Corriere di Verona

Il sandalo con le luci: così la scarpa diventa un’opera

«Luxus» è dedicato alla creatività veneziana. Dalle collezioni di Caovilla alle bottiglie di Venissa

- S.D’A. M.Za.

Renè Fernando Caovilla lo dice bene: «Caovilla non poteva mancare». Le scarpescul­tura tutte veneziane sono uno dei simboli di «Luxus», il padiglione del lusso e della creatività veneziana, volto del Padiglione Venezia per questa Biennale numero 57. Un padiglione curato da Stefano Zecchi su incarico della giunta di Venezia in cui trova spazio un sontuoso lampadario di Barovier e Toso, Taif, 44 luci in cristallo dorato creato apposta dall’azienda muranese per l’occasione; un manichino che indossa un andrienne originale del ‘700 prestato dai musei civici (il vestito tipico di quell’epoca), i mosaici di Orsoni, le sedute di Rubelli, perfino uno dei tanti sipari della Fenice, le bottiglie della tenuta Venissa appese come fossero quadri con etichette in foglia d’oro, due collage del fotografo Maurizio Galimberti dedicati alla bellezza di Venezia, due film del regista Cesare Ciccardini che si potranno gustare comodament­e seduti, l’elefante e il tappeto volante che ricordano la stagione dei mercanti veneziani, oggetti in vetro realizzati dagli studenti dell’Abate Zanetti di Murano e naturalmen­te le scarpe di Caovilla. Un paio di pezzi storici, un paio di modelli delle ultime collezioni e un pezzo che è già icona: il sandalo-scultura con luce a led. «Poter partecipar­e alla Biennale d’arte, insieme ad altre selezionat­e aziende di lusso veneziane, è non solo un onore ma una grande opportunit­à di celebrare il nostro rapporto con la città - racconta ancora Caovilla -. Il progetto nasce proprio dalla volontà di ritrovare nella tradizione il senso della contempora­neità sottolinea­ndo il nostro legame con il territorio da più di ottant’anni».

Spiega Zecchi, che ieri limava l’esposizion­e insieme a Galimberti e al direttore artistico Beatrice Mosca: «La tradizione è protezione del fuoco, non venerazion­e delle ceneri. Il nostro è il racconto di Venezia attraverso l’artigianat­o del lusso». E’ il lusso che si fa arte in una città dove spesso la paccottigl­ia rischia di travolgere l’artigianat­o e dove i falsi irrompono a irridere la tradizione. «In questo senso l’artigianat­o diventa grande arte spiega Zecchi -. Non è solo passato ma diventa futuro. Non è ingessata su ciò che è stato». La mostra, che sarà inaugurata dopodomani, è divisa in sezioni, con i nomi ni dialetto veneziano: la botega, man che lavora, gran balo, e l’ultima sala con lux luxus e luxuria, di cui sarà contento Roberto D’Agostino, che ieri era in visita alla mostra.

Nel padiglione anche un sensore: se ci si passa sotto parte un valzer e si può ballare. Valzer viennese? «Per l’amor di Dio - inorridisc­e Zecchi - non ho voluto confondere Venezia con l’Austria. Valzer di Shostakovi­ch».

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Simboli Paola Caovilla al Padiglione Venezia (Vision)

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