Tangenti sui morti, arresti all’obitorio
Borgo Roma, ai domiciliari 4 addetti alle celle funebri: soldi dalle imprese o la salma veniva «sistemata male». Coinvolto un quinto collega
«Tangentopoli dei morti» all’obitorio del Policlinico. La procura ne è certa: si sarebbero spartiti mazzette dai 50 ai 100 euro per garantire un servizio di adeguata sepoltura al caro estinto, i quattro addetti alle celle mortuarie dell’ospedale di Borgo Roma che ieri mattina sono stati arrestati sul luogo di lavoro.
All’obitorio del Policlinico l’operazione è scattata alle 11, quando si sono presentati gli agenti della Sezione della Polizia Giudiziaria e della polizia municipale di Verona per eseguire l’ordinanza di custodia cautelare. Associazione a delinquere finalizzata alla concussione: con questa accusa sono stati posti ai domiciliari Davide Franchini (detto «Caval»), 47 anni; Marco Dal Dosso (detto «Occhi azzurri»), 52 anni; Romolo Risegato, 64 anni; Alberto Colombini (detto «D’Artagnan»), 59 anni. Un loro quinto collega, al momento in quiescienza e dunque non in servizio, verrà sottoposto alla stessa misura cautelare su richiesta del pm Valeria Ardito, titolare dell’inchiesta, e ordine del gip Luciano Gorra, che a breve interrogherà gli arrestati.«È la nuova frontiera dei reati contro la pubblica amministrazione, la più deprecabile - commenta il procuratore Angela Barbaglio perché i responsabili, stando alle nostre indagini, andavano a lucrare sul dolore dei parenti. Una prassi che, da quanto finora emerso, si protraeva chissà da quanto tempo». Il modus agendi degli operatori coinvolti nel giro di bustarelle, secondo gli inquirenti, ormai sarebbe stato all’ordine del giorno: un sistema collaudato, incentrato su un presunto «cartello» tra i cinque addetti alle celle mortuarie, che avrebbero preteso il pagamento di denaro (50-100 euro per ogni defunto) da parte delle imprese di pompe funebri, con la garanzia di «conservare bene» le salme fino alle esequie. Altrimenti, se la ditta di onoranze funebri non avesse versato la mazzetta, rischiava di finire bersaglio di «piccole vendette» come salme sbarbate male o sistemate in modo raffazzonato, lasciate con un arto rigido, spettinate. Si definisce «ricomposizione del defunto» e, in concreto, si tratta di un servizio che comprende toelettatura, vestizione e tanatocosmesi (ovvero il trattamento della salma per renderla presentabile e in grado di lasciare un buon ricordo). All’obitorio del Policlinico, stando alla procura, il servizio «normale» sarebbe stato svolto solo per chi pagava, invece se l’impresa funebre non versava denaro la salma sarebbe stata restituita in condizioni compromesse. Il che significa che i parenti del caro estinto sarebbero rimasti delusi dalla prestazione e la ditta di onoranze avrebbe così rischiato di veder decrescere il proprio giro d’affari. Almeno una decina, al momento, le imprese coinvolte nella rete.
A maggio hanno preso il via le intercettazioni e le captazioni ambientali: oltre alle telefonate tra i colleghi dell’obitorio, sono state installate telecamere nascoste per le riprese.
A far aprire il fascicolo è stata una segnalazione in procura da parte dell’Azienda Ospedaliera di Verona ma anche ulteriori esposti da parte di un’impresa funebre e di Agec Onoranze: nel caso in cui si arrivasse a processo, sarebbero tutti soggetti qualificati a ottenere la costituzione di parte civile. Per l’Azienda, ovviamente, sarebbe anche possibile puntare a un risarcimento del danno d’immagine arrecato da una vicenda tanto grave e delicata.
Al momento però è prematuro ipotizzare qualsiasi scenario: da parte degli inquirenti, infatti, si tiene a precisare che l’indagine è tutt’ora in corso, anche per accertare se questo presunto meccanismo illecito incidesse sul costo del funerale. Nel frattempo, dall’Azienda ospedaliera arriva la rassicurazione ai cittadini che «questi provvedimenti giudiziari non influiranno sul regolare svolgimento dei servizi funebri in partenza dal Policlinico di Borgo Roma».
Un’inchiesta che segue di poche settimane quella aperta dalla procura di Padova:ventiquattro persone, dodici addetti all’obitorio e dodici titolari di imprese funebri, iscritti nel registro degli indagati per concorso in corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, falso ideologico in atto pubblico e truffa ai danni dell’ospedale. In quel caso, l’indagine coordinata dal pubblico ministero Maria D’Arpa ha preso il via ormai un anno fa in seguito agli esposti dei parenti di tre defunti morti tra ottobre e novembre 2015. A Padova, gli operatori socio sanitari dell’obitorio, che sono dipendenti dell’Azienda ospedaliera, sono accusati di essersi fatti consegnare 50 euro per vestire ciascun defunto, certificando che invece la salma era arrivata già pronta per essere sistemata nella bara. Un modus agendi assimilabile, quindi, a quello contestato ai 5 «cellisti» del Policlinico di cui è stato disposto l’arresto a Verona: «Effettivamente, tra la nostra indagine e quella in atto a Padova le analogie sono molteplici, quasi a dimostrare - conclude amaramente il procuratore Barbaglio - che “fare la cresta” sui morti sta diventando una prassi. Purtroppo...». È il «pizzo» per la vestizione dei defunti pagato in nero. Un «nero» non nel senso del lutto, ma di soldi che non lasciano traccia e sfuggono a ogni tassazione. L’illecito più odioso.
Angela Barbaglio
È la nuova frontiera dei reati contro la pubblica amministrazione, la più deprecabile