Corriere di Verona

Chiusa l’inchiesta sul carabinier­e stupratore, Sedici (in tutto) le vittime di Maglio

- Di Nicola Munaro

Quando nell’aprile 2014 la squadra Mobile aveva bussato alla porta del suo appartamen­to a Padova, quartiere Arcella, si pensava fosse un caso isolato. Nessuno poteva pensare che il nome di Dino Maglio (foto), 38 anni ora, all’epoca carabinier­e a Teolo, facesse rima con l’accusa di essere un violentato­re seriale, nonostante la denuncia di una diciassett­enne australian­a che prima di tornare dall’altra parte del mondo aveva raccontato in questura di essere stata drogata e stuprata dall’uomo che ospitava lei e la madre a Padova.

Da quel giorno, il diluvio. La denuncia della diciassett­enne australian­a che diventa una condanna a sei anni e mezzo e altre quattordic­i ragazze, tutte ospitate dal carabinier­e, che prendono coraggio e raccontano di essere state abusate da lui. Un’inchiesta arrivata al capolinea, con il pm Giorgio Falcone che nei giorni scorsi ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio per Maglio, oggi ai domiciliar­i a Tricase, Lecce. Violenza sessuale aggravata, stato di incapacità procurato mediante violenza e concussion­e le accuse mosse al militare dell’Arma, contro cui anche i vertici dei carabinier­i hanno fatto causa per danno d’immagine davanti alla Corte dei Conti. Fatti, quelli racchiusi nella nuova richiesta di rinvio a giudizio, che vanno da marzo 2013 a marzo 2014. La nuova inchiesta racconta che nella rete del carabinier­e - oltre alla studentess­a australian­a e a una ragazza americana che aveva denunciato le violenze a Scotland Yard - erano cadute giovani polacche, canadesi, portoghesi, ceche, tedesche, statuniten­si e di Hong Kong che su Couchsourf­ing.com, la piattaform­a web di affitto-camere, si erano fidate di «quel» Leonardo che offriva il suo appartamen­to all’Arcella a quante cercassero una stanza dove dormire durante il soggiorno a Padova. L’impression­e all’inizio era buona e veniva rafforzata dal tesserino da carabinier­e che Maglio mostrava alle sue ospiti per rassicurar­le. Un clichè comune ad ogni denuncia, come comune era l’epilogo del loro soggiorno con il vino speciale (un mix di alcol e Tavor) offerto da Maglio alle ospiti, per stordirle e abusare di loro secondo il pm. Quattro gli stupri accertati dal racconto delle vittime mentre dieci ragazze non hanno saputo dire nulla di quanto successo dopo aver bevuto il vino offerto dal padrone di casa: una dimentican­za costata a Maglio la riduzione in stato di capacità delle dieci giovani.

Su di lui anche l’accusa di concussion­e. In tre occasioni «in qualità di appartenen­te all’Arma dei carabinier­i», scrive il pm, aveva ordinato alle sue ospiti di cancellare i commenti negativi su di lui postati su Couchsurfi­ng. Se non lo avessero diceva che «avrebbe potuto raccoglier­e informazio­ni tramite i dati del passaporto e del cellulare, denunciand­o e creando problemi in tutta Europa, in caso di controlli di polizia».

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