La Lega: «Noi voteremo contro il decreto». Baretta: «È il partito del fallimento»
Anche Zanetti e M5s per il no; Mdp e Fi: «Critici ma responsabili»
La Lega apre la guerra al decreto sulle banche venete. «Non si votano decreti come il salva-banche, un salasso ai danni di tutti gli italiani che non salverà peraltro i risparmiatori veneti», ha detto ieri il segretario Matteo Salvini, che ha invitato anche gli alleati (leggi Forza Italia) a «non avere tentennamenti». L’appello ha sorpreso il presidente del consiglio Regionale del Veneto Roberto Ciambetti: «Ha detto così, Salvini? Avrà letto il decreto e visto cose che creeranno problemi, a partire dal fatto che Intesa utilizza questa criticità per sistemare affari suoi, come gli esuberi». Il segretario veneto Gianantonio Da Re che ieri ha incontrato Salvini in via Bellerio spiega il senso: «Se arriva Banca Intesa, una parte dell’economia veneta se ne va. Con questo decreto il governo non ha fatto la stessa operazione di Mps, che ha avuto iniezione di liquidità e salvaguardia della banca: invece qui le banche venete spariscono». Dunque la Lega che è il partito che governa il Veneto, in Parlamento voterà contro il decreto che evita il fallimento delle banche venete.
«Il partito di chi vuol far fallire le banche venete c’è - osserva caustico il sottosegretario all’Economia Piera Paolo Baretta - Se il decreto non venisse approvato, le due banche fallirebbero e quindi avremo un disastro per l’economia del Veneto, esattamente la cosa che avremmo voluto evitare». Al partito dei contrari al decreto si ascrive anche il M5S che, come la Lega, chiede la nazionalizzazione: «Un affarone con i soldi pubblici per Intesa e alla fine dei conti si socializzano debiti e privatizzano i profitti - riassume il deputato Emanuele Cozzolino - . Faremo emendamenti per migliorare il decreto ma porranno la fiducia e alla fine non lo voteremo». E si ascrive anche Scelta Civica. «Non ci penso nemmeno a votare il decreto - mette in chiaro il segretario, Enrico Zanetti - Sorprendente che l’Europa abbia ritenuto aiuto di Stato lo schema di prima e non questo. Facendo da solo la ricapitalizzazione, senza il miliardo e due dei privati, lo Stato avrebbe tirato fuori 7 miliardi prendendo anche l’attivo delle venete, non i 17 che sborsa solo per le perdite». Secondo il deputato di Sc, Padoan avrebbe dovuto forzare con l’Europa, mettere i soldi e lasciare che si aprisse la procedura d’infrazione. «La sentenza sarebbe arrivata dopo 18 mesi, durante i quali si aveva il tempo di trovare capitali privati, resi fiduciosi dall’intervento governativo». Ipotesi impercorribile, ribatte Baretta. «A parte che l’apertura di una procedura è già un danno in sé, non c’era bisogno di aprire l’infrazione per poi aspettare i capitali privati - obietta il sottosegretario era già chiaro che lo Stato ci credeva e non voleva il bail in: è stata questa la vera battaglia con l’Europa». Quello di Intesa è il piano B. Il piano A del governo era l’intervento precauzionale. «L’intenzione era nazionalizzare per due o tre anni, ma l’Europa ha chiesto capitali privati per 1,2 miliardi però non ci sono stati privati disponibili - ricorda Baretta - Non restava che accettare il fallimento o effettuare l’intervento pubblico accettando le offerte formalizzate. Ne è arrivata una sola, quella di Intesa».
E qui Forza Italia, Mdp, Civici e Innovatori che voteranno il decreto cercando però di migliorarlo in aula, un po’ di spiegazioni le vogliono. Il New York Times anche ieri è ritornato sulla notizia che i fondi d’investimento Sound Point Capital, Cerberus, Attestor and Varde il 30 maggio avrebbero offerto attraverso Deutsche Bank 1,6 milioni «tuttavia l’offerta non sarebbe stata seguita da Roma». «Abbiamo chiesto che il governo venga a riferire in aula - ricorda Davide Zoggia, Mdp Bisogna chiarire come mai l’offerta straniera non è stata presa in considerazione, se si poteva fare meglio, che fine fanno sportelli e dipendenti, come si prova a rilanciare». «Il governo deve chiarire sulla disponibilità di cui parla il New York Times - ribadisce Domenico Menorello, Civici e Innovatori - E spiegare se cercavano uno che si accollasse solo gli asset buoni: forse qualcuno che offrisse più di un solo euro, lo si trovava». «Il governo in aula darà tutti i chiarimenti, tutto si è svolto nella massima trasparenza - assicura Baretta - Quanto alle altre offerte, non sono mai state formalizzate. Sono emerse come opinioni». Anzi, aggiunge la senatrice dem Laura Puppato, «il governo ha voluto evitare l’aggressione esterna e lo spezzettamento - assicura - Io ho partecipato alla ricapitalizzazione, ci credevo. Altri no. Ho perso 15mila euro». «Dobbiamo migliorare le garanzie per i risparmiatori annuncia Alberto Giorgetti, Forza Italia - Non sono accettabili i diktat di Intesa che parla di contratto nullo se il decreto sarà cambiato in aula: il Parlamento deve tutelare gli interessi del territorio, non della banca». «Il Parlamento è sovrano», conviene Baretta.