Chiusa l’inchiesta sul carabiniere stupratore, Sedici (in tutto) le vittime di Maglio
Quando nell’aprile 2014 la squadra Mobile aveva bussato alla porta del suo appartamento a Padova, quartiere Arcella, si pensava fosse un caso isolato. Nessuno poteva pensare che il nome di Dino Maglio (foto), 38 anni ora, all’epoca carabiniere a Teolo, facesse rima con l’accusa di essere un violentatore seriale, nonostante la denuncia di una diciassettenne australiana che prima di tornare dall’altra parte del mondo aveva raccontato in questura di essere stata drogata e stuprata dall’uomo che ospitava lei e la madre a Padova.
Da quel giorno, il diluvio. La denuncia della diciassettenne australiana che diventa una condanna a sei anni e mezzo e altre quattordici ragazze, tutte ospitate dal carabiniere, che prendono coraggio e raccontano di essere state abusate da lui. Un’inchiesta arrivata al capolinea, con il pm Giorgio Falcone che nei giorni scorsi ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio per Maglio, oggi ai domiciliari a Tricase, Lecce. Violenza sessuale aggravata, stato di incapacità procurato mediante violenza e concussione le accuse mosse al militare dell’Arma, contro cui anche i vertici dei carabinieri hanno fatto causa per danno d’immagine davanti alla Corte dei Conti. Fatti, quelli racchiusi nella nuova richiesta di rinvio a giudizio, che vanno da marzo 2013 a marzo 2014. La nuova inchiesta racconta che nella rete del carabiniere - oltre alla studentessa australiana e a una ragazza americana che aveva denunciato le violenze a Scotland Yard - erano cadute giovani polacche, canadesi, portoghesi, ceche, tedesche, statunitensi e di Hong Kong che su Couchsourfing.com, la piattaforma web di affitto-camere, si erano fidate di «quel» Leonardo che offriva il suo appartamento all’Arcella a quante cercassero una stanza dove dormire durante il soggiorno a Padova. L’impressione all’inizio era buona e veniva rafforzata dal tesserino da carabiniere che Maglio mostrava alle sue ospiti per rassicurarle. Un clichè comune ad ogni denuncia, come comune era l’epilogo del loro soggiorno con il vino speciale (un mix di alcol e Tavor) offerto da Maglio alle ospiti, per stordirle e abusare di loro secondo il pm. Quattro gli stupri accertati dal racconto delle vittime mentre dieci ragazze non hanno saputo dire nulla di quanto successo dopo aver bevuto il vino offerto dal padrone di casa: una dimenticanza costata a Maglio la riduzione in stato di capacità delle dieci giovani.
Su di lui anche l’accusa di concussione. In tre occasioni «in qualità di appartenente all’Arma dei carabinieri», scrive il pm, aveva ordinato alle sue ospiti di cancellare i commenti negativi su di lui postati su Couchsurfing. Se non lo avessero diceva che «avrebbe potuto raccogliere informazioni tramite i dati del passaporto e del cellulare, denunciando e creando problemi in tutta Europa, in caso di controlli di polizia».