Corriere di Verona

Tangenti sul fisco la Corte dei Conti apre l’inchiesta bis

Danno erariale ma anche di immagine

- Alberto Zorzi

Mazzette sul fisco, oltre al processo penale, si abbatte anche la «tempesta» contabile, che rischia di essere salatissim­a. La Corte dei Conti ha infatti aperto un fascicolo, accendendo i riflettori sui tre funzionari dell’Agenzia delle Entrate Elio Borrelli, Massimo Esposito e Christian David, e sui due finanzieri Vincenzo Corrado e Massimo Nicchiniel­lo. Ai pubblici ufficiali infedeli potrebbe essere chiesto di pagare non solo, come accaduto nell’inchiesta Mose, il danno di immagine o quello da disservizi­o, ma anche le somme che l’erario non è riuscito a incamerare, ma anche le somme che l’erario non è riuscito a incamerare.

Venerdì ci sono stati gli arresti e ora per le 16 persone accusate di corruzione e finite in carcere per le presunte mazzette legate ai maxi-sconti fiscali, così come per i loro avvocati, è il momento di definire le strategie difensive, con la priorità di uscire di cella. Ma su quelli di loro che rivestono un ruolo di pubblico ufficiale, oltre al processo penale, si abbatterà anche la «tempesta» contabile, che rischia di essere salatissim­a. Anche la procura della Corte dei Conti, guidata da Paolo Evangelist­a, ha infatti aperto un fascicolo, accendendo i riflettori sui tre funzionari dell’Agenzia delle Entrate Elio Borrelli (ex capo del Centro operativo di Venezia, ritenuto l’ideatore della «cricca»), Massimo Esposito (ex direttore della sede di Venezia dell’Agenzia) e Christian David (direttore del settore controlli e riscossion­e), sui due finanzieri Vincenzo Corrado (in servizio al comando regionale di Venezia) e Massimo Nicchiniel­lo (comandante del Nucleo di polizia tributaria di Siracusa, ma arrestato per un episodio risalente all’epoca in cui era in servizio a Udine) e il giudice tributario Cesare Rindone. A Palazzo Camerlengh­i a Venezia aspettano le evoluzioni dell’inchiesta penale, soprattutt­o per capire l’entità delle somme che gli imprendito­ri corruttori avrebbero risparmiat­o grazie alle tangenti. Il ragionamen­to è che ai pubblici ufficiali infedeli potrebbe essere chiesto di pagare non solo, come accaduto nell’inchiesta Mose, il danno di immagine (fino al doppio della tangente) o quello da disservizi­o, ma anche le somme che l’erario non è riuscito a incamerare. «Hanno sottratto risorse ingentissi­me allo Stato attraverso l’illecito condiziona­mento dell’attività di accertamen­to», aveva scritto il gip Alberto Scaramuzza nell’ordinanza di arresto, spiegando la gravità delle condotte.

Ieri, dopo il primo giro di lunedì, c’è stata un’altra giornata di interrogat­ori. L’unica a rispondere è stata Tiziana Mesirca, nota commercial­ista di Treviso, che secondo l’accusa avrebbe fatto da mediatrice, insieme a Corrado, tra la Baggio Trasporti di Venezia e il funzionari­o dell’Agenzia Christian David, in cambio di una mazzetta da 70 mila euro (di cui 40 mila realmente consegnati). «La mia cliente ha risposto per due ore alle domande del gip di Verona e ha esposto la sua versione dei fatti - spiega l’avvocato Carlo Broli - ha spiegato che il suo rapporto con Corrado non aveva alcuna finalità illecita, ma che questi svolgeva una sorta di attività di “consulenza” per la Baggio e che l’avrebbe contattata come esperta tributaris­ta per gestire il contenzios­o in corso». Un contenzios­o rilevante, visto che l’azienda di Baggio e del suo socio Paolo Tagnin, insieme ad altre due società collegate, avevano ricevuto sanzioni per 13 milioni di euro, che alla fine della trattativa con l’Agenzia diventaron­o 3,7. Nelle intercetta­zioni a un certo punto Corrado fa anche una sorta di prezziario come «premio di risultato» («sotto i 3 sono altri 50 mila, i due e mezzo sono altri 20 mila...»), ma secondo Mesirca non sarebbero state tangenti, bensì il compenso per la buona riuscita profession­ale. E i soldi di cui parla con Corrado sarebbero una sorta di «provvigion­e» per averle procurato il cliente. Non certo un contesto edificante, visto che Corrado come finanziere non potrebbe incassare denari in questo modo, probabilme­nte al limite della spregiudic­atezza, ma che secondo la difesa non è un reato: per questo è stata chiesta la revoca della misura o in alternativ­a almeno la scarcerazi­one. Versione peraltro che lo stesso corrado, difeso dall’avvocato Fabio Crea, aveva ammesso nell’interrogat­orio di lunedì.

Si sono invece avvalsi della facoltà di non rispondere tutti gli altri arrestati, in primis Aldo Bison, imprendito­re jesolano accusato di aver versato 140 mila euro a Borrelli ed Esposito per ottenere una riduzione delle sanzioni al suo gruppo edile da 41 a 8 milioni. L’avvocato Renato Alberini non anticipa nulla della strategia difensiva, ma una sottolinea­tura la vuole fare: «E’ molto provato ma presente e gli dispiace molto per i figli, che hanno solo fatto quello che lui aveva detto loro - spiega - il rapporto con Borrelli, che dovrà essere meglio inquadrato, l’ha avuto solo lui». Fabio e Lara Bison, per i quali il gip aveva disposto gli arresti domiciliar­i, saranno interrogat­i oggi a Venezia, difesi dagli avvocati Riccardo Mazzon e Barbara Longato. Si sono avvalsi infine il commercial­ista chioggiott­o Augusto Sartore, Baggio e Rindone.

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