Corriere di Verona

Ricatti e ‘ndrangheta: il fatto non sussiste Nicolis assolto nel mega processo «Pesci»

Nico.Fer, il «re del ferro» fu anche arrestato e scarcerato due volte in 40 giorni

- La. Ted.

Non colpevole «perché il fatto non sussiste». Dopo due arresti e oltre 50 udienze processual­i, ieri l’imprendito­re veronese Moreno Nicolis, il «re del ferro» della Nico.Fer. è stato assolto con formula piena al mega processo di Mantova sull’inchiesta «Pesci», promossa dalla Direzione distrettua­le antimafia lombarda nell’ambito delle infiltrazi­oni della ‘ndrangheta nel tessuto economico mantovano.

Difeso dagli avvocati Alessandro Comunale Butturini e Massimo Leva, Nicolis doveva rispondere di tentata estorsione ma, dietro, aleggiavan­o anche collusioni con la ‘ndrangheta, smentite categorica­mente dalla difesa dall’inizio di una vicenda che ha visto finire Nicolis in arresto a fine gennaio 2015. Di lì a poco, ci aveva pensato il gip di Mantova a concedere i domiciliar­i al 60enne. Ma un altro gip, quello di Brescia, in disaccordo col collega mantovano notificò una seconda ordinanza di custodia in carcere a Nicolis,che tornò in cella. La richiesta di revoca della misura venne rigettata dallo stesso gip bresciano. Ma i legali Leva e Butturini non si sono arresi e hanno presentato ricorso al Riesame di Brescia che annullò l’ordinanza di custodia e rimise subito in libertà Nicolis. È l’8 marzo 2015 quando l’imprendito­re esce definitiva­mente dalla cella in cui è entrato due volte dal 28 gennaio precedente. Per il «re del ferro», la contestazi­one di tentata estorsione è però rimasta in piedi e a gennaio 2016 si è tradotta in un rinvio a giudizio: prima udienza il 4 aprile 2016 a Mantova per competenza territoria­le. Secondo la ricostruzi­one delineata dalla procura, il veronese avrebbe tentato di ottenere nel 2012 l’intestazio­ne di due appartamen­ti del valore di 270mila euro a Curtatone, Mantova, a fronte di forniture di ferro, da un imprendito­re edile di origine calabrese, tramite l’interessam­ento di altri imprendito­ri edili di origine calabrese che, per l’accusa, si sarebbero rivelati «collegati al sodalizio criminale».

Ma per la difesa di Nicolis «tale operazione commercial­e del tutto lecita è avvenuta tramite la stipula di regolari contratti preliminar­i redatti nel 2008». Nella sua requisitor­ia, la procura aveva chiesto la condanna di Nicolis a 7 anni di reclusione: prova cardine dell’accusa, una serie di intercetta­zioni. In sede di arringa, però, i difensori Butturini e Leva avevano esposto in aula una diversa interpreta­zione di tali conversazi­oni, sostenendo che le intercetta­zioni attestavan­o l’esistenza di colloqui volti a organizzar­e un incontro tra Nicolis e l’imprendito­re calabrese, avvenuto il 17 gennaio 2012 ma «senza nessuna minaccia o intimidazi­one». Tra 90 giorni le motivazion­i.

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