesta o insistenza in vista della stabilizzazione contrattuale del figlio, che aveva concluso per l’ente un lungo stage di 40 mesi». Su di lui, lo stesso dg ha poi aggiunto che «nel settore di cui si sta ora occupando Giorgio Ortolani, nonostante la crisi abbiamo registrato un incremento tra il 25 e il 30 per cento».
Le intercettazioni
Ma è stato sul contratto di Carlotta Toffali che il pm Valeria Ardito ha incalzato Mantovani: «In una conversazione telefonica con il presidente Riello, lei alludendo all’insistenza di Enrico Toffali dice a Riello “non ne posso più...”». E il presidente del collegio, giudice Sandro Sperandio, a quel punto chiede al dg:«Ma allora Lei è stato tartassato»?. Risposta di Mantovani: «Da parte del padre c’era ansia, forte interesse». Parola al pm: «Ma com’era il rendimento di Carlotta»? E il dg: «L’esperienza del 2013 era stata positiva, quella precedente era la prima e direi che era stata da “bianco e nero”». Di nuovo il pm: «Agli atti risulta un colloquio telefonico tra Lei e Valsecchi in cui Valsecchi Le dice riguardo a Carlotta che “aveva fatto dei casini”...». Risposta di Mantovani: «Aveva specifiche competenze per la Fise, e non tanto per la Coppa del mondo, il riferimento ai “casini” era riguardante questo secondo settore». Di nuovo il pm: «Ma come si spiega un contratto a 2.500 euro al mese fatto a Carlotta Toffali, persona alle prime esperienze lavorative, che aveva anche creato “casini”»? Mantovani: «Non ho detto che la sua sia stata un’esperienza negativa ma da “bianco e nero”. E, comunque, non ha mai ricevuto lettere di richiamo».
L’ex presidente
In una telefonata intercontinentale tra Riello e Mantovani, i due accennano al primo processo Parentopoli: «A un certo punto fate anche riferimento dice il pm - a “quello che è successo a Zaninelli” (Stefano, il dg di Atv, ndr)». I due parlavano ancora una volta di Carlotta Toffali (soprannominata nelle intercettazioni «Cavallo stabile» per le presunte «insistenze» del padre circa la sua «stabilizzazione»). In generale, nel
ruolo di presidente che rivestiva all’epoca, Riello sostiene che «non» si trovava «chiamato a svolgere funzioni operative e infatti ne sono rimasto del tutto al di fuori. Al sottoscritto competevano funzioni di rappresentanza, mentre la sfera pratica non rientrava nel mio raggio d’azione. Di assunzioni non mi sono mai occupato direttamente, al massimo mi può essere stato chiesto un parere o un consiglio in modo informale. In ogni caso, non ho mai firmato un contratto, perché quelli di Veronafiere sono uno statuto e un regolamento chiari e trasparenti e non lo prevedono. In questa vicenda, non c’è alcun coinvolgimento personale».Sul caso specifico della Toffali, ricorda comunque di aver «esternato delle perplessità sulle modalità contrattuali».
Gli altri filoni
Contro i soli Ortolani (Luciano) e Mantovani, inoltre, la procura ipotizza la corruzione perché «il dg di VeronaFiere per assumere Giorgio Ortolani si faceva promettere da Luciano Ortolani di sollecitare una pratica sul progetto definitivo di lavori in via Brigata Aosta dove Mantovani ha una proprietà immobiliare». Ma a riguardo, ieri, il dg ha escluso collegamenti con la vicenda del contratto a Giorgio: «Quando incontravo il dirigente Ortolani, era per questioni inerenti i lavori pubblici del Comune, soprattutto questioni di parcheggi in zona Fiera. Sì, può essere che in una conversazione telefonica gli abbia annunciato che il figlio sarebbe stato assunto il giorno 15 e che mi sia congratulato col padre. Ma da parte di quest’ultimo non c’è stata alcuna richiesta o insistenza particolare per il figlio». Quanto a via Brigata Aosta, il dg ha spiegato che si trattava di una questione riguardante la strada e che l’aveva sollevata anche con la circoscrizione. Non ne avrebbe tratto, a suo dire, vantaggi personali di sorta. Infine il dirigente Ortolani è a processo anche per truffa al Comune, reato da cui deve difendersi al pari di 8 dipendenti comunali a cui avrebbe chiesto una serie di favori «personali» in cambio di «coperture» al lavoro: parlando in aula, ieri alcuni di loro hanno escluso abusi o raggiri. E sul «buon rendimento» di uno di questi, Oscar Scattolo, ha deposto ieri come teste informata sui fatti anche l’allora dirigente museale Paola Marini, ora a Venezia.
L’assessore esternò interesse e ansia per la figlia a vari esponenti di Veronafiere
Invece dal dirigente Ortolani non ci furono richieste per il figlio