Corriere di Verona

Risate «cattive» nella tradizione del cabaret off

Il gruppo Comicus porta a Verona la tradizione del cabaret americano «off» Meno banalità televisive, più battute graffianti e temi quasi tabù, come la religione «Unico limite, il buon gusto». Domenica il decimo appuntamen­to stagionale

- Matteo Sorio

Tanta religione. «È il tema che va per la maggiore: c’è un gran bisogno di parlarne, con un po’ più di leggerezza». E sesso. «In Italia è ancora un tabù». Coi tabù la stand up comedy ci va a nozze: se li rigira tra le mani, come il pongo. Di stand up comedy organizzat­a, a Verona, si sente parlare da tre anni attraverso Comicus. Un gruppo di attori veronesi, veneti e lombardi, tutti volti del cabaret, età fra i 20 e i 50 anni. Base, il teatro Satiro Off di vicolo Satiro, quartiere Filippini. Dietro l’idea, Alberto Grezzani e Diego Carli. «Fino a qualche anno fa, a Verona, c’era un certo movimento di cabaret e gruppi comici», racconta Grezzani, «poi spazi e gruppi si sono un po’ disfatti. Per riprovarci, volevamo un laboratori­o che non fosse finalizzat­o ad andare in tv, dove puoi lavorare solo su certe tematiche. Così s’è pensato di mettere in piedi un gruppo di monologhis­ti col chiaro riferiment­o alla stand up comedy americana».

Satira che punge, irriverenz­a, sarcasmo, un po’ di sana e catartica cattiveria, è la lezione degli Stati Uniti. Là sono maestri. Qui si segue la scia e il gruppo scaligero fa parte della nicchia italiana dei collettivi: a Roma quelli di Satiriasi, a Milano c’è Melamarcia, a Torino i Tac, a Bologna la Factory di Renato Tabacchi, si fa stand up comedy organizzat­a anche al Foto di gruppo I comici e cabarettis­ti che si esibiscono al Satiro Off. Sono veronesi, ma vengono anche da altre province del Veneto e dalla Lombardia Sud, vedi Napoli e Palermo. «Quel che forse distingue Comicus da altri gruppi in Italia è che sì, facciamo stand up, e siamo cattivi, ma usiamo la satira aggressiva quando serve, non per forza», dice Grezzani.

Lì, al Satiro Off, va in scena domenica sera, alle 21, il decimo dei 12 appuntamen­ti stagionali. Squadra: oltre a Grez- zani e Carli, Paolo Rozzi, Antonio Mignolli, Jack Giacopuzzi, Andrea Pilotto, Andrea Saleri, Sofia Gottardi, Roberto Serafini, Arianna Errico. «Era partito come un esperiment­o ed è andato bene: niente numeroni, ma si è sempre chiuso in attivo. Siamo alla terza stagione. Serate da 6-7 comici, a volte anche un ospite da fuori».

Sul palco si fa surf. «Nessun limite, se non il buon gusto. Puoi fare una battuta cattiva sulle minoranze ma deve essere funzionale al testo e avere un contenuto dietro. Ogni tanto qualcuno non capisce e dopo lo spettacolo vorrebbe intavolare dibattiti seri: il fatto è che siamo comici, non c’è la presunzion­e di cambiare il mondo con le battute». C’è la voglia, semmai, di rompere certi schemi da cabaret televisivo. «Da fan di Zelig, dico che

siamo stati abituati per anni alle “donne rompiballe e le suocere non ne parliamo nemmeno”, agli “uomini che ruttano” e altri stereotipi. Per carità, fa ridere, e se sei bravo e originale è pure bello. Però possiamo parlare anche d’altro, no?».

E il pubblico? «Il nostro si attesta fra 30enni e 40enni, come media effettiva. Ma varia: l’ultima volta c’erano studenti delle superiori e pensionati. Stupiscono un po’ gli universita­ri: sembrano più interessat­i alla festa in discoteca che al teatro». È il pubblico di Verona, con pregi e difetti. «Diciamo che il Veneto è una terra difficile di per sé», riflette sorridendo Grezzani, «un po’ perché ci sono meno spazi e spettatori rispetto a realtà geografica­mente vicine come l’Emilia Romagna. E un po’ per la pigrizia. Per dire: Comicus era partito dal Teatro Laboratori­o, all’Arsenale, ed era “lontano dal centro”, ora che siamo al Satiro “il problema è la Ztl”. Soffriamo anche l’abitudine al già sentito: preferiamo qualcosa che conosciamo già, ci manca un po’ la cultura della novità, tanto che Comicus è conosciuto di più fuori Verona. È complicato, insomma… però ci stiamo ancora dentro».

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