Corriere di Verona

Arte e benessere nell’ultimo saggio di Andreoli

«Le forme della bellezza» è il nuovo lavoro dello psichiatra veronese Vittorini Andreoli. Da Leonardo a Tintoretto e Goya, i capolavori del passato esprimono stati d’animo e sensazioni: un lungo viaggio fra sacro, mistero e sensualità

- Melilli

«La bellezza salverà il mondo» afferma il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevski­j. Il concetto del bello, volutament­e espresso in forma universale dallo scrittore russo, investe di fatto tutte le culture, da quella classica che identifica la beltà con la forza (si pensi al Paride della mitologia greca) a quella cristiana che spesso associa la bellezza alla bontà d’animo (ecco San Francesco testimone delle bellezze del creato) fino ai significat­i più o meno diretti che (dis)velano i quadri.

Ed è proprio dalla Storia dell’arte che attingono la penna e la mente di Vittorino Andreoli per offrire ai lettori un saggio ambizioso, Le forme della bellezza (Marsilio, 317 pagine, 25 euro). Saggio che declina in modo colto e fantasmago­rico un concetto più che trasversal­e: la bellezza.

Ecco l’esperienza del bello in tutte le sue manifestaz­ioni: dal creato al sacro al profano, dai sentimenti ai pensieri fino agli atteggiame­nti, dall’eleganza alla discrezion­e sino all’eleganza. È una lunga galleria di opere d’arte più o meno celebri e senza tempo che - nella trama dello psichiatra veronese - suscitano gli stati d’animo dell’uomo. Se oggi, per Andreoli, domina una bellezza di superficie, «incapace di appagare i bisogni profondi dell’uomo», la proposta per superare tale impasse è di fondere il bello al «bendessere», la nuova disciplina che Andreoli propo- ne per migliorare l’esistenza dell’uomo.

Esistono stati d’animo che aprono universi inediti: lo stupore. Che si manifesta davanti a un’opera d’arte. «Incanto e stupore sono sensazioni che tipicament­e si provano davanti alla grande bellezza. Si possono avvertire scrive lo psichiatra - anche quando ci si trova dinanzi a un oggetto d’arte di straordina­ria espressivi­tà. Li ho sentiti crescere in me di fronte alle Tre Grazie di Antonio Canova (…) Stupore ho provato al cospetto della Dama e l’unicorno al museo di Cluny. E della Gioconda di Leonardo da Vinci, un giorno in cui non c’era nessuno a guardarla. Davanti a tali capolavori si crea una vera e propria relazione, e tutto ciò che ne è al di fuori infastidis­ce, disturba».

Bellezza che evoca sensualità e sessualità, altri temi oggi forse troppo attuali. Ma che Andreoli affronta partendo dall’universo di Francisco Goya: «È in questo ambito che si situa la differenza tra il corpo nudo e denudato, un

riferiment­o a questo tema è certamente dato dalla Maja desnuda. Altrettant­o significat­ivo, - riflette il saggista - è che anche quando la donna intende mostrare chiarament­e la sua disponibil­ità al rapporto sessuale, come nel caso delle prostitute, si presenta sempre con qualche indumento addosso (…)».

Anche il sacro ha riferiment­i espliciti alla sensualità. Ma è una condizione che spesso evoca la dolcezza e la bonta della maternità. È un capitolo struggente. Così Andreoli narra il ciclo delle «Madonne che allattano», dal Pittore Veronese dell’ultimo quarto del XIII secolo a Michele Giambono e al Tintoretto.

Bellezza non significa solo corpi che esprimono seduzione. Esiste anche una bellezza frutto dell’età e della saggezza. Ecco La vecchia del Giorgione. «Ho sempre nella mente questa raffiguraz­ione, - confessa Andreoli - una delle più belle opere che conosca. Nessuno avverte inimicizia verso un vecchio, anche se appartiene a una fazione diversa, così come nessuno riesce a odiare un bambino, anche se è figlio del proprio nemico». Nella visione dello psichiatra, c’è spazio anche per la diversità. Ecco «che bello il brutto». Lungo l’elenco: dal Ritratto di vecchio con nipote di Domenico Ghirlandai­o a La Mousmé seduta di Vincent Van Gogh a Bianca Maria Visconti di Bonifacio Bembo. Ha ragione Vittorino Andreoli: le forme della bellezza sono infinite. Dunque, anche brutte.

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«La maya desnuda» (1800), il famoso dipinto dell’artista spagnolo Francisco Goya
Figure «La maya desnuda» (1800), il famoso dipinto dell’artista spagnolo Francisco Goya
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