Bpvi, correntisti in fila per chiedere lumi I dipendenti: futuro ignoto anche a noi
«Ci aspettavamo molte persone arrabbiate, come ci è capitato più volte in questi anni. La fila c’era ma la gente ci ha chiesto solo qualche ragguaglio sul futuro». Questa dichiarazione di uno sportellista di una filiale della Banca Popolare di Vicenza, ben riassume quanto è avvenuto ieri nelle varie sedi della due banche venete che a seguito del decreto firmato domenica dal Consiglio dei ministri, possono ora considerarsi di proprietà di Intesa SanPaolo.
Gli aggiornamenti su quanto avvenuto nel corso del fine settimana si trovano nei siti web degli istituti di credito, ma c’è chi ha preferito accertarsi di persona. Senza particolari allarmismi, né tantomeno corse a chiudere i conti. Anche se, come precisa Valter Rigobon, presidente di Adiconsum regionale: «I dipendenti non sono tenuti a spiegare quanto è successo perché non c’è stato formalmente il passaggio degli asset delle ex popolari a Intesa e solo quando questo avverrà i lavoratori avranno istruzioni sul da farsi».«Cosa cambi di fatto per la verità, non lo sappiamo nemmeno noi - ammette Ugo Rizzoli, direttore della filiale della Popolare in Corso Padova a Vicenza - ma di certo oggi ci sentiamo in grado di tranquillizzare i clienti più di quanto potessimo fare venerdì scorso. Per quanto riguarda i dipendenti dichiarati in sovrannumero e in più penalizzati dall’azzeramento del valore delle azioni, rientrare nel fondo esuberi di Intesa, sicuramente più corposo del nostro, spero dia qualche certezza in più». I commenti dei clienti dei due Istituti sono piuttosto in linea: al di là dell’amarezza per aver perso un punto di riferimento territoriale, cioè quella che era considerata la banca di casa, aver evitato il bail-in e ulteriori danni fa tirare un piccolo sospiro di sollievo. «Andiamo avanti come abbiamo fatto sinora», dicono due rassegnate clienti, Dorotea e Margherita, all’uscita della filiale della Popolare di S. Pio X a Vicenza. Margherita ha perso i propri investimenti e dunque non si preoccupa più di quanto non abbia già fatto: «Crollata la casa non è che ti stai a preoccupare se hai lasciato la porta aperta, cerchi di salvare il salvabile».
«Speriamo che i nuovi ricomincino dal territorio e che chi ha provocato tutto questo paghi», ci dice con un certo astio il signor Paolo all’uscita della storica sede di Contra’ Porti nel cuore della città, mentre nel quartier generale, in via Battaglione Framarin, non si sono registrati assembramenti, né sono state segnalate proteste. Finite le lacrime, il titolo del famoso film di Troisi «Non ci resta che piangere», può da oggi essere cambiato in «Non ci resta che attendere».