Severgnini incanta con i grandi delle redazioni
Pubblico rapito, al Giardino Giusti, dagli aneddoti della firma del Corriere della Sera, ospite al Festival della Bellezza. «Il più grande cronista? Dante», spiega «Buzzati non sapeva di essere un genio. Le Stanze di Montanelli? Protoblog»
Tra gli ospiti più amati dal pubblico delle rassegne firmate da Idem, Beppe Severgnini non ha deluso la sua platea ieri pomeriggio nella cornice del Giardino Giusti. Platea catturata nella rete di ricordi, nel racconto dei tanti incontri tra giornalismo, poesia e letteratura che hanno costellato la sua carriera, in dialogo con il conduttore televisivo Lorenzo di Las Plassas.
«Ci sono bravi giornalisti in bianco e nero, e giornalisti che scrivono a colori e con profumi» ha esordito l’editorialista del Corriere della Sera, neodirettore di Sette. E presentando la sua creatura, divagando sulla scrittura di Gianni Brera, Severgnini ha raccontato: «Per me il Pulitzer del giornalismo sportivo era il frigo dei gelati del bar di Cremona dove mi sedevo per leggere gli articoli di Brera. Il Pulitzer dei periodici invece, è il bagno. Se Sette supera il percorso dall’edicola a casa, il rischio di essere dimenticato per strada o in salotto, se arriva in bagno… allora lì, ho vinto il Pulitzer».
Uno dei più grandi giornalisti diventa, a sorpresa, Dante: «Le sue descrizioni nell’Inferno sono da grande giornalista, e le interviste? Le domande fatte a Francesca sono le domande perfette». Tra gli incontri epocali, quello con Montanelli. «Ne avevo grande soggezione: aveva 50 anni più di me, era alto un metro e novanta, con due occhi che ci voleva il codice della strada per regolarli. Con il tratto pen cancellava le parole degli articoli dei suoi giovani collaboratori, mi ha insegnato che la scrittura è come la scultura, funziona per levare».
Infinito il mondo che Montanelli gli ha aperto, l’incontro con Buzzati per esempio: «Montanelli parlava della sua modestia, Buzzati non sapeva
di essere un genio. Era un poeta in redazione. Quanti sanno che la Fortezza Bastiani del Deserto dei Tartari è la redazione di via Solferino? E che l’attesa del tenente Dogo è l’attesa della grande occasione? Il Poema a Fumetti a 60 anni! Ma vi rendete conto? Mezzo secolo di anticipo sulla graphic novels».
Non potevano mancare Parise, con i suoi Sillabari, «usciti nei primi anni ’70 sul Corriere, pura poesia», Pasolini con gli Scritti Corsari - «un libro che ha segnato l’evoluzione del costume negli anni ’70, ma una signora, qualche tempo fa, mi ha detto delusa che pensava fosse un libro di pirati» - e Biagi: «Un grande giornalista,
sempre se stesso, intervistatore empatico, il più grande rubrichista italiano. Mentre le Stanze di Montanelli - ha concluso Severgnini tornando al suo mentore -, erano quasi un protoblog».
Alla sera il pubblico è tornato ad applaudire Massimo Cacciari al Romano con la sua lezione – concerto sul Don Giovanni di Mozart, intervallata dalle interpretazioni della partitura dell’opera dei pianisti Edoardo Strabbioli e Roberto Pegoraro.
Stasera alle 21,30, Philippe Daverio chiuderà il Festival della Bellezza, organizzato dall’associazione Idem con il patrocinio della Fondazione Corriere della Sera e radio partner Rai Radio Uno, conducendo il
pubblico con le sue amabili digressioni, intervallate dal pianoforte di Ilaria Loatelli, nella
lettura dell’arte di Picasso, dove ancora si possono trovare
gli echi di quella di Michelangelo raccontata venerdì da Vittorio Sgarbi. Sul palco le installazioni scultoree di Alessandro Lonato che hanno fatto da sfondo al festival.