Liceale rimandata, i genitori vanno al Tar
La ragazza ha problemi di attenzione, disatteso il «piano didattico personalizzato»
VERONA Ha tre insufficienze che dovrà recuperare a settembre. Lei è una liceale veronese la cui famiglia ha deciso di ricorrere al Tar. La ragazza soffre di due disturbi specifici dell’attenzione (Dsa): dislessia e discalculia. Entrambi sono stati certificati e per questo con la scuola è stato predisposto un «piano didattico personalizzato». Ma secondo i parenti della studentessa durante quest’anno scolastico non è stato applicato. Da qui il ricorso.
Nel cartellone dei voti si è ritrovata tre insufficienze, tutte in materie molto importanti. Come molti altri compagni dovrà ritornare a settembre per quelli che una volta si chiamavano «esami di riparazione», ora recupero dei debiti formativi.
Ma la famiglia non ci sta, e ricorrerà al Tribunale amministrativo regionale di Venezia. Questa volta non c’entrano niente gli scontri tra parenti e insegnanti, né l’impressione di essere stati presi di mira. Questa volta la delusione di un anno scolastico negativo è direttamente correlata al mancato adeguamento dell’offerta didattica per una studentessa «in difficoltà», con tanto di certificato medico. Così afferma la ricostruzione dei genitori, che hanno deciso di passare alle vie legali. È accaduto in un liceo della provincia, dove la ragazza in questione frequenta il terzo anno.
«Più che i voti e i debiti formativi - spiegano il padre e la madre - abbiamo deciso di fare ricorso perché nostra figlia non è stata seguita come prevede la legge». Alla studentessa, infatti, sono stati diagnosticati due disturbi specifici dell’attenzione (Dsa): dislessia e discalculia, mentre frequentava il primo anno delle superiori. Questo dà diritto, secondo una normativa del 2010, a un «piano didattico personalizzato», ossia uno strumento, compilato dal consiglio di classe, che possa tenere conto delle necessità degli studenti che abbaino una diagnosi di questo tipo. Si tratta, formalmente di una forma di aiuto, e proprio per questo, di recente, il mondo della scuola ha stabilito di accettare solo diagnosi da medici convenzionati e non da liberi professionisti, per evitare truffe. Non è questo il caso della famiglia che presenterà ricorso: la studentessa è stata visitata da un medico dell’Usl. La scuola, del resto, ha riconosciuto il piano didattico alternativo, solo che - denunciano i genitori - non è mai stato applicato. «L’anno scorso - spiegano - è stato presentato a marzo. Quest’anno? È come se quel documento non fosse mai stato recepito da alcuni insegnanti». Qualche esempio: il piano didattico alternativo dispone, di solito e anche in questo caso, che vengano predisposte verifiche diverse dal resto della classe. «Abbiamo richiesto un accesso agli atti - proseguono i genitori - e abbiamo visto che, in particolare per alcuni materie i compiti in classe erano uguali a quelli a cui si sono sottoposti gli altri studenti. Nostra figlia è stata persino interrogata più volte in uno stesso giorno, quando questo, secondo il piano non doveva accadere. Ci dispiace, non solo per gli esiti scolastici, ma per la mancanza di preparazione di alcuni professori nell’affrontare questo problema». Una situazione, quella raccontata, che potrebbe essere più comune di quello che si pensa: sono 2.500, in tutto, le diagnosi di disturbi dell’apprendimento in provincia e coinvolgono circa il 2,5% della popolazione scolastica. In quasi tutte le scuole, c’è almeno uno studente che deve fare i conti con la dislessia o altre difficoltà simili.