Fisco e mazzette, prime ammissioni Il manager di Cattolica davanti al pm
Milone interrogato per quattro ore, l’inchiesta si allarga grazie a nuove rivelazioni
È entrato nell’ufficio del pm Stefano Ancilotto all’una ed è uscito quattro ore dopo, accompagnato da tre agenti penitenziari. Dopo le prime due testimonianze raccolte tre giorni fa (i nomi sono stati coperti dal massimo riserbo) e dopo le prime ammissioni da parte dei figli dell’imprenditore Aldo Bison, Fabio e Lara, ieri è arrivato un tassello importante per il pm che sta indagando sul sistema di corruzione interno all’Agenzia delle Entrate per «accomodare» le sanzioni fiscali. Giuseppe Milone, responsabile amministrativo della Cattolica assicurazioni, è stato il primo degli arrestati a presentarsi di fronte al rappresentante dell’accusa, affiancato dal suo avvocato Loris Tosi. Un’interrogatorio lungo, a cui hanno partecipato anche diversi finanzieri del Nucleo di polizia tributaria, al termine del quale tra gli inquirenti c’era soddisfazione. Pare infatti che Milone abbia dato elementi utili alle indagini non solo per quello che riguarda i capi d’imputazione che lo vedono coinvolto, ma anche per possibili allargamenti dell’inchiesta.
D’altra parte fin dal primo giorno si è detto che i 16 arresti di venerdì scorso sono stati solo l’inizio: in altri fascicoli stralciati ci sarebbero almeno una decina di ulteriori indagati, Nella rete della Guardia di finanza sono finite 16 persone. Tra loro, uomini del Fisco, finanzieri imprenditori e professionisti le cui posizioni sono al vaglio, soprattutto all’interno dell’Agenzia. Già nelle intercettazioni della Finanza c’erano dei passaggi in cui si parlava di altri soggetti che avevano sempre dato una mano alla «cricca» ed è probabile che sia qui che gli inquirenti vogliono arrivare, convinti come sono che quelle della mazzetta fosse un modus operandi diffuso. Quella di Milone però è una posizione circoscritta all’episodio che riguarda la compagnia assicurativa veronese: secondo l’accusa, lui e Albino Zatachetto (ex dirigente e ora segretario del presidente di Cattolica, Paolo Bedoni), avrebbero ottenuto un maxi sconto fiscale da 8,8 a 2,6 milioni di euro in cambio della promessa di incarichi alla compagna di Elio Borrelli, il dirigente dell’Agenzia delle Entrate di Venezia ritenuto al vertice della «cricca» e un paio di Rolex da 10 mila euro ciascuno al finanziere Vincenzo Corrado (a cui era stata promessa anche l’assunzione una volta che avesse smesso la divisa) e all’altro dirigente del fisco veneziano Christian David.
A una settimana dagli arresti di quella che è stata definita «la più grande inchiesta per corruzione degli ultimi anni a Venezia dopo il Mose», dunque, la situazione è in continuo movimento. Tutti e 16 gli arrestati sono stati interrogati e molti di loro hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, tra cui Borrelli e quello che per l’accusa sarebbe stato il suo braccio destro, ovvero Massimo Esposito, ex direttore della sede di Venezia dell’Agenzia: Borrelli ed Esposito si sarebbe infatti divisi i 140 mila euro di mazzette ricevute da Bison e avrebbero dovuto fare lo stesso con i 50 mila promessi dal commercialista chioggiotto Augusto Sartore per risolvere la situazione di una società da lui seguita. A rispondere sono stati in pochi: i due finanzieri Corrado, in servizio al comando regionale del Veneto, e Massimo Nicchiniello, comandante del Nucleo di polizia tributaria di Siracusa, la commercialista trevigiana Tiziana Mesirca, lo stesso David, tutti per negare le accuse di corruzione. Il prossimo round sarà dunque di fronte al tribunale del riesame, dove sono arrivati i primi ricorsi contro l’ordinanza: li hanno già presentati gli avvocati Carlo Broli per Mesirca, Fabio Crea per Corrado, Aldo Ganci per Nicchiniello. Nei prossimi giorni dovrebbero anche arrivare quelli degli imprenditori Paolo Maria Baggio e Paolo Tagnin (avvocato Alessandro Rampinelli), mentre Fabio Pinelli, legale di Esposito, lo sta ancora valutando.