Sappada in Friuli, il Senato dà il via libera È il primo sì alla fuga di un comune veneto
DIECI ANNI DOPO IL REFERENDUM
Primo sì parlamentare alla fuga di un comune veneto. Il Senato ha dato il via libera al passaggio di Sappada al Friuli, regione a statuto speciale. Il voto nove anni dopo il referendum popolare che fece partire l’iter per il distacco dal Veneto. Ora serve l’ok alla Camera. Altri 33 i comuni in corsa. Lamon: «Adesso tocca a noi».
Ci siamo quasi. Ancora un voto alla Camera (e non è poca cosa: se non arriverà prima della fine della legislatura toccherà ricominciare tutto daccapo), poi Sappada potrà dare il suo sospirato addio al Veneto e riunirsi allo «speciale» Friuli Venezia Giulia, tornando tra le braccia della Provincia di Udine abbandonata nel lontano 1852.
Manca poco ma quel che è accaduto ieri al Senato, con 168 favorevoli, 8 astenuti ed un solo contrario, è già molto, sul piano politico. Per la prima volta, infatti, una delle due Camere dà il suo via libera al passaggio di un Comune dal Veneto ad una Regione confinante, tra i tanti che ci hanno provato in questi anni (una trentina, ve li raccontiamo qui sotto). Un percorso che per Sappada era iniziato nove anni fa, il 9 e 10 marzo 2008, con il referendum con cui 860 cittadini (su 903 votanti e 1.199 aventi diritto) dissero «Sì» al passaggio in Friuli e che è poi proseguito con il via libera del consiglio provinciale di Udine nel 2009, quello della Regione Friuli Venezia Giulia nel 2010, quello della Regione Veneto nel 2012, quello della Commissione per le questioni regionali nel 2014. Un voto che assume una rilevanza che va ben oltre il piccolo Comune stretto tra il Cadore e la Carnia, dove nasce il fiume Piave, perché spalanca le porte alle pretese degli altri municipi in fuga, da Cinto Caomaggiore a Lamon passando per la ricca e ambita Cortina, e perché aumenta la fibrillazione in vista dei referendum autonomisti che tra un mese vedranno al voto veneti e bellunesi. Non è un caso che il governatore Luca Zaia lanci l’allarme sul rischio disfacimento del Veneto (nell’intervista qui accanto), la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani si affretti a circoscrivere l’episodio («Siamo di fronte ad un caso chiarissimo, pacifico, contestualizzato e caratterizzato da una forte appartenenza identitaria, linguistica e culturale, non ci sarà alcun effetto domino») e il senatore della Südtiroler Volkspartei Karl Zeller metta le mani avanti: «Abbiamo delle perplessità sul fatto che in simili circostanze si ricorra alla legge ordinaria, trattandosi di passaggi in Regioni a statuto speciale sarebbe meglio una legge costituzionale. Molti Comuni bellunesi hanno chiesto di passare in Trentino Alto Adige ma se tutti avessero via libera, come Sappada, la nostra Regione ne uscirebbe totalmente snaturata». Porte aperte, insomma, ma non per tutti.
Il sindaco di Sappada, Manuel Piller Hofer, si dice felice e incredulo ma anche un po’ preoccupato: «Dobbiamo scongiurare la beffa di fine legislatura, i tempi per il voto alla Camera sono stretti», che poi è quel che si augura pure Alessandro Mauro, coordinatore dei comitati referendari: «Non devono lasciarci a metà del guado».
Tra i senatori che hanno contributo a questa - a suo modo - storica giornata, le reazioni sono diverse ma con un comun denominatore: l’auspicio che
«il caso di Sappada, particolare sul piano storico e culturale, sia l’occasione per un ripensamento generale dei rapporti tra Stato e Regioni» per dirla con le parole della relatrice del testo, Patrizia Bisinella di Fare! Raffaela Bellot, pure di Fare!, sottolinea l’importanza di «aver restituito dignità allo strumento referendario», come Giovanni Endrizzi del Movimento Cinque Stelle che ha stigmatizzato l’attesa patita dai sappadini e la distanza «siderale» aperta «tra i cittadini e queste Aule». Per Giovanni Piccoli di Forza Italia si è trattato di un voto «doveroso ma doloroso, una sconfitta politica che attesta come in Italia continuino ad esserci cittadini di Serie A e di Serie B» mentre Giorgio Santini del Pd, con chiaro riferimento al voto del 22 ottobre, chiosa: «Sappada è la dimostrazione che i problemi non si risolvono col conflitto istituzionale ma con la capacità di confronto e il negoziato, lungo la strada tracciata dalla Costituzione».
Serracchiani Un caso circoscritto di forte identità linguistica e culturale