Scandalo atenei Le telefonate tra i prof veneti
Inchiesta sul «mercato» delle cattedre, i due prof veneti: «Qui rischia di saltare tutto». Bellunese indagata
VENEZIA «Decidiamo i nomi poi aggiustiamo i criteri». È una delle intercettazioni che spuntano nell’inchiesta sul «mercato» delle nomine di professori ai concorsi alle Università, che coinvolge anche tre docenti veneti. Voti in cambio di viaggi a Venezia.
VENEZIA Troppi favori da fare e troppi amici da sistemare. Nell’aprile del 2015, la commissione nominata dal Miur per l’abilitazione scientifica nazionale per cattedre universitarie di diritto tributario, s’era impantanata. Per tentare di sbloccarla, il commissario Carlos Maria Lopez Espadafor, professore di Diritto tributario presso l’Università De Jean in Spagna, telefonò a Loris Tosi, veneziano, 60 anni, professore ordinario di Diritto tributario presso l’Università Ca’ Foscari. Gli disse che c’era della reticenza da parte dei colleghi nell’indicare i nomi dei candidati-amici, quelli che dovevano essere abilitati anche se meno titolati degli altri. «Sono troppo indecenti... parlassero più apertamente. Dice: “Se io voglio questo, cosa vuoi tu?”. Tutto si risolveva in un’ora, no?». E invece no, «c’è questa contrapposizione forte, e perdono un sacco di tempo».
Il «mercanteggiamento» come lo definisce il gip di Firenze - procedeva a rilento «perché i commissari erano stati ipocriti»: in fase di trattativa, c’è chi non si sbilanciava apertamente. «E invece tutto è vestirlo elegantemente di criteri... Insomma, senti, decidiamo i nomi poi aggiustiamo i criteri», suggerisce Espadafor al collega veneziano. Funzionava così: prima si sceglievano i «vincitori» e poi si trovavano i pretesti per bocciare tutti gli altri.
Il gip Angelo Antonio Pezzuti, che ha firmato l’ordinanza dell’inchiesta sui concorsi truccati all’Università, è convinto che i prof fossero «perfettamente a conoscenza della consumazione di grandi ingiustizie, sacrificando candidati meritevoli e promuovendone altri non meritevoli». Tre i veneti, tutti destinatari di un provvedimento di interdizione dallo svolgimento delle funzioni accademiche per dodici mesi. Nei guai, oltre a Loris Tosi di Ca’ Foscari, sono finiti anche Mauro Beghin, 56 anni, ordinario di Diritto tributario all’Università di Padova, e Daniela Mazzagreco, nata a Pieve di Cadore 43 anni fa e ora in servizio all’ateneo di Palermo. Ma anche altri indagati hanno legami con il Nordest. Come Guglielmo Fransoni, professore a Foggia, che nel suo curriculum inserisce la docenza in «vari master universitari di diritto tributario» tenuti anche per gli atenei di Padova e Venezia. O come Giangiacomo D’Angelo, che insegna a Bologna ma che - sembra assurdo «nel 2002 ha preso servizio presso l’agenzia delle entrate del Veneto».
Le intercettazioni ricostruiscono il sistema attraverso il quale i prof che facevano parte della commissione, sceglievano chi abilitare alle cattedre. Ed era una trattativa estenuante, come dimostra la telefonata di Espadafor a Tosi. Tra i due ci sarebbe stato anche un accordo: in cambio dei propri voti, lo spagnolo ottenne «di avere un soggiorno a Venezia con falsa attestazione di una accademica per coprire l’assenza in Spagna, la promessa di un aiuto per la revisione in italiano dei suoi articoli e un intervento in un incontro accademico da organizzare a Venezia».
Parlando a un aggregato di Ca’ Foscari che insisteva per avere «un ulteriore appoggio in sede locale», Loris Tosi gli rispose: «Comunque io quello che posso fare faccio, più che (...) tamponare a destra e sinistra, farti dare due volte l’abilitazione, non posso mica diventar matto». Che l’abilitazione la si ottenga grazie agli sponsor, era cosa risaputa. Al punto che un altro candidato chiese: «Cosa dici, passo sto concorso o non lo passo, Loris?». E il docente gli disse di no, spiegandogli «che non aveva più “forza contrattuale” avendola consumata tutta nella precedente tornata avendo fatto abilitare un altro candidato». Gli inquirenti non hanno dubbi: «Il riferimento alla “forza contrattuale” è un altro chiaro indice dell’esistenza di quello scambio di utilità corruttive».
Anche se esterno alla commissione (si era dimesso), secondo la procura Tosi riusciva ugualmente a fare pressioni per favorire i «suoi». La scelta dei vincitori pareva una guerra tra bande. «Il palese distacco della valutazione dal merito riflette il magistrato - è il fondamento del mercanteggiamento del voto dei commissari: quello che conta (...) è esclusivamente il legame tra i candidati e le associazioni di appartenenza».
I due prof veneti fanno parte della stessa corrente. L’8 aprile 2015 Mauro Beghin chiamò Tosi, preoccupato dal fatto che un altro commissario spingesse troppo per i propri candidati con il rischio che non si giungesse a un accordo. «Su questi due qua, lui sta facendo muro contro muro e quindi c’è il pericolo che salti tutto», gli spiegò. E aggiunse: «Siccome siamo ancora in tempo per fare un ragionamento... è il momento giusto di farlo adesso». Tosi lo tranquillizzò: «Adesso rifletto e vedo cosa posso fare... Hai fatto bene a chiamarmi».
A volte gli interessi si ribaltano e i commissari spingono per bocciare qualcuno. Beghin, ad esempio, è interessato «alla mancata abilitazione del candidato Giovanni Moschetti (noto avvocato tributarista, ndr)» e per ottenerla non esita a coinvolgere i colleghi.
Infine, il caso della bellunese (ma solo di origini, visto che la sua carriera si è svolta tutta nel Palermitano) Daniela Mazzagreco. Per la sua abilitazione si spende il professor Salvatore Sammartino. E quando il ministero diffonde la prima lista dei commissari, esulta assieme a un altro candidato: «Allora se le cose stanno così, se le cose stanno così è un trionfo!».