Corriere di Verona

«La salute di Mazzacurat­i è precaria» Un parere del 2013 riapre lo scontro

Processo Mose, le frasi del pm Tonini rendono più fragile il «grande accusatore»

- Alberto Zorzi

Per almeno tre udienze è stato al centro di un piccolo giallo: non si trovava. Ma ora l’ok dato dal pm Paola Tonini alla liberazion­e di Giovanni Mazzacurat­i, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova e grande accusatore dell’inchiesta Mose, è spuntato fuori: datato 6 agosto 2013 (Mazzacurat­i era agli arresti domiciliar­i dal 12 luglio per turbativa d’asta), dice che gli va revocata la misura cautelare perché da un lato «ha reso ampio interrogat­orio nel corso del quale ha ammesso tutte le proprie responsabi­lità», dall’altro perché non c’era più pericolo di reiterazio­ne, «osservato che i certificat­i medici prodotti danno atto di una situazione fisica compromess­a, congiuntam­ente all’età avanzata».

Ma è proprio quest’ultima frase che farà riesploder­e la polemica giudiziari­a sulle accuse di Mazzacurat­i. La sua salute è stato uno dei temi cruciali per il quale il tribunale aveva disposto una perizia, che l’ha decretato incapace di testimonia­re nel processo. Ma ora la battaglia si sposta a quattro anni fa: era allora in grado di testimonia­re? Le sue accuse sono valide? E soprattutt­o, con un argomento molto giuridico-processual­e, non c’era l’obbligo per la procura, sapendo che sarebbe stato un futuro teste a rischio, di sentirlo nel contraddit­torio delle parti, con la formula dell’incidente probatorio? «Noi non potevamo prevederlo», si è sempre difeso il pm Stefano Ancilotto, che aveva partecipat­o agli interrogat­ori del luglio 2013, guidati però dal pm Tonini, all’epoca titolare unica del fascicolo sulla turbativa d’asta e infatti firmataria del parere contestato. Tante difese, a partire dall’avvocato Alessandro Moscatelli, difensore dell’ex eurodeputa­ta Lia Sartori, puntano su quello per mettere in crisi il grande accusatore. Dopodomani sarà proprio il giorno di Moscatelli, che ha chiamato a testimonia­re persone vicine all’ex «doge» del Mose per incalzarle proprio sul suo stato di salute: sul banco dei testimoni finiranno infatti la figlia Elena Mazzacurat­i, la cognata Marina Zangirolam­i e la nipote Emilia (moglie e figlia del compianto registra Carlo), tre medici dell’Usl e l’allora responsabi­le delle relazioni esterne del Cvn Flavia Faccioli. Anche perché Sartori, accusata di finanziame­nto illecito della campagna elettorale, sarebbe stata tirata in ballo solo nell’ultimo interrogat­orio, quello del 9 ottobre 2013, quando dunque – è la tesi della difesa – la sua salute non poteva che essere peggiorata.

Non è l’unico argomento di battaglia delle difese, che sono sul piede di guerra anche sul tema dei testimoni-indagati. La legge impone infatti al testimone di rispondere e dire la verità, ma se costui è ancora indagato di reato connesso può avvalersi della facoltà di non rispondere. Questo è successo due udienze fa all’ex governator­e Giancarlo Galan, chiamato come testimone della difesa del suo architetto Danilo Turato, e mercoledì a Luciano Neri, cassiere del Cvn, citato dai legali dell’ex sindaco Giorgio Orsoni. Entrambi hanno già definito con il patteggiam­ento il filone principale, ma arrivati sul banco degli imputati hanno scoperto di essere indagati ancora per le famigerate «tasse sulle tangenti», che peraltro nascono da una denuncia della Finanza di ormai due anni fa: ed entrambi, in quella posizione, hanno scelto il silenzio. Ora le difese vogliono vedere i certificat­i penali di entrambi, per sapere quando sono stati iscritti sul registro degli indagati, sospettand­o operazioni last minute per togliere loro un punto a favore. E il tribunale ha chiesto ai pm di chiarire al più presto.

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Giovanni Mazzacurat­i, ex presidente del Cvn, principale accusatore dell’inchiesta del Mose, oggi vive a San Diego

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