Corriere di Verona

«Al funerale di Luca vorrei esserci»

- Eleonora Dal Bosco

«C antaci una canzone. Una canzone che ci tenga caldo. C’è un tale freddo». È una strofa di Exit music ( for a film) la canzone dei Radiohead che Paula O’ Rourke, nata a Boston 54 anni fa, ascolta tornando a casa. È infermiera, ma suona in una band mitica, Eric Burdon & The Animals, autori di Don’t let me

be misunderst­ood. Da anni vive a Barcellona. Poco prima ha accarezzat­o il volto di Luca nei suoi ultimi attimi di vita. È scossa. Tre giorni dopo posta su Facebook un messaggio per i genitori del ragazzo in cui racconta di essersi presa cura di lui. «I’m so sorry» dice, e lo ripete, ancor prima di iniziare l’intervista. Al telefono parla un americano stretto, colorato da anni di vita passata in Spagna, i silenzi di un persona che cerca le parole per spiegare qualcosa che non si può spiegare, si fa e basta. Che cosa può aggiungere su quegli attimi?

«Abito vicino al luogo della tragedia. Avevo capito che stava succedendo qualcosa di strano così mi sono sentita infermiera, non semplice civile, e mi sono precipitat­a. La prima impression­e è stata che fosse un incidente. Poi ho visto che chiedevano a tutti di rifugiarsi nei locali vicini e ho capito che si trattava di un attentato». Ma lei non è scappata...

«In quel momento è come se avessi avuto un “pilota automatico”, non pensavo a niente se non ad aiutare. Tutte le infermiere e i medici avrebbero avuto lo stesso atteggiame­nto. Mi è stato detto di andare dai feriti. Ho visto una squadra di persone su Luca, si capiva subito che la sua situazione era gravissima. Non c’era molto da fare». Perché è andata da Luca?

«Mi è sembrato il ferito più grave: era steso, muoveva solo la mano. Ho potuto assisterlo solo qualche attimo, prima che morisse, ma sono sicura che nel suo ultimo ricordo si è visto felice con la sua ragazza in vacanza. Ha aperto gli occhi e i nostri sguardi si sono incrociati, sentivo la sua speranza e stavo per avvertire i medici di tornare indietro. Ma poi ha guardato il cielo ed è finita così».

Il suo post è stato scritto in risposta all’appello della sorella Chiara?

«No, la sera dell’attentato ho scritto solo che ero stata accanto a un ragazzo che è morto. Ho scoperto il nome tre giorni dopo, l’ho riconosciu­to tra le foto delle vittime».

È rimasta in contatto con la famiglia di Luca? Ci sarà al funerale?

«Sì, siamo in contatto. E mi piacerebbe tanto esserci, ma sono in imbarazzo». Per quale motivo si è trasferita a Barcellona ?

«Perché mi sono innamorata della cultura e del fatto che qui la famiglia sia così importante, diversamen­te dall’America». Che canzone dedichereb­be a Luca?

«Gli dedicherei la canzone che stavo ascoltando di ritorno a casa quel giorno: Exit music

(for a film ».

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