Scontro sulla protezione negata alla vittima Lui ha lanciato l’auto contro il tir per uccidere anche la moglie, il giudice disse no all’allontanamento E ora dice: «Non ce n’erano i presupposti». Ma l’uomo aveva minacciato con il coltello pure i suoceri
VICENZA I segnali premonitori c’erano: le denunce, le scenate e le minacce ad alta voce che tutti sentivano, i sequestri di coltelli, le aggressioni ai vicini di casa. Allora perché non si è fatto nulla per evitare la morte annunciata di Vanna Meggiolaro, la 50enne di Gambellara rimasta uccisa martedì nello schianto dell’auto lanciata a tutta velocità dal marito Antonio Facchin, 54, contro un tir? Da anni lei denunciava i soprusi dell’uomo, eppure il gip di Vicenza, Massimo Gerace, il 15 marzo 2016 ha rigettato la richiesta dell’allontanamento di Facchin dalla moglie e dalla figlia Sara, 24 anni, presentata dal pm Alessia La Placa. Come mai? «C’è stata poca perspicacia — dice Antonino Cappelleri, procuratore capo — il pm invece ha fatto quello che doveva». «Non ricordo il caso specifico — ribatte Gerace — evidentemente se non ho accolto la richiesta della Procura, non ve n’erano i presupposti». «Vanna c’era rimasta molto male», rivela l’avvocato di lei, Vanna Vigolo. L’atteggiamento di Facchin era noto a tutti, anche ai carabinieri: alla moglie ripeteva: «Te la farò pagare tutta la vita, fino a che morte non ci separi». Il 24 ottobre 2012 aveva minacciato con un coltello i suoceri, vicini di casa, con i quali non correva buon sangue. «Vi scanno tutti», aveva gridato a Graziano Meggiolaro e a Bianca Lovato.
Per quell’episodio nel dicembre 2014 aveva patteggiato 4 mesi e 20 giorni di reclusione per minacce gravi, pena sospesa con la condizionale. E poi c’è l’accusa di lesioni personali che nel 2012 gli era costata una condanna a 7500 euro di multa, sempre con la sospensione condizionale della pena (sentenza divenuta definitiva nel 2016). «Quando ero procuratore di primo grado mi sono occupato di queste tematiche per anni — rivela Antonino Condorelli, oggi procuratore generale della Corte d’Appello di Venezia — posso dire che con l’andare del tempo l’atteggiamento degli organi giudicanti, cioè i Tribunali del Riesame e poi i gip che si vedono annullati i loro provvedimenti e si adeguano, è stato sempre più indirizzato a un atteggiamento meno favorevole alle misure cautelari, anche a quelle meno incisive. E’ una tendenza generale che riguarda non solo il
Antonino Condorelli Toghe sempre meno favorevoli alle misure cautelari, trend di scarsa tutela sociale. Serve un bell’esame di coscienza
Roberto Terzo (Anm) Ci sono state valutazioni diverse tra gip e pm, che però avrebbe potuto presentare appello al Tribunale del Riesame
Antonino Cappelleri C’è stata poca perspicacia da parte del giudice per le indagini preliminari. Il pubblico ministero ha fatto ciò che doveva
reato di atti persecutori, anche se nella fattispecie è particolarmente disastrosa. La magistratura ha la tendenza a recepire questi messaggi legati a continui interventi normativi che riducono, limano, escludono, contengono e si pongono in direzione non favorevole alle misure cautelari. Su stalking e femminicidio c’è una corrente d’opinione importante — aggiunge Condorelli — ma il tema sconta la contraddizione col tema repressivo, in Italia visto con sospetto. I fatti di Vicenza sono l’ennesima conferma di un trend non positivo di scarsa tutela sociale: serve un bell’esame di coscienza generale, magistratura compresa, ma non solo».
Più prudente la posizione dell’Associazione nazionale magistrati Veneto. Dice il presidente Roberto Terzo: «C’è stata una diversa valutazione da parte di gip e pm, ma quest’ultimo poteva appellarsi al Tribunale del Riesame. Non bisogna interpretare questo terribile evento come il fallimento di un sistema di contrasto ai reati familiari che invece funziona, anche grazie allo strumento dell’allontanamento, concesso spesso e rapidamente. L’attenzione della magistratura inquirente è alta, ogni Procura dedica diversi sostituti all’area fasce deboli». Gerace può incorrere in provvedimenti disciplinari? «L’avvocato di Vanna Meggiolaro può presentare domanda al procuratore generale della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare e membro di diritto del Csm, o al ministro della Giustizia, e chiedere di avviare un’indagine per verificare eventuali profili disciplinari», spiega Elisabetta Casellati, componente del Csm.
Nemmeno il sistema sanitario ha ritenuto di dover fermare Facchin. «Una volta era stato portato in ospedale, ma gli operatori non hanno riscontrato la necessità di alcun trattamento — ricorda Piero Zuin, legale dell’uomo —. E del resto lui non voleva sottoporsi ad alcuna terapia psicologica e non credeva alla terapia di coppia. Aveva scatti d’ira, anche con me, ma poi tornava tranquillo. Gli piaceva tenere un atteggiamento provocatorio per vedere la reazione della gente, ma alla fine la moglie non l’ha mai toccata».