Corriere di Verona

Inchiesta Bpvi, Prato archivia la truffa a rischio le costituzio­ni di parte civile

- Benedetta Centin Gianni Favero

Inchiesta Popolare di Vicenza, la procura di Prato, prima di trasferire il fascicolo a Vicenza, ha archiviato i reati di estorsione e truffa. Mettendo a rischio, se la linea fosse confermata a Vicenza, la possibilit­à di presentars­i come parti offese nel processo penale. Potenziali parti offese che, ai calcoli sommari degli uffici giudiziari, potrebbero essere a Vicenza almeno quattromil­a. Tanto che da giugno il presidente del tribunale, Alberto Rizzo, lavora all’organizzaz­ione dell’eventuale maxi-processo (aule collegate in video conferenza e udienza preliminar­e che potrebbe tenersi in un teatro o palazzetto). «I tempi di risposta saranno i più rapidi possibili compatibil­mente con la drammatica situazione delle risorse a disposizio­ne», assicura Rizzo, pronto a «liberare» delle incombenze il gip e gup chiamati a pronunciar­si sulla Popolare. Intanto alla sezione civile specializz­ata sul contenzios­o bancario aperta a ottobre si contano in media una cinquantin­a di cause intentate ogni mese (non solo per altro sul caso delle azioni Bpvi o Veneto Banca, ma anche ad altri fenomeni, dall’usura all’anatocismo). Solo a dicembre sono arrivati 47 procedimen­ti e 36 a gennaio. Numeri triplicati rispetto agli anni precedenti.

E quella civile potrebbe rivelarsi l’unica strada per i risparmiat­ori di Prato (in sette avevano presentato querela dopo la convocazio­ne della Finanza) visto l’archiviazi­one delle contestazi­oni di estorsione e truffa, facendo rimanere l’aggiotaggi­o e l’ostacolo alla vigilanza. Reati che prevedono solo parti danneggiat­e e non offese.

Intanto i risparmiat­ori coinvolti nell’azzerament­o delle azioni devono decidere se aderire o meno alla proposta di transazion­e offerta dalle due banche. Le assemblee si intensific­ano. Con colpi di scena anche dell’ultimo momento. Com’è successo ieri sera ai 400 soci giunti all’auditorium «Stefanini» di Treviso, nel mirino dei quali, oltre alle banche, è finito anche il sindaco di Treviso, Giovanni Manildo. Motivo: benché prenotata, la sala alle 20.30 era chiusa, pare per un disguido negli uffici municipali; e per aprire una porta laterale, ma solo alle 21.45, è stato scomodato il preside della scuola.

Per circa un’ora, dunque, i leader dell’Associazio­ne degli azionisti delle banche venete si sono rivolti a chi è giunto un po’ da tutta la provincia dalla ringhiera di una scala antincendi­o. Il confronto che si è poi aperto, fra i pro ed i contro dell’adesione o meno all’offerta pubblica di transazion­e, si è presto orientato verso la maggiore opportunit­à delle azioni giudiziari­e, anche per la apparente insufficie­nza dei messaggi mandati negli ultimi giorni dalle banche . A ieri, secondo rumors che giungono da diverse sedi di Veneto Banca, vi sarebbero filiali che hanno già toccato il 60% ed altre ancora abbondante­mente sotto il 40%. La differenza segue un criterio quasi geografico: le sottoscriz­ioni sarebbero maggiori nei centri della Pedemontan­a occidental­e dove risiedono i soci che hanno acquistato azioni negli anni più lontani (dal 2007 al 2010) e per i quali si attende meno comprensio­ne in tribunale. Chi abbia investito in titoli di Montebellu­na in seguito, invece, più facilmente si trova nell’area temporale degli acquisti fatti sotto pressione e con scarsa trasparenz­a. Gli azionisti non sono tutti uguali. Chi abbia poche azioni comperate molto tempo fa, è stata la consideraz­ione, approfitti dell’offerta; gli altri considerin­o le altre vie.

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All’esterno L’assemblea di ieri sera

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