Profugo arrestato due volte in dieci giorni «Nel Corano i disegni di ordigni esplosi»
Padova, gambiano indagato per terrorismo, in carcere dopo la nuova aggressione. Era libero
Una versione del Corano «di colore verde e dorato». E all’interno due fogli scarabocchiati: «Disegni da lui prodotti, raffiguranti esplosioni di ordigni», si legge in un verbale redatto della questura di Padova il 30 agosto.
Si parte da qui, dal materiale finito sotto sequestro, per tracciare il profilo di Bakary Marong, profugo gambiano che sabato festeggerà il suo ventiduesimo compleanno rinchiuso in carcere. Arrestato neppure due settimane fa per aver aggredito due poliziotti urlando «Allah Akbar», era stato subito rimesso in libertà dal giudice (con l’obbligo di lasciare il Veneto e il divieto di tornarci) nonostante risultasse indagato per apologia di terrorismo. Da due giorni, però, Marong è di nuovo in cella, sempre per aver aggredito degli agenti e sempre a Padova, con buona pace del fatto che dovesse trovarsi a decine di chilometri di distanza. Qualcosa, evidentemente, non ha funzionato.
Un passo indietro. È il pomeriggio del 30 agosto, quando il gambiano viene avvicinato da un poliziotto ai Giardini dell’Arena, poco distante dalla Cappella degli Scrovegni considerata uno degli «obiettivi sensibili» per eventuali attentati di matrice islamica. Quel ragazzone - dirà poi l’agente - ha un atteggiamento sospetto. In mano stringe una copia del Corano, che poi verrà sequestrata. L’agente gli chiede i documenti e Marong dà di matto: urla «Allah Akbar», che tradotto significa «Dio è grande» ma che diventa un grido di guerra quando a pronunciarlo sono dei terroristi, com’era capitato appena due settimane prima in Spagna, quando l’Isis aveva ammazzato tredici persone, compreso il bassanese Luca Russo. Per immobilizzare il giovane straniero, interviene anche un secondo poliziotto e lui li aggredisce entrambi con pugni e calci, strillando: «Ha fatto bene lo Stato Islamico a colpire a Barcellona, vi uccideremo tutti, siete tutti infedeli!».
Scatta l’arresto per resistenza, lesioni, e l’indagine per terrorismo. A preoccupare, sono soprattutto le frasi pronunciate dal gambiano ma - si scopre ora anche quei disegni trovati all’interno del Corano e che raffigurerebbero delle bombe nell’atto di esplodere. Portato in questura, salta fuori che Bakary Marong è già finito nei guai lo scorso anno per spaccio di droga. Non solo: gli investigatori scoprono che è un richiedente asilo, la commissione gli ha rifiutato lo status di rifugiato e lui ha presentato ricorso in tribunale. Risultato: finché non si concluderà l’iter, il questore non può procedere con l’espulsione. Per cacciarlo dall’Italia servirebbe un provvedimento del ministro dell’Interno, qualora ravvisi la pericolosità sociale del giovane.
Visto che non risultano condanne definitive, il 31 agosto il giudice di Padova non può far altro che convalidare l’arresto per resistenza e lesioni e rimetterlo in libertà, con l’obbligo di stare alla larga dal Veneto. Prossima udienza (è difeso dall’avvocato Eleonora Danieletto), il 16 ottobre.
Caso chiuso, pareva. Invece sabato il profugo viene arrestato di nuovo: non si è mai allontanato da Padova. Quando gli agenti lo notano, è in corso del Popolo e stavolta, invece del Corano, in mano stringe una scorta di lattine di birra. Alla vista delle divise, perde la testa: ancora calci e pugni.
Stavolta, il giudice ha disposto che rimanga in carcere, almeno fino alla prossima udienza. «Ma non è un terrorista - dice l’avvocato Stefano De Checchi, che lo difende in questo nuovo procedimenti giudiziario - è uno sbandato: non conosce una parola d’italiano, è senza casa né denaro». Più che un aspirante jihadista, sarebbe quindi un disadattato. Ad ogni modo, gli investigatori si preparano a tenerlo d’occhio: gli attentati degli ultimi anni, dimostrano che il fanatismo attecchisce più facilmente proprio tra le persone fragili.