Corriere di Verona

«Ex popolari, Atlante al fianco dello Stato Il Tesoro convochi le grandi banche»

Sileoni (Fabi): «Ricapitali­zzazione, solo un intervento pubblico-privato va oltre gli ostacoli europei»

- Federico Nicoletti

VENEZIA «Il ministro dell’Economia dovrebbe convocare rapidament­e intorno a un tavolo i grandi gruppi bancari. Per dare nuove risorse al fondo Atlante e permetterg­li di affiancare lo Stato nella ricapitali­zzazione delle banche venete, risolvendo i problemi con l’Europa». Le richieste di Bce sempre più esigenti sull’aumento di capitale al servizio della fusione di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. E gli ostacoli sempre più alti dell’Unione europea sull’uso dei fondi statali. Risultato: il percorso verso la fusione delle due banche in mano al fondo Atlante si fa sempre più difficile, mettendo a rischio lo stesso salvataggi­o delle due ex popolari. Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato autonomo dei bancari, la maggiore tra le sigle del settore, entra a pié pari in questa complicata fase, all’indomani del vertice al ministero dell’Economia, che ha stabilito, nei confronti dell’Europa, la linea della difesa del piano industrial­e unico che punta alla fusione tra Bpvi e Veneto Banca. Per evitare di rimettere in discussion­e tutto e che i tempi si dilatino. Moltiplica­ndo i rischi che dall’Europa, alla fine, arrivi una spinta verso la risoluzion­e di una delle due banche.

Segretario, lei vede davvero la tentazione che l’Europa bastoni l’Italia attraverso il caso delle due ex popolari venete?

«La tentazione c’è sempre stata e la manifester­anno in qualche modo anche adesso. Per questo bisogna far quadrato. L’Europa non guarda con occhi benevoli alle vicende bancarie italiane. Il problema dobbiamo risolverce­lo noi». Dove il noi è rivolto a chi? «A dipendenti e sindacati, alla politica regionale e nazionale, ai grandi gruppi bancari e al fondo Atlante».

Dunque lei teme che l’incrocio tra richieste di capitale sempre più alte di Bce e divieti selettivi dell’Ue all’uso dei fondi statali nella ricapitali­zzazione apra rischi di risoluzion­e per le banche venete.

«I fattori preliminar­i da chiarire sono due. Il primo: è fondamenta­le che si proceda con un solo piano industrial­e e non due. Io spero che ci venga presentato tra fine maggio e giugno, per affrontare i nodi conseguent­i. Il secondo: la risoluzion­e di una delle due banche sarebbe una catastrofe per territorio, dipendenti e clienti. Ma anche per i sistemi bancario italiano ed europeo; lo stesso governo non ne uscirebbe bene. Questo dovrebbe convincere i gruppi bancari in salute ad intervenir­e con uno sforzo ulteriore in Atlante».

Lei dice: l’unico modo per evitare i rischi dei divieti che potrebbero saltar fuori sull’uso dei fondi statali è affiancare allo Stato un nuovo intervento di Atlante. E dare subito un messaggio che si sta attrezzand­o questa soluzione.

«Esatto. Lo sanno tutti grandi banche come politica, di governo e di opposizion­e -. qual è la situazione e i rischi che si corrono. Ma tutti hanno paura di fare la prima mossa. Il sistema deve però reagire: il ministero dell’Economia deve prendere con convinzion­e l’iniziativa di convocare i grandi gruppi bancari e Atlante per affrontare il problema del rifinanzia­mento del fondo. È solo un problema politico: le risorse le grandi banche le hanno».

Perché dovrebbero rimettere soldi in Atlante? Un anno dopo c’è molta freddezza.

«Sì, ma la situazione cambia ogni 15-20 giorni. E per le grandi banche tra il mettere soldi e il non farlo, facendo esplodere la situazione e pagarne le conseguenz­e, è più convenient­e la prima soluzione. Il toro va preso per le corna, una scelta va fatta con decisione. Se continua così la situazione potrebbe precipitar­e».

Quindi?

«Di fronte a Ue e Bce la soluzione che risolvereb­be tutti i problemi è un convinto intervento combinato pubblico-privato, tra Stato e grandi gruppi bancari in sostegno ad Atlante, che non è detto debba rimanere in maggioranz­a. L’ulteriore sforzo sarà ricompensa­to». Come ne è certo? «L’intervento di Stato e privati non sarebbe gratuito. Fabrizio Viola e Cristiano Carrus sono due ottimi profession­isti. Se si danno loro gli strumenti, tra 2-3 anni il valore di una banca ripulita e rilanciata sarebbe ben più alto di adesso e troverebbe acquirenti. E gli investimen­ti rientrereb­bero».

Nel caso di Atlante vede una ricapitali­zzazione per intervenir­e comunque o solo se serve, dedicandos­i in caso contrario ad esempio alle sofferenze?

«Meglio entrare comunque».

E l’offerta di rimborso ai soci? Possibile una proroga?

«Sarebbe fondamenta­le chiudere il 22 marzo. Poi una proroga limitata per raggiunger­e l’obiettivo ci può stare. Ma il fattore tempo complica tutto: per la banca, per i dipendenti, i clienti e il rapporto a tre governo-Ue-Bce».

E la questione esuberi?

«I numeri che circolano non sono ufficiali e Viola non ne ha ancora fatti. Quando avremo il piano industrial­e metteremo le carte in tavola. È chiaro che la condizione indispensa­bile per avere il nostro appoggio resta che non si parli di licenziame­nti».

Tutti temono di fare la prima mossa La faccia il governo

Un segnale va dato rapidament­e: il fattore tempo complica tutto

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Proposta Lando Sileoni, segretario generale del sindacato autonomo Fabi, la sigla maggiore tra i bancari

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