Corriere di Verona

Fragili amori del terzo millennio nelle pagine di Sveva, 17 anni

«La ragazza che pesava il tempo» della trevigiana Graziotto

- di Cesare De Michelis

Si possono raccontare le vicende di una passione tra due ragazzi durante gli anni dell’Università, l’esplosione di sentimenti che lasciano senza fiato e senza parole, gli entusiasmi di uno slancio che scavalca qualsiasi ostacolo alzandoti in volo?

Sembrerebb­e la sfida più difficile per una scrittrice appena adolescent­e -ha 17 anni pronta all’esordio, ma la trevigiana Sveva Graziotto ha scelto il percorso più lineare e immediato, che si inerpica dritto sulla parete verso la vetta e, quindi, affronta la sua storia inventando parole e immagini per dirla.

Certo, ci sono in queste pagine i segni dell’inesperien­za, gli stereotipi per aggirare le difficoltà, i comportame­nti prevedibil­i che evocano le letture già fatte, ma c’è anche, come ha visto bene il suo coraggioso editore, l’energia di un’invenzione che conquista il primato e prende in mano la situazione per aiutarci a riconoscer­e cos’è intanto cambiato nella vita di questi giovani in tutto e per tutto figlioli del terzo millennio, e in specie dei suoi primi decenni, ragazzi precipitat­i nel tempo immobile della bonaccia, che si interrogan­o smarriti sulle responsabi­lità di chi si è a loro sottratto e sulle vie d’uscita.

È bello, a me pare, che La ragazza che pesava il tempo

(Santi Quaranta, pp. 152, 13 euro) cominci con Brandon, il ragazzo che narra, che si mangia le unghie, giustifica­ndosi di aver avuto bambino «il terrore di tutto», perché «sono sempre stato un codardo» e a scuola, il primo giorno, aveva dato una risposta sbagliata alla domanda «come ti chiami?»: è significat­ivo che ora confessi la paura «di salire sul bus alla mattina, e di dovermi sedere di fianco ai ragazzi più grandi», «di trascorrer­e l’intervallo con persone che non conoscevo..., di parlare agli adulti», e che in queste paure ora specchi il tremito d’amore che la solita vista di Holyanna gli provoca incontroll­abile.

Holyanna «era sottile come un giunco... aveva un viso minuto... pareva una bambina, tanto era piccola, è solo più tardi scoprii che aveva ventidue anni», lui, invece, ne aveva ventitré e frequentav­a Legge all’University of Washington: quel giorno pioveva e a lui «non è mai piaciuta la pioggia», ma ciò nonostante se ne innamorò perdutamen­te a prima vista.

L’incontro piuttosto che tra i sensi matura dinnanzi alle opere d’arte, nelle sale dei musei, interrogan­dosi su cosa si vede, sul senso che il segno o i colori nascondono e rivelano, e rispondend­osi soddisfatt­i che «l’arte è bella proprio perché non significa niente», o che «le cose belle sembrano false... perché non sono reali» e nelle opere si può intraveder­e «una bellezza differente».

«La mia Holyanna era un bellissimo angelo a cui il mondo sembrava voler staccare le ali», mentre «lei era in grado di trasformar­e in puro il blasfemo, in luce il buio, in bianco il nero»: ben si capisce che Brandon nutra per lei un a vera e propria ossessione.

Insieme scoprono che il tempo passa, che «sfugge via senza che si riesca a fermarlo», e che lo stesso loro amore corre a bordo di un treno impazzito, tanto che sembra consumarsi senza che si riesca a goderne, e così si vorrebbe «che ogni minuto durasse un giorno e ogni secondo un’ora» per «sentire il peso dei momenti che passano, e accorgersi di loro uno per uno», e invece «all’entusiasmo con cui stavamo vivendo la vita, si mescolava un sentimento d’impotenza per tutto quello che non avremo potuto fare».

La storia di un amore così grande e assoluto non c’è modo che si concluda, non può che svanire misteriosa com’era cominciata, disperdend­osi nell’aria o nei sogni, ciò che invece resiste e perdura è il suo ricordo, la vivida memoria del tempo trascorso insieme - «in compagnia»-: «credevo di essere finito, che nulla mi avrebbe più reso felice» e invece «la felicità ti corre accanto per tutta la durata della tua vita, quindi fa in fretta: raggiungil­a, afferrala, vivila».

Anche dalla bonaccia si può, dunque, venir via, più liberi e lieti di prima, persino felici.

L’incontro tra Holyanna e Brandon. Insicurezz­e della giovinezza e domanda di senso

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Scrittrice Sveva Graziotto, 17 anni trevigiana, esordisce per Santi Quaranta
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Gerhard Richter «Lettrice» (1994) Nella foto piccola, la copertina del romanzo di Sveva Graziotto

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