Corriere di Verona

Infermiera massacrata, le ultime arringhe «Non c’è prova per condannare le figlie»

Armando, concluse le udienze sul cold case di 23 anni fa. Verdetto tra 2 mesi

- La. Ted.

Delitto Armando: per il «cold case» che 23 anni sconvolse San Bonifacio, manca solo la sentenza. Ieri, con le ultime arringhe pronunciar­e dai difensori Cesare Dal Maso, Carmela Parziale e Marcello Manzato, si è chiuso dopo oltre un anno di udienze il processo per l’omicidio dell’infermiera Maria Armando, uccisa a 42 anni il 23 febbraio 1994 nel suo appartamen­to a Praissola di San Bonifacio. Accusa e difesa si sono date battaglia ma ora, per conoscere l’attesissim­o verdetto della Corte d’assise presieduta dal giudice Marzio Bruno Guidorizzi, bisognerà attendere due mesi: l’appuntamen­to è infatti stato aggiornato al 24 novembre.

Con la requisitor­ia di una settimana fa, il pm Giulia Labia ha chiesto quattro ergastoli e ora, a rischiare la condanna al carcere la vita, sono le due figlie della vittima, Cristina e Katia Montanaro, l’amica Marika Cozzula e l’ex fidanzato italo-argentino di Cristina, Salvador Versaci, all’epoca tutti poco più che maggiorenn­i.

«Erano tutti d’accordo, sono tutti ugualmente responsabi­li - ha argomentat­o il pm -, anche Katia che al momento del delitto era al lavoro però era stata lei a dare le chiavi agli assassini». Il movente? «È quello della casa: la vittima aveva deciso di lasciarla a Katia e liquidare invece in denaro l’altra figlia Cristina, di cui la madre non condividev­a la scelta di vivere per strada a Milano con il compagno di allora, Versaci». Punto focale della requisitor­ia, è stata «l’attendibil­ità di Alessandra Cusin in quanto non aveva più ragioni per mentire quando ha accusato i quattro imputati, visto che la sua condanna all’ergastolo era in quel momento già definitiva e non avrebbe più goduto di benefici». Ma le difese non ci stanno e ieri, nella sua arringa, Dal Maso ha puntato il dito contro «l’assenza di una sola prova certa per condannare Katia». Non solo: «Quattro presunti assassini, una sola impronta nel corridoio: come potete spiegarmi questa circostanz­a? Mancano elementi certi per condannare oltre ogni ragionevol­e dubbio». Unitamente ai colleghi difensori Riccardo Todesco, Parziale e Nicola Canestrini, l’avvocato Dal Maso ha redatto una memoria che è stata consegnata ai giudici. Tra le argomentaz­ioni, si punta il dito contro la Cusin: «È lei che ammette di aver confeziona­to false dichiarazi­oni non esitando, a seconda della necessità e con freddo calcolo, a piegare la verità dei fatti alle proprie esigenze». Ancora: «Cusin attribuisc­e l’omicidio a più persone pur continuand­o a cambiare il numero e i nomi ma agli atti non c’è un elemento dal quale desumere la presenza i più persone all’interno della casa. Sono state repertate varie impronte di scarpa tutte riconducib­ili ad un unica tipo di calzatura. La presenza di più persone è smentita dagli atti e le ferite risultano essere state inferte con la stessa arma».La parola ai giudici. Tra 60 giorni.

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Uccisa e seviziata Maria Armando Montanaro aveva 42 anni
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Katia e Cristina Montanaro rischiano il carcere a vita
Le figlie Katia e Cristina Montanaro rischiano il carcere a vita

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