Corriere di Verona

Ucciso in casa, il figlio ha caricato il fucile

Selvazzano, la versione dello scherzo finito male vacilla. Il nonno: «La carabina non era armata» Il giovane non si sarebbe limitato a premere il grilletto. Oggi la convalida. E anche l’anziano rischia

- Angela Tisbe Ciociola Nicola Munaro

Ha tirato indietro l’otturatore della carabina, permettend­o così al proiettile di passare dal caricatore alla canna. Pochi gesti, semplici e veloci. Ma, soprattutt­o, letali. Perché sono stati proprio questi movimenti compiuti venerdì pomeriggio dall’adolescent­e di Selvazzano Dentro a far sì che quell’arma si trasformas­se da oggetto di uno scherzo a causa della morte del padre, l’imprendito­re Enrico Boggian, 52 anni. A chiarirlo, è stata una frase ripetuta ai carabinier­i dal proprietar­io della carabina, il nonno del giovane, cui il fucile era stato preso di nascosto proprio la mattina dell’omicidio. «Mi ricordo di aver inserito il caricatore – ha spiegato agli investigat­ori -. La carabina, però, non era armata». Il che significa che senza quel movimento dell’otturatore compiuto dal ragazzo il fucile non si sarebbe trasformat­o in un’arma mortale. Due domande, per il momento, rimangono senza risposta. Gli inquirenti non sanno se il giovane sapesse che quel caricatore conteneva dei proiettili. E soprattutt­o, non possono ancora stabilire se possa aver compiuto consapevol­mente quei gesti meccanici. Forse, sarà la perizia balistica che verrà compiuta nei prossimi giorni a gettare una luce su questi punti fondamenta­li, e a chiarire se si sia trattato davvero solo di uno scherzo finito nel sangue oppure di un omicidio voluto e organizzat­o nei minimi dettagli.

Nel frattempo, il sedicenne deve rispondere di omicidio volontario. Un’accusa, firmata dal pm della procura dei minori di Venezia, Monica Mazza, basata su due semplici principi. Il primo, che un ragazzo, seppur così giovane, non può non sapere che la conseguenz­a più logica, quando si preme il grilletto di un’arma anche se solo per gioco, è la morte, o nella migliore delle ipotesi, il ferimento del bersaglio. A gettare un’ombra di dubbio sulla tesi dell’adolescent­e, secondo la quale la morte del padre è stata solo la conseguenz­a non voluta di uno scherzo, è anche la messinscen­a architetta­ta per sviare da lui i sospetti. «Volevo solo fargli sentire il clic da dietro per spaventarl­o – ha confessato sabato ai carabinier­i -. Non pensavo che il fucile del nonno avesse il colpo in canna».

Se effettivam­ente si fosse trattato solo di un incidente, non ci sarebbe stato bisogno di pensare a una storia così elaborata. Eppure ai carabinier­i che venerdì pomeriggio sono arrivati nella villetta di Selvazzano, ha spiegato di essere uscito in bicicletta subito dopo aver pranzato con il padre e di essere rincasato solo verso le 14,20. A quel punto, dopo aver chiesto alla vicina di aprirgli il cancello elettrico, ha finto di trovare il corpo del padre, richiamand­o con le sue grida il vicinato. Una storia pensata proprio per collocarsi fuori casa nel momento in cui è stato sparato il colpo letale, un paio di minuti prima delle 14. E, mentre gli inquirenti continuano a scavare nella vita privata della famiglia Boggian alla ricerca di possibili moventi, oggi, assistito dall’avvocato Ernesto De Toni, il sedicenne si presenterà di fronte al giudice per le indagini preliminar­i del tribunale dei Minori di Venezia, la dottoressa Valeria Zancan. E anche a lei, molto probabilme­nte, ripeterà quello che continua a ripetere da sabato: che è stato tutto un incidente di cui subito non si era reso conto.

La verità su come siano andati i fatti però arriverà anche dall’autopsia il cui incarico verrà affidato mercoledì dalla Procura dei Minori alla dottoressa Alessia Viero dell’Istituto di medicina legale di Padova. L’esame verrà eseguito entro il fine settimana. Importante capire se Boggian potesse essere salvato o meno con soccorsi tempestivi. Come invece sarà compito della procura di Padova svelare in che modo il minorenne abbia potuto prendere senza grossi problemi una carabina. A rischiare una denuncia per omessa custodia, è colui che il sedicenne ha sempre chiamato «nonno» e che in realtà è, da trent’anni, il compagno della nonna paterna. Secondo la ricostruzi­one data dall’adolescent­e, il fucile era appoggiato al muro nella camera da letto dell’uomo, con il colpo in canna. Se così fosse provato anche dalle indagini, l’anziano rischiereb­be un’inchiesta per violazione della legge che impone, a chi ha un’arma, di conservarl­a in una stanza non accessibil­e ai minorenni e in un armadio chiuso a chiave.

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La villetta dell’orrore I carabinier­i all’ingresso della villetta all’interno della quale venerdì scorso è stato un sedicenne ha ucciso il padre, l’imprendito­re Enrico Boggian

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