Pedemontana, ora spunta la grana dell’Iva
Tensioni tra Zaia e Bramezza, il governatore chiede chiarimenti sull’impatto dell’imposta nel nuovo piano economico finanziario dell’opera. In ballo 1,4 miliardi e il rischio che l’addizionale Irpef duri più di un anno
Davvero non c’è pace per la Pedemontana: quando pareva che il più ormai fosse passato, col consiglio avviato verso l’approvazione della manovra e l’opinione pubblica rassegnata al pagamento dell’addizionale Irpef, nuove nubi si addensano sul dossier più delicato della Regione. Stavolta tocca all’Iva calcolata nel Piano economico finanziario dell’opera: una questione molto tecnica, che però potrebbe impattare pesantemente sulla strategia messa a punto da Zaia, costringendo il governatore a prolungare l’applicazione dell’addizionale ben oltre l’anno stabilito - giusto mercoledì è stato approvato in commissione Bilancio l’emendamento che sentenzia: tassa sì ma per un anno soltanto -. Mentre un’inquietante interrogativo aleggia sul Palazzo: perché l’aliquota, finora calcolata sempre al 22%, adesso è scesa al 10%? La differenza, nell’arco dei 39 anni della concessione, ammonta a 1,45 miliardi.
La questione sembra sia stata causa di forti tensioni in questi giorni tra Zaia e il segretario della Programmazione Ilaria Bramezza, che guida il board tecnico che da mesi sta lavorando al nuovo atto aggiuntivo alla convenzione con il consorzio di costruttori Sis e che ora dovrà approfondire il «capitolo Iva» proprio per ordine del governatore, che vuole arrivare blindato in aula quando si discuterà la manovra, martedì e mercoledì. Detto che l’Iva è una componente fondamentale di tutti i project financing, i dubbi sono tre e hanno origine dal ribaltamento del rapporto con Sis per cui stando al terzo atto aggiuntivo il consorzio verrà pagato con un canone di disponibilità mensile (12,1 miliardi in 39 anni più Iva al 10% per altri 1,2 miliardi) mentre la Regione incasserà i pedaggi (13,4 miliardi secondo le stime di traffico di Redas & Area Engeenering, più Iva al 22% per altri 2,9 miliardi). Le nuove condizioni contrattuali cambiano radicalmente il regime e l’esposizione Iva della Regione, che sarà chiamata a pagare l’imposta sul valore aggiunto sul canone di disponibilità per 1,2 miliardi ma essendo un ente pubblico, e dunque un «soggetto terminale», non potrà scaricare alcunché (a meno che non costituisca una S.p.a. di scopo ma lasciamo perdere, si complicherebbe ulteriormente il quadro). Prima domanda: quanto dell’Iva che la Regione dovrà pagare a Sis diventerà irrecuperabile e dunque un costo per l’ente? E chi sopporterà quel costo? Verrà scaricato sulle tariffe, che già oggi vengono indicate dagli esperti come le più care di tutte le autostrade del Veneto?
Seconda domanda: se anche l’Iva non diventasse un costo ma venisse compensata con l’Iva via via incassata sui pedaggi, resterebbe comunque un’esposizione finanziaria temporanea a carico dell’ente, perché com’è noto incasso e pagamento dell’Iva hanno una sfasatura cronologica. Anche alla luce delle rigide regole del Fiscal compact (per cui a tot uscite devono corrispondere tot entrate a bilancio), come si coprirà questo debito? La questione va chiarita in fretta perché riguarda anche l’Iva che la Regione dovrà pagare sull’annunciato contributo extra in conto capitale da 300 milioni, che si aggiungerà all’Iva da pagare sul precedente contributo da 614 milioni (erano soldi dello Stato ma Sis fattura pur sempre a Palazzo Balbi che è il committente). In sintesi: la Regione l’Iva sul contributo pubblico la paga subito, mentre quella sui pedaggi comincerà ad incassarla soltanto dal 2020 quando (sempre che tutto fili liscio) comincerà ad ottenere i pedaggi. È qui che nasce il rischio di dover estendere l’addizionale Irpef dal 2018 al 2019 e chissà, fors’anche al 2020, data che nell’agenda di Zaia è cerchiata in rosso perché è l’anno delle elezioni
Terza domanda: come mai l’Iva riferita al canone di disponibilità, che nella convenzione del 2009 e nell’atto aggiuntivo del 2013 viene sempre calcolata al 22%, ora si dimezza passando al regime agevolato del 10%? Non è una novità di poco conto, in ballo ci sono 1,45 miliardi di euro. In questo caso, per saperne di più, bisognerebbe aprire la «scatola» del nuovo canone di disponibilità, che viene invece tenuta ben chiusa (è stato reso noto solo l’ammontare complessivo annuale) perché al suo interno, tra le varie componenti, oltre al costo della prestazione ci sono pure l’ammortamento dell’investimento e il rendimento dell’operazione per Sis, cioè il guadagno del privato. Può essere che l’aliquota del 10% sia riferibile a una di queste componenti.
Tant’è, nell’attesa che vengano chiarite queste ulteriori complicanze, si fa sentire il presidente di Confartigianato Veneto, Agostino Bonomo, che chiede venga istituito «un osservatorio regionale che possa monitorare l’andamento della spesa e l’avanzamento dei lavori relativi al completamento della Pedemontana, garantendo così la massima trasparenza».