Mion: ora bisogna fare presto, e la fusione entro l’anno Siamo già dello Stato
Il presidente Bpvi: ne va del futuro del territorio
timbri a posto?
«Penso che sarà difficile, con tutto quel che serve. E non mi permetto ovviamente di dare ultimatum. L’ideale per noi resta di realizzare il progetto di fusione tra Vicenza e Montebelluna entro fine 2017. Vorrebbe dire partire con le delibere tra maggio e giugno. Già così non sarebbe una passeggiata, anche perché il lavoro deve ancora entrare nella sua fase più intensa».
Le due banche sono ancora salvabili? O è troppo tardi?
«Io credo che non valga la pena far investimenti per rivitalizzarle separatamente. Credo che invece che valga lavorare a una fusione su una banca concentrata sul futuro di questo territorio. Sarebbe stato meglio far prima. Ma probabilmente il tempo trascorso è servito a convincere tutti della necessità del progetto. E l’arrivo di Fabrizio Viola ha dato un’accelerazione molto importante».
Teme che la richiesta di Bce di due ricapitalizzazioni separate rimetta in moto piani per futuri divisi? Idee di acquisizioni caso per caso?
«È solo una mia idea personale, ma la vedo difficile. Con le perdite che dovremo registrare l’unico vero vantaggio ad intervenire in questo momento sarebbero i corposi vantaggi fiscali che ne deriverebbero».
Il fondo Atlante si è defilato e non vi risponde sulla partecipazione all’aumento di capitale, lo Stato deve ancora arrivare come socio di riferimento. La situazione pare tornata indietro di un anno, a prima dell’aumento di capitale, quando i cda operavano senza un vero padrone.
«No, non è così. C’è ed è ancora Atlante, che ha fatto tutto quel che poteva. E poi l’altro padrone c’è già, viste la garanzie rilasciate dallo Stato sulle obbligazioni per la liquidità, che ora abbiamo richiesto per altri 2,2 miliardi. La banca per certi versi è già statale, visto il ruolo decisivo di quegli strumenti. Come vede i referenti sono due».
In cda si vedono le prime dimissioni. Dopo Francesco Micheli, Marco Bolgiani. Molto si favoleggia su di lei. Fino a quando resta?
«Fino alla fine. Lascerò quando si capirà che per la vicenda c’è una conclusione. Qualunque sia».
Avete chiuso le transazioni con i soci con adesioni soddisfacenti. Ma l’operazione riuscirà davvero a cambiare il clima intorno alla banca?
«Sono convinto che abbia segnato una ripresa del dialogo con i clienti. Speriamo porti ad esiti positivi».
Senta, ma riguardando indietro avete perso tempo sul rilancio della banca nella prima fase della gestione?
«No. Guardi, questo si può dire sempre. Ma io posso testimoniare il grande impegno della struttura nonostante le continue difficoltà, come la raccolta corporate che riprende ad uscire per l’incertezza di questi giorni. L’area commerciale ha fatto quanto era possibile. E ha gestito davvero bene le transazioni con i soci». Un fatturato da 110 milioni di euro, con un aumento medio del 19% annuo dal 2014. E una quota export pari al 64%, benché l’azienda ci tenga a consolidare il mercato domestico. Non cresce a detrimento delle vendite locali. Un Ebitda (margine operativo lordo) del 17%. I risultati sono giustificati dalla penetrazione in un segmento di mercato, ma in chiave globale: il Gruppo Pettenon, attivo nel settore dei prodotti per acconciatori, non si è fatto tentare dalla grande distribuzione organizzata. Vende prodotti professionali, per il salone, lì dove c’è margine. Lì dove puoi investire nella specializzazione delle competenze: di chi produce, di chi vende e di chi utilizza. E guarda avanti: «Vendiamo in 93 Paesi – ha affermato ieri l’ad Federico Pegorin (in foto) -, ma non ci basta: l’idea è quella di aggredire nuovi mercati. Stiamo peraltro stringendo una partnership con una azienda statunitense, con la quale divideremo competenze, risultati e margini. La quota export deve salire il più possibile». Il gruppo - tre siti produttivi, ciascuno con una propria specializzazione (prodotti per i capelli; per viso e corpo; creme coloranti sempre per i capelli) assume: «Puntiamo sui giovani – continua Pegorin – che sono 30 o 40 in più ogni anno». L’azienda, che realizza ogni anno 76 milioni di pezzi di prodotto finito, ha 350 dipendenti. (mdf)
Gianni Mion Posso testimoniare il grande impegno della struttura nonostante le continue difficoltà.Con i clienti abbiamo segnato una ripresa nei rapporti
Ci sarà la «Antonio Carraro», che ha realizzato un trattore «intelligente» che integra meccanica avanzata e un software sofisticato, per il controllo di trazione, velocità e accelerazione. E il Gruppo Maschio Gaspardo, che ha inventato una nuova seminatrice in grado di incrementare di oltre il 50% la produttività. E la «Lago», azienda di interior design, che ha puntato sull’internet delle cose in vista di un’interazione attiva tra arredi e persone. E Nplus, la newco di sistemi di illuminazione per l’industria, fondata, assieme a due soci, dal veronese Giordano Riello; crea applicazioni sofisticate nel settore elettronico ed illuminotecnico. Sono solo alcune delle 28 realtà che saranno sul podio del Premio Innovazione Smau, a Padova oggi e domani al padiglione 11 della fiera. E che racconteranno le proprie esperienze in fatto di innovazione (per gli orari, consultare il sito www.smau.it). Peraltro, secondo i dati del Primo Osservatorio sul Corporate Venture Capital realizzato da Smau e altri, il Veneto è al secondo posto, dopo la Lombardia, come regione che ospita il più alto numero di soci corporate nelle startup innovative italiane. (mdf)