Dal patto di Cisano all’abbraccio a Renzi Così è finita un’era
Dal Patto di Cisano all’abbraccio a Renzi I dieci anni del sindaco: prima sceriffo, poi moderato e alla fine «solo al comando»
Bye bye, Tosi. Verona saluta quello che per dieci anni, nel bene e nel male, è stato l’epicentro politico della città. E prima ancora di guardare a cosa ci sia dietro l’angolo (per lui e per la politica cittadina) è giusto riepilogare alcune delle molte cose che sono accadute in questo decennio.
L’arrivo
L’era Tosi si apre il 27 maggio 2007. A capo della coalizione di centrodestra (che allora si chiamava Casa delle Libertà) stravince al primo turno, trionfando sul centrosinistra del sindaco uscente Paolo Zanotto (60,7% contro 33,8). Le foto di quei giorni sembrano d’un altro secolo: brindano felici i fratelli Giorgetti, Aldo Brancher, Ettore Peretti, Annamaria Leone, Alfredo Meocci (che si era ritirato da candidato sindaco, dopo una spettacolare riunione con Berlusconi, Bossi, Tremonti e Calderoli, nella casa di Brancher a Cisano di Bardolino). I leghisti gridano «Bossi, Bossi!». Tra gli eletti di An, al terzo posto, c’è un giovane dall’aria distinta: si chiama Federico Sboarina, non è molto conosciuto, qualcuno si azzarda a dire che farà carriera.
Lo sceriffo
L’esordio del primo mandato è caratterizzato dal tema dell’ordine pubblico e dai… salti in alto. Durissime disposizioni alla Polizia Municipale fanno sì che i moltissimi venditori abusivi che occupavano il Liston e via Mazzini, in breve tempo spariscano. E quasi non passa giorno senza che Tosi venga fotografato e ripreso dalle Tv mentre salta agilmente da una finestra all’interno di un edificio occupato abusivamente. È l’epoca del «sindaco sceriffo», che farà scuola e diventerà un modello per mezza Italia.
I grandi progetti
Comincia la telenovela del Traforo delle Torricelle. La Technital prende le redini del progetto, che però si trascinerà tra mille problemi (e mille contestazioni) per tutto il decennio. Proprio sul Traforo nasce il primo scontro col giovane di cui parlavamo sopra, Federico Sboarina, che da assessore all’Ambiente esprime forti dubbi sul progetto Technital, provocando l’ira del sindaco, destinata a diventare un tornado politico. Un’altra «grande opera» si trasforma: la tramvia (nata da un’idea di molti anni prima, del sindaco Aldo Sala) diventa filovia ed Enrico Corsi promette che «entro il 2015 cambierà volto alla città» Terzo grande progetto, il termovalorizzatore di Ca’ del Bue, in ballo da decenni ma che non è stato mai realizzato e... mai lo sarà.
La spaccatura
È l’epoca del vento in poppa, di Tosi sempre ai primissimi posti nelle classifiche dei sindaci più amati d’Italia. Qualcosa però s’incrina, nella maggioranza. I fratelli Giorgetti (assieme al giovane di cui dicevamo prima, quello Sboarina che era divenuto assessore allo Sport e all’Ambiente, arrivando a battagliare a lungo con Vito Giacino per la carica di vicesindaco, poi ottenuta dal secondo) prendono le distanze. Fino alla spaccatura, con Tosi e parte degli ex forzisti da una parte e il Pdl dall’altra.
La rielezione
Arrivano le elezioni del 6 maggio 2012. Che Tosi stravince, conquistando il 57% e lasciando Michele Bertucco (centrosinistra unito, allora) al 23 e Luigi Castelletti (Pdl e Udc) sotto il 9%, superato anche dal grillino Gianni Benciolini col 9,36. Nasce forse qui il mito del «solo contro tutti» che caratterizzerà sempre di più la seconda parte dell’era tosiana. Il sindaco, mai stato in grande sintonia con Bossi, è il grande protagonista della «notte delle scope» che segnerà la fine del Senatùr. Tosi ha un patto con Salvini e Maroni (lui sarà il candidato a premier, Salvini avrà la segreteria del partito e Maroni la guida della Lombardia). Patto che sfuma tra baruffe feroci, portando all’espulsione di Tosi dal Carroccio. E nei primi mesi del 2015 (nonostante i tentativi di mediazione di una giovane senatrice, tale Patrizia Bisinella) il sindaco si ritrova senza partito. Ne fonda allora uno (Fare!) che ha sei parlamentari e che si colloca nel centrodestra ma con un dialogo privilegiato con Matteo Renzi.
Le grane
Nel frattempo il «vento delle umane cose» che secondo Shakespeare porta al successo o alla rovina, pare cambiato. E scoppiano le grane. La più grossa è quella che vede l’arresto del vicesindaco Vito Giacino, vero «uomo forte» della compagine tosiana. Giacino (accusato dalla lettera anonima di un «corvo» poi trasformata in esposti alla Procura da parte di esponenti dell’opposizione) finisce in carcere il 17 febbraio 2014. Scoppia il «caso Giorlo» (con allontanamento dell’assessore, che peraltro sarà prosciolto da ogni accusa dai magistrati) e piovono articoli di giornali che ipotizzano rapporti con la criminalità organizzata. E in città, arresti al vertice dell’Agec…
Gli intoppi
Intanto i grandi progetti s’impantanano. Il Traforo è fermo. Il filobus partirà solo alla fine del 2016, ma molto lentamente. Il restauro dell’Arsenale vede la fine di un progetto (Rizzani De Eccher) e la nascita di un altro (Italiana Costruzioni), la cui gara d’appalto dovrebbe concludersi tra 23 giorni (ma la nuova Amministrazione si è detta anche disposta a pagare la penale milionaria, pur di fermarlo). Anche il progetto Passalacqua va a rilento. E alcune idee creano più polemiche che altro, a partire dal Cimitero Verticale, mentre le opposizioni si scatenano contro l’arrivo di Adigeo e di altri insediamenti commerciali. Intanto, come dice la canzone «a musica è finita, gli amici se ne vanno»: il gruppo di Stefano Casali abbandona il sindaco e passa con quel giovane Sboarina che abbiamo sopra citato. Se n’era andato Michele Croce (dimissionato dall’Agec) se ne andranno, consiglieri e presidenti di Circoscrizione, ma soprattutto consiglieri comunali, paralizzando i lavori a Palazzo Barbieri. Tosi sembra accerchiato. L’appoggio al Si nel referendum di Renzi, il 4 dicembre scorso, porta più scontri che benefici. Il resto è cronaca.