Autonomia, saranno due mesi cruciali
La tragedia dello snaturamento della politica consiste nel fatto che funzioni dirette e gestioni in house l’hanno intossicata.
Così ha abbandonato la sua sublime missione di esercitare il governo per lo sviluppo come opera di tessitura collettiva.
Sublime è il governo come «arte di servire» la comunità. Il guaio è stato accresciuto dall’operazione mediatica del racconto del miracolo veneto. Invece di denunciare e incalzare la diserzione della politica, il racconto l’ha fatta sparire in un cono d’ombra, legittimando il solo protagonismo dell’imprenditoria privata, peraltro nella versione più individualista che olivettiana.
La posta in gioco è se il referendum può diventare una tappa cruciale in un processo di ricomposizione tra elites di governo e popolo. A questo scopo sarebbe cruciale utilizzare questi due mesi che ci separano dal voto, per trovare delle intese sugli obiettivi e sulle competenze dell’autonomia.
Non solo è illusorio chiedere tutto, ma è addirittura sbagliato, denuncia l’assenza di un’idea di governo, appunto.
Due sono gli ambiti da cui ha senso cominciare fin da ora a disegnare un percorso istitutivo di autonomia: l’assetto idrogeologico del territorio, che nel riparto statale delle risorse vede il Veneto terribilmente penalizzato (meno del 2%!), ma esso si finanzia solo con spesa pubblica; la filiera della istruzione, formazione e servizi al lavoro dove la regione ha già le risorse umane, la cultura di autogoverno e gli strumenti operativi più congeniali per avere successo.