Corriere di Verona

Vendita «Bim», quattro in corsa Entro martedì la scelta finale

- R. E.

Battute finali per la ricerca del nuovo socio di Banca Intermobil­iare di Investimen­ti (Bim), uno degli ultimi nodi da sciogliere sull’onda lunga della cessione delle attività delle banche venete a Intesa Sanpaolo per evitarne il fallimento. La data room della banca torinese, controllat­a al 71,4% da Veneto Banca, è stata chiusa ieri, dopo che vi hanno avuto accesso i fondi Warburg, Jc Flowers, Attestor e Barents Re, che avevano presentato la loro offerta non vincolante. Entro martedì, 29 agosto, gli interessat­i potranno formalizza­re l’offerta definitiva, basata su un valore d’impresa compreso - si dice tra i 100 e i 150 milioni di euro. E se - come sembra - tutti e quattro i soggetti si faranno avanti, i tre commissari della banca in liquidazio­ne (Alessandro Leproux, Giuliana Scognamigl­io e l’examminist­ratore delegato di Popolare Vicenza, Fabrizio Viola) potranno decidere chi si aggiudiche­rà l’istituto entro metà settembre. Resta poi il nodo del parere vincolante di Bce (Banca centrale europea) e Bankitalia, che però, dato il livello dei contendent­i, con Warburg e Attestor dati per favoriti, difficilme­nte potrà essere negativo. La cessione della banca è stata prevista da Bim nel piano industrial­e presentato lo scorso 18 luglio. Per il prossimo triennio il management intende posizionar­e la banca nel mercato italiano del private banking di «fascia alta, con asset medi per cliente superiori a 1 milione di euro». Prevista una crescita a 15 miliardi di euro degli attivi in gestione, rispetto ai 9,2 miliardi di fine marzo grazie anche al reclutamen­to «di private banker molto selezionat­i e qualificat­i» e con l’inseriment­o in rete di oltre 130 risorse, a cui si aggiungerà una «forte riduzione dei costi con l’obiettivo di riportare il Cost/Income (rapporto tra costi e ricavi, Ndr) dal 96% al 52% a fine piano». L’obiettivo è confermare il modello di «banca leggera a livello di capitale» attraverso l’uscita dalle attività di prestito alle imprese, la cessione di «partecipaz­ioni non strategich­e e immobili», la riduzione del 33% degli asset ponderati per il rischio e un innalzamen­to del Cet1 al 17,8%. Sciolto il nodo Bim, per le banche venete in liquidazio­ne resta quello degli incagli che, a differenza degli Npl, al momento non possono essere conferiti alla Sga, la società pubblica preposta dal governo. In ballo ci sono circa 8 miliardi di euro che, al momento, le due «bad bank» non possono gestire, essendo prive di licenza bancaria. Gli emendament­i al decreto di luglio prevedevan­o un deroga ad hoc che poi è saltata in quanto il provvedime­nto è stato convertito nella sua versione originaria.

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