Il pm: «Giacino pretendeva una tangente milionaria, Leardini doveva pagare»
«Il politico voleva un milione 270mila euro, l’imprenditore per lavorare doveva pagare»
VERONA Alessandro Leardini? «È colpevole ma merita tutte le attenuanti». Il grande accusatore dei coniugi Vito GiacinoAlessandra Lodi? «L’imprenditore è responsabile del reato previsto all’articolo 319 quater del codice penale, ovvero del nuovo reato di “induzione a dare utilità”, però chiedo per lui il minimo della pena». Ovvero due mesi, ulteriormente ridotti «per il suo atteggiamento processuale: senza Leardini, infatti - ha più volte ripetuto in aula il pubblico ministero Maria Beatrice Zanotti - non sarebbe stato possibile per la procura far condannare Giacino e la Lodi».
Un’ora circa di requisitoria, quella scandita ieri pomeriggio dal pm al processo che vedeva come unico imputato proprio Leardini, l’imprenditore edile che con le sue rivelazioni ha fatto prima arrestare e poi condannare l’allora vicesindaco nonché assessore all’Urbanistica, mettendo anzitempo fine a quella che pareva una carriera politica destinata ai vertici.
Secondo il dettagliato atto d’accusa pronunciato all’ex Mastino dallo stesso magistrato che aveva rappresentato la procura nel caso Giacino, Leardini (difeso dagli avvocati Nicola Avanzi e Marco Pezzotti) deve rispondere di «nuova» concussione (o concussione «per induzione») in relazione a due fatture da lui versate all’avvocato Lodi il 4 marzo 2013 (ed emesse l’11 marzo, una settimana dopo) dalla Legnaghese Real Estate spa (per un importo stimato in 11.500 euro) e dalla Bellea Costruzioni edili spa (8.500 euro, in questo caso, l’importo della fattura).
«Ma la verità è che, in questa vicenda, Leardini è vittima di concussione fino al 2012, mentre diventa a sua volta imputato per questi due pagamenti che effettua ai Giacino nel 2013 - ha ricostruito ieri il pm -. Era il vicesindaco che decideva tutto sulle tangenti e stabiliva quando Leardini doveva pagare, dove, come, in quante soluzioni. L’assessore vicesindaco stabiliva ogni cosa, l’imprenditore doveva obbedire e soggiacere al politico».
E sempre Giacino, ha puntato ancora il dito l’accusa , «aveva stabilito quando e come Leardini avrebbe dovuto procedere alla corresponsione di quelle due fatture di cui è chiamato adesso a rispondere in questo processo». In caso contrario? «Se l’imprenditore non avesse pagato, l’assessore ne avrebbe ostacolato l’attività: l’imputato aveva l’interesse che venissero resi edificabili i lotti dove aveva investito e, in cambio, il vicesindaco aveva stabilito una tangente totale da un milione 270mila euro».
Dalle condanne del primo grado alla loro parziale riduzione in appello: ieri il pm ha rievocato ogni tappa. «Abbiamo convocato in procura numerosi imprenditori citati nelle intercettazioni, ma solo Leardini ha ammesso di aver pagato perché così acquisiva la certezza dell’approvazione delle varianti al piano interventi e alla Passalacqua, progetto su cui aveva fatto un enorme investimento ma che Giacino continuava a bloccare. Solo dopo il pagamento, l’assessore ha smesso di creare ostacoli». Dunque Leardini «costretto a pagare» ma anche «decisivo per far condannare Giacino»: di qui i soli 15 giorni di pena sollecitati dal pm, la più bassa mai chiesta per un reato contro la pubblica amministrazione, mentre per il Comune il legale di parte civile Giovanni Caineri ha chiesto la refusione dei danni subìti dall’ente, anche all’immagine.
E lui? Sorridente all’uscita dall’aula, ha annunciato che «alla prossima udienza parlerò e mi toglierò qualche altro sassolino dalle scarpe. Rifarei tutto, denuncerei di nuovo, ma la sto pagando a durissimo prezzo: a Verona, finché restano questi amministratori e questi funzionari, non posso più lavorare, mi bloccano dappertutto, mi stanno costringendo a cercare acquirenti altrove. Infatti sono appena rientrato dagli Usa e sto per tornare in Repubblica Ceca». Ma tra un mese e mezzo, in tribunale, «non mancherò: potete contarci».