Marco Ongaro presenta il suo «Elogio dello snob»
Il cantautore e scrittore veronese domani, al Due Torri, presenta il suo ultimo libro. «Alla fine è un elogio dell’artista. Un modo di affermare la supremazia dell’arte all’interno della scala sociale. La vera nobiltà sta nella creazione»
«Alla fine l’elogio dello snob è l’elogio dell’artista: un modo di affermare la supremazia dell’arte all’interno della scala sociale, perché la vera nobiltà sta sempre nella creazione».
Nove dischi, 14 libri fra opere teatrali, poesia, racconti e saggi, Marco Ongaro ama cercare e la più recente delle ricerche l’ha portato a «Elogio dello snob», volume pubblicato da Historica, lavoro d’incroci, connessioni e tesi che il cantautore e scrittore veronese presenterà domani, alle 18, all’Hotel Due Torri, dialogando con il presidente di Idem, Alcide Marchioro.
Lei parte dal 1848, da Londra e da due fenomeni culturali, il primo fissato ne «Il libro degli snob» di William Makepeace Thackeray e il secondo nel «Manifesto del Partito Comunista»…
«In quella Londra uscirono due pubblicazioni difformi ma con un tratto comune. Entrambe parlavano di lotta di classe. Una, in modo concreto, riguardo il proletariato. L’altra, riguardo questo movimento bifronte dello snob. Movimento che va dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso: snob è chi cerca di accedere a uno stato superiore ma anche chi è in uno status aristocratico e schiaccia chi cerca di venire su. Siamo in piena lotta di classe ma individuale».
Lo snobismo, in entrambe le direzioni, è ancora vivo?
«È ancora vivissimo. E spesso, tema centrale del libro, è diventato una manifestazione edificante dell’uomo. Ovvero, questa spinta a emanciparsi socialmente ha generato fenomeni e personaggi di assoluta attualità e riferimento. Vedi Baudelaire, citato da tutti, non solo dai poeti ma anche dai filosofi. Lui non