Tratta Brescia-Verona, i no-Tav non si arrendono «Ora nuovi ricorsi»
Dopo lo stop del Tar, pronto il ricorso al Consiglio di Stato Il caso della revisione del progetto: «Va rifatta tutta la Via»
È stato un brutto colpo per i no Tav la sentenza del Tar del Lazio che ne ha bocciato il ricorso contro la realizzazione della tratta tra Brescia e Verona. Ma è già pronto il ricorso al Consiglio di Stato e, eventualmente, alla corte europea. Tra le altre cose, i no Tav insistono per una nuova Valutazione d’impatto ambientale, visto il prossimo cambio del progetto nel nodo di Brescia.
È stato un brutto colpo per i no Tav la sentenza del Tar del Lazio che ne ha bocciato integralmente il ricorso contro il progetto di Rfi e consorzio Cepav 2 sul tratto di alta velocità tra Brescia e Verona. Ma non è ancora il tempo di ammainare gli strumenti della contestazione. «Questa sentenza non è che una tappa di un lungo percorso - spiega Marina Beatini, portavoce dei comitati per entrambe le sponde del Garda La nostra battaglia legale proseguirà, faremo ricorso al Consiglio di Stato, ma non solo». C’è anche, infatti, l’intenzione di rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea. Su questo tema oggi il fronte formato da comitati, parlamentari del Movimento Cinque Stelle, associazioni ambientaliste, proprietari di ristoranti e di terreni, istituti religiosi ha in programma una conferenza stampa.
La sentenza non è stata una sorpresa. Beatini ammette: «Non ci aspettavamo che il Tar risolvesse tutti i problemi che avevamo posto, ci vuole molto coraggio per mettere mano a un’opera miliardaria». E tuttavia «avremmo gradito che il giudici entrassero nel merito delle questioni, cosa che invece non hanno fatto. Si sono fermati alle questioni puramente formali. Invece nel nostro ricorso ci sono questioni che riguardano questioni ambientali gravissime. Il progetto della Tav Brescia-Verona è obsoleto, data dal 2003. E poi c’è il nuovo nodo Brescia, che non può essere liquidato come cosa che non ha riflessi usl primo lotto. Il progetto è completamente da rifare e per questo va autorizzata una nuova Valutazione d’impatto ambientale». Il nodo di Brescia è, effettivamente, una questione ancora aperta. L’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Renato Mazzoncini (che, incidentalmente, è bresciano) ha fatta sua la proposta del Comune lombardo per un cambio di rotta del progetto: quello iniziale, già approvato, prevede il cosiddetto «shunt», ovvero un aggiramento del centro di Brescia con una fermata all’aeroporto di Montichiari, di proprietà della veronese Catullo. Invece, ora, ci si muoverà con un aggiornamento del progetto che contempli l’eliminazione dello «shunt» e il passaggio nel centro di Brescia, attraverso un (problematico) raddoppio della linea storica. Tutto questo, però, non comporterà alcuna modifica per il tratto che più da vicino interessa Verona, con criticità annesse (la distruzione di diversi ettari di vigneti di Lugana e il passaggio sotto il santuario dei frati della Madonna del Frassino), che viene dato per assodato. Non a caso, i lavori inizieranno a giugno (così almeno è stato annunciato dal governo) proprio dal primo lotto Brescia Est-Verona, per una spesa complessiva di 2,2 miliardi e cinque anni di cantieri, che comprendono una galleria da 7,4 chilometri.
Per l’avvocato Fausto Scappini, che ha curato il ricorso per contro dei no Tav, ci sono ancora appigli cui aggrapparsi. «Il merito di alcune risposte ci pare incomprensibile - afferma - . Per esempio quando si afferma che i ricorrenti non hanno diritto a contestare l’assenza di una gara d’appalto sulla Tav Brescia-Verona, perché legittimate a farlo sono semmai le imprese eventualmente danneggiate da questa decisione. Se vale questo principio, significa che solo due o tre società hanno la possibilità di tutelarsi contro la mancanza di un appalto a gara, visto che si tratta di un’opera da 4 miliardi alla quale possono aspirare solo grandi gruppi». Altri punti su cui si articolerà la difesa sono la mancanza di una valutazione dei costi-benefici nella revisione progettuale nel Def del governo 2017 e la mancata valutazione, in sede di Via, della cosiddetta «opzione zero», cioé l’ipotesi di rinunciare del tutto all’opera. «Comunque vada - conclude l’avvocato - l’apertura dei cantieri sulla tratta VeronaBrescia non la vedo affatto imminente. C’ero quando a Verona il ministro Delrio parlò l’anno scorso di lavori a partire, al più tardi, dalla primavera 2017».