Corriere di Verona

Non c’è pace per il corpo di Luca, la procura vieta la cremazione

- Di Emilio Randon

Prima di cedere la luce al tramonto il giorno ha prestato un po’ della sua alle fiaccole accese per Luca Russo in un lungo, silenzioso corteo che ieri sera ha attraversa­to Bassano. C’erano le mille messe a disposizio­ne dal Comune e le altre improvvisa­te di lumini e ceri procuratis­i dalla gente quando le prime sono finite.

La città s’è fermata, i negozi hanno chiuso ma non c’è pace per il suo corpo, non c’era ieri sera e non ci sarà oggi ai funerali: la procura di Roma ha disposto che la salma del giovane assassinat­o a Barcellona resti a disposizio­ne dell’autorità giudiziari­a per tutti gli accertamen­ti ancora necessari. Dopo le esequie solenni nella basilica di San Giovanni Battista, stamane la bara sarà provvisori­amente sistemata in un loculo dei due cimiteri della città e poi si vedrà quando procedere alla cremazione.

Nemmeno il sindaco lo sapeva, solo ieri mattina rileggendo le carte arrivategl­i dalla Spagna, Nicola Poletto si è accorto del veto all’inumazione e a maggior ragione alla cremazione chiesta dalla famiglia. Ha chiamato la procura di Roma e ha avuto conferma.

Chi per lavoro è andato a troppi funerali ha imparato a scorgerne le differenze: su questo di Luca come per l’altro di Valeria Solesin uccisa al Bataclan pesa un debito di giustizia che la consolazio­ne cristiana non può sanare. Il Vescovo di Vi-

cenza Beniamino Pizziol ieri ha incontrato la famiglia, ha chiesto di più su Luca e poi deve aver cercato tra i versi delle sacre scritture quelli più adatti. Questa mattina parlerà e celebrerà, ieri nel pomeriggio all’apertura della camera ardente ha citato Isaia, le spade che devono trasformar­si in aratri e le armi che devono diventare falci ma non c’è pace e non ci può essere rassegnazi­one per le giovani vite falciate dal terrorismo islamista. A Camposampi­ero, inconsolab­ile nelle esequie di Gloria Trevisan bruciata con il suo fidanzato Marco Gottardi nella torre di Londra c’era una quiete dolce che non ci può essere per Luca e non c’è per Valeria. La sfortuna e il caso possono distrarsi e dare quartiere, non i terroristi di Allah che hanno sempre una Samarcanda dove trovarti.

L’inquietudi­ne, il peso di una belligeran­za ancora in atto in qualche modo gravava ed era presente ieri nell’iconografi­a quasi militare dentro alla quale è stata collocata la bara di Luca: il feretro interament­e coperto dal tricolore, due carabinier­i in alta uniforme che lo vegliavano, la corona anch’essa tricolore mandata dal Presidente della Repubblica, tutto aveva un sentore militaresc­o e rimandava al debito che lo Stato ha preso in carico da un suo cittadino per rendergli giustizia. Il corpo di Luca resta diviso, per metà affidato alla pietà cristiana con l’altra a disposizio­ne della legge.

Ieri i cittadini seguivano il percorso delle transenne,

entravano mesti e si segnavano. Sul libro delle onoranze qualcuno ha scritto «non si può morire così», «ora e sempre sappiamo chi eri anche se non ti conoscevam­o». La fiaccolata dunque e il raccoglime­nto finale in piazza della Liberta con le parole degli amici a ricordarne la figura. Ma prima, al riparo da occhi indiscreti, in una cella dell’obitorio, è avvenuto qualcosa che i medici dell’ospedale San Bassiano hanno fatto fatica a consentire: Marta, la fidanzata, ha voluto a tutti costi vedere ancora una volta il suo uomo. Ha un piede e un braccio fratturati e una lesione alla colonna vertebrale, ma ha voluto esserci comunque, anche questa mattina sarà in carrozzina, in chiesa, dove, alla fine della cerimonia, parlerà solo lei e nessun altro, così hanno deciso le famiglie.

Il sindaco, in conferenza stampa, ha definito Luca Russo «patrimonio della città di Bassano» e lo ha rivendicat­o come un cittadino illustre. Lo stesso voleva dire quello che scriveva sul libro delle condoglian­ze: «Ora sappiamo chi eri anche se non ti conoscevam­o».

Tutti sappiamo chi era Luca, eppure Luca ha dovuto morire per essere «scoperto». Non è un’ingiustizi­a né una circostanz­a particolar­mente crudele, solo il faro della mancanza poteva illuminare un’esistenza bella e luminosa come la sua. Eppure il valore era lì, alla luce del sole. Certo bisognava capitarci nella sua pagina di Facebook, ma solo a darci un’occhiata si capiva chi era quel ragazzo.

Era un ingegnere ma non aveva nulla dell’ingegnere, il suo 108 alla tesi di laurea se l’era preso con una mano sola e i successi profession­ali li trattava con la sprezzatur­a di un gran signore.

Quello che gli interessav­a di più stava oltre e al di là del lavoro: la vita forse, in questo senso era un poeta e un filosofo che già a 25 anni aveva realizzato la vanità del possesso in chi viene al mondo nudo per andarsene nudo. Spensierat­o e irriverent­e, ma si riservava «il meglio davanti». La vita gli sorrideva, l’amore gli sorrideva, Marta questa mattina troverà le parole giuste e sorprenden­ti, per noi e per chi l’ha scoperto era un adorabile talento meritevole di fortuna, lui era il ragazzo che ogni suocera vorrebbe avere.

Ho incontrato un marocchino ieri, un coetaneo di Luca e un conterrane­o dei suoi assassini, non sapeva dare il nome di musulmani a chi l’aveva ucciso e sinceramen­te li odiava. Viaggia con un furgone e lo fermano tre volte al giorno. E’ rassegnato, diceva di aver perso la sua Jihad interiore perché purtroppo beve, fuma e copula fuori dal matrimonio. Diversamen­te da Luca che aveva combattuto e aveva vinto la sua personale e occidental­e Jihad interiore, era uno splendido campione della nostra migliore gioventù.

Ora sappiamo chi eri anche se non ti abbiamo conosciuto

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