Dieci milioni in meno per il trasporto pubblico locale in Veneto
Dieci milioni di taglio al fondo regionale per il trasporto pubblico, l’assessore regionale alla Mobilità Elisa De Berti convoca le 37 aziende locali del Veneto. «Dobbiamo fare massa critica per farci sentire ai tavoli romani - esorta - a cominciare dalle commissione infrastrutture e trasporti». Della famosa «cura del ferro» lanciata l’anno scorso dal governo Renzi resta infatti uno stanziamento anemico di 247 milioni e mezzo di euro per bus e vaporetti. Lo scorso anno tra primo e secondo riparto ne furono assegnati 259 . La giunta ad aprile ha «preso atto che le disponibilità potrebbero essere inferiori alle necessità complessive» e deliberato un finanziamento di 253 milioni per quest’anno, 267 per il prossimo e 270 per il 2019 solo per il trasporto su gomma e per i vaporetti; con Trenitalia e Sistemi Territoriali ci sono contratti di servizio da rispettare e quindi sul fronte trasporto ferroviario non ci saranno sforbiciate: 148 milioni e rotti per quest’anno e il prossimo, 145 per il 2019. Stime provvisorie, in attesa di avere il quadro definitivo delle decurtazioni del fondo nazionale che finora ammontano a circa 300 milioni.
Dal 2014, il riparto regionale si mantiene intorno ai 215 milioni per il trasporto urbano più 40 per la navigazione a Venezia (che ogni anni si vede tagliare 500mila euro). A sorpresa nel 2016 c’era stato però finalmente un aumento perché a dicembre erano arrivati altri 3 milioni di «premio». «Alle Regioni con servizi efficienti era stato infatti trattenuto un 10% dei fondo che era poi stato ripartito - spiega De Berti - Ovviamente il Veneto era tra la realtà più efficienti e virtuose. E adesso succede che ci tagliano 10 milioni, 12 se consideriamo anche il premio. E invece col decreto Equitalia sono stati stanziati 600 milioni per ripianare i debiti della Campania nei confronti di una società ferroviaria. Ci sentiamo presi in giro: tagli ai virtuosi, soldi a chi fa debiti».
La conseguenza è che le aziende del trasporto pubblico locale dovranno mettere in conto qualcosa come un milione di euro in meno a provincia in media, spiega l’assessore. «Un taglio del genere non saprebbero proprio come recuperarlo», ammette. Nel caso Palazzo Balbi decida per la strada collaudata dei tagli lineari in rapporto ai finanziamenti, la decurtazione maggiore toccherebbe a Venezia e provincia che l’anno scorso ha avuto in totale 103 milioni e adesso potrebbe perderne 4. Nella classifica del riparto 2016 seguono Padova (38 milioni circa negli ultimi tre anni), Verona (35), Vicenza e Treviso (26), Belluno 12 e Rovigo 10.
Ma a non è escluso che si percorra invece un’altra strada, vale a dire quella di togliere meno alle aziende che sono disposte a sperimentare il biglietto unico, come ha fatto Belluno con «Unica Veneto», la card contactless che consente di abbonarsi sia a treno che all’autobus. «Gli enti di governo collaborino al biglietto unico anche in altre province - invita De Berti - Può essere uno strumento che agevola il cittadino a usare il trasporto pubblico e chi è più collaborativo avrà un riconoscimento di risorse». La tessera unica che vale per tutte le 37 aziende bus del Veneto più le ferrovie è da decenni il sogno proibito dei pendolari ma la vera rivoluzione sarebbe la tariffa unica. La Regione aveva con un bando conferito l’incarico per lo studio ma per un anno è rimasto congelato a causa di un ricorso al Tar, poi respinto. Intanto, c’è la grana dei tagli. Che rischia di trasformarsi in un circolo vizioso: meno soldi hanno, più le aziende tagliano i servizi e meno passeggeri si hanno, meno fondi arriveranno il prossimo anno. Ne sa qualcosa Aps a Padova.