Rapina benzinaio e si scusa, arrestato il «bandito triste»
«Guardo tanta televisione e ho visto come si fanno le rapine. Ma ho anche visto che i rapinatori vengono sempre presi, quindi vi aspettavo». Tanto che l’altra mattina all’alba, quando loro si sono presentati a casa sua armati e pronti a fronteggiare quello che dalle indagini era emerso poter essere un pericoloso criminale, lui non solo gli ha aperto mestamente la porta, ma si è messo a piangere.
E poi li ha «accompagnati» nella perquisizione domiciliare, consegnandogli i vestiti da softair che aveva usato per il colpo, le due pistole, una scacciacani e una semiautomatica ad aria compressa, i mitra da guerra virtuale e le munizioni. È finita in una cella del carcere di Montorio, dove è rinchiuso in attesa dell’interrogatorio di garanzia, la parabola del «rapinatore triste», come lo hanno soprannominato gli agenti della polizia stradale che lo hanno arrestato. Lui è un cinquantenne vicentino, con problemi di bipolarità certificati. E quei sali e scendi psichiatrici gli hanno distrutto la vita.
Non ha più un lavoro, è oberato dai debiti e non ha più una famiglia, il «rapinatore triste». Proprio per questo alle 3 del 10 settembre ha deciso di fare quello che ha visto fare in tv. Rapinare un benzinaio. Vestito da «guerra» e con la scacciacani, sulla sua Citroen Picasso ha imboccato l’autostrada A4 ed è arrivato alla stazione di servizio Scaligera Ovest, a Soave. È entrato, ma l’addetto era in un’altra stanza. Nel frattempo - ripreso dalle telecamere interne - ha
pensato bene di «scarrellare» l’arma. Un gesto che solo chi è intenzionato a sparare fa. Urlando «lo sai cosa voglio, lo sai cosa voglio», si è fatto consegnare duemila euro, parte dei quali ha perso durante la fuga. Ma prima di andarsene ha voluto parlare con quel benzinaio al quale aveva
puntato contro un’arma. «Non ce l’ho con te - gli ha detto -. Ho dei bambini, dei debiti. Devo pagare le bollette. Per favore non chiamare subito la polizia». Cosa che, invece, il benzinaio ha subito fatto dicendo che l’auto del rapinatore aveva uno stop rotto e che nonostante il passamontagna si vedeva un piercing sulla palpebra del malvivente. Gli agenti della Polstrada, coordinati dal dirigente Girolamo Lacquaniti, hanno individuato l’auto in uscita al casello di Verona Est. Dalla targa sono risaliti al proprietario. Per qualche giorno lo hanno controllato. Tutto corrispondeva, anche quel piercing. L’altra mattina l’arresto. «Abbiamo subito avuto la consapevolezza di trovarci davanti a una persona con un forte malessere esistenziale», ha spiegato Lacquaniti che ha anche sottolineato come le telecamere della stazione di servizio non siano state utili alle indagini. Troppo vecchie e con immagini di scarsa qualità. «Serve rinnovare il “parco” - ha spiegato il dirigente - E per questo abbiamo già contattato i concessionari». Un «rinnovo» fondamentale per garantire la sicurezza di chi lavora di notte.