Corriere di Verona

LA TAGLIOLA DEL FATTORE TEMPO

- di Stefano Righi

La condizione in cui versano quelle che sono state le due principali banche del Nordest richiede un’azione rapida di intervento per evitare il peggio. Dopo quanto è già accaduto, il peggio può essere solo una cosa: la chiusura degli istituti, un’eventualit­à più vicina di quanto si pensi. Invece, Popolare di Vicenza e Veneto Banca si trovano a vivere una condizione paradossal­e. Fabrizio Viola, da tre mesi coordinato­re dei destini di entrambe, appare come un medico del pronto soccorso, chiamato a rianimare due pazienti feriti ed esanimi e costretto a fare i conti con un direttore sanitario che, preoccupat­o dagli equilibri di governo dell’azienda, lesina le spese in garze e disinfetta­nti e si preoccupa della sostenibil­ità dei costi dell’ospedale, anche a scapito di chi ha bisogno di aiuto. Sia il medico del pronto soccorso che il direttore sanitario perseguono il medesimo obiettivo: la salute pubblica, ma rispondono a logiche evidenteme­nte diverse. Quello che le discrimina è il tempo. Viola deve fare tutto e subito, non può perdere neanche un secondo, mentre le autorità europee di Vigilanza sul settore bancario non si pongono il problema dell’urgenza. E nel gap temporale tra le impellenze di Viola e i tempi dilatati dell’Europa rischiano di affondare due banche e un pezzo importante dell’economia italiana.

Imiti della velocità e della rapidità che da Umberto Boccioni a Italo Calvino erano stati eletti a fattori culturali competitiv­i, decisivi nell’era digitale, sono stati traditi, irrisi dal gioco di ruolo delle autorità europee, che nascondono la loro inadeguate­zza dietro ai compiti di check and balance che si sono attribuite. Il tutto mentre la voce del governo centrale non sempre sembra arrivare efficaceme­nte in Europa. Ci sono stati molti sbagli nella storia recente delle due ex popolari –e i più gravi sono attribuibi­li a chi ha condotto le banche nelle attuali posizioni – ma ora si sta compiendo l’errore definitivo. È evidente che la seconda e la terza eccezione alla regola del bail-in risultano indigeste per chi l’ha creata, ma l’incertezza non è tollerata, né in economia né in finanza. Così si insinua il dubbio che qualcosa negli organi di Vigilanza non funzioni, con il rischio sempre più vicino che a pagare sia, ancora una volta, questo territorio.

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