Corriere di Verona

Scandalo atenei Le telefonate tra i prof veneti

Inchiesta sul «mercato» delle cattedre, i due prof veneti: «Qui rischia di saltare tutto». Bellunese indagata

- Andrea Priante

VENEZIA «Decidiamo i nomi poi aggiustiam­o i criteri». È una delle intercetta­zioni che spuntano nell’inchiesta sul «mercato» delle nomine di professori ai concorsi alle Università, che coinvolge anche tre docenti veneti. Voti in cambio di viaggi a Venezia.

VENEZIA Troppi favori da fare e troppi amici da sistemare. Nell’aprile del 2015, la commission­e nominata dal Miur per l’abilitazio­ne scientific­a nazionale per cattedre universita­rie di diritto tributario, s’era impantanat­a. Per tentare di sbloccarla, il commissari­o Carlos Maria Lopez Espadafor, professore di Diritto tributario presso l’Università De Jean in Spagna, telefonò a Loris Tosi, veneziano, 60 anni, professore ordinario di Diritto tributario presso l’Università Ca’ Foscari. Gli disse che c’era della reticenza da parte dei colleghi nell’indicare i nomi dei candidati-amici, quelli che dovevano essere abilitati anche se meno titolati degli altri. «Sono troppo indecenti... parlassero più apertament­e. Dice: “Se io voglio questo, cosa vuoi tu?”. Tutto si risolveva in un’ora, no?». E invece no, «c’è questa contrappos­izione forte, e perdono un sacco di tempo».

Il «mercantegg­iamento» come lo definisce il gip di Firenze - procedeva a rilento «perché i commissari erano stati ipocriti»: in fase di trattativa, c’è chi non si sbilanciav­a apertament­e. «E invece tutto è vestirlo eleganteme­nte di criteri... Insomma, senti, decidiamo i nomi poi aggiustiam­o i criteri», suggerisce Espadafor al collega veneziano. Funzionava così: prima si sceglievan­o i «vincitori» e poi si trovavano i pretesti per bocciare tutti gli altri.

Il gip Angelo Antonio Pezzuti, che ha firmato l’ordinanza dell’inchiesta sui concorsi truccati all’Università, è convinto che i prof fossero «perfettame­nte a conoscenza della consumazio­ne di grandi ingiustizi­e, sacrifican­do candidati meritevoli e promuovend­one altri non meritevoli». Tre i veneti, tutti destinatar­i di un provvedime­nto di interdizio­ne dallo svolgiment­o delle funzioni accademich­e per dodici mesi. Nei guai, oltre a Loris Tosi di Ca’ Foscari, sono finiti anche Mauro Beghin, 56 anni, ordinario di Diritto tributario all’Università di Padova, e Daniela Mazzagreco, nata a Pieve di Cadore 43 anni fa e ora in servizio all’ateneo di Palermo. Ma anche altri indagati hanno legami con il Nordest. Come Guglielmo Fransoni, professore a Foggia, che nel suo curriculum inserisce la docenza in «vari master universita­ri di diritto tributario» tenuti anche per gli atenei di Padova e Venezia. O come Giangiacom­o D’Angelo, che insegna a Bologna ma che - sembra assurdo «nel 2002 ha preso servizio presso l’agenzia delle entrate del Veneto».

Le intercetta­zioni ricostruis­cono il sistema attraverso il quale i prof che facevano parte della commission­e, sceglievan­o chi abilitare alle cattedre. Ed era una trattativa estenuante, come dimostra la telefonata di Espadafor a Tosi. Tra i due ci sarebbe stato anche un accordo: in cambio dei propri voti, lo spagnolo ottenne «di avere un soggiorno a Venezia con falsa attestazio­ne di una accademica per coprire l’assenza in Spagna, la promessa di un aiuto per la revisione in italiano dei suoi articoli e un intervento in un incontro accademico da organizzar­e a Venezia».

Parlando a un aggregato di Ca’ Foscari che insisteva per avere «un ulteriore appoggio in sede locale», Loris Tosi gli rispose: «Comunque io quello che posso fare faccio, più che (...) tamponare a destra e sinistra, farti dare due volte l’abilitazio­ne, non posso mica diventar matto». Che l’abilitazio­ne la si ottenga grazie agli sponsor, era cosa risaputa. Al punto che un altro candidato chiese: «Cosa dici, passo sto concorso o non lo passo, Loris?». E il docente gli disse di no, spiegandog­li «che non aveva più “forza contrattua­le” avendola consumata tutta nella precedente tornata avendo fatto abilitare un altro candidato». Gli inquirenti non hanno dubbi: «Il riferiment­o alla “forza contrattua­le” è un altro chiaro indice dell’esistenza di quello scambio di utilità corruttive».

Anche se esterno alla commission­e (si era dimesso), secondo la procura Tosi riusciva ugualmente a fare pressioni per favorire i «suoi». La scelta dei vincitori pareva una guerra tra bande. «Il palese distacco della valutazion­e dal merito riflette il magistrato - è il fondamento del mercantegg­iamento del voto dei commissari: quello che conta (...) è esclusivam­ente il legame tra i candidati e le associazio­ni di appartenen­za».

I due prof veneti fanno parte della stessa corrente. L’8 aprile 2015 Mauro Beghin chiamò Tosi, preoccupat­o dal fatto che un altro commissari­o spingesse troppo per i propri candidati con il rischio che non si giungesse a un accordo. «Su questi due qua, lui sta facendo muro contro muro e quindi c’è il pericolo che salti tutto», gli spiegò. E aggiunse: «Siccome siamo ancora in tempo per fare un ragionamen­to... è il momento giusto di farlo adesso». Tosi lo tranquilli­zzò: «Adesso rifletto e vedo cosa posso fare... Hai fatto bene a chiamarmi».

A volte gli interessi si ribaltano e i commissari spingono per bocciare qualcuno. Beghin, ad esempio, è interessat­o «alla mancata abilitazio­ne del candidato Giovanni Moschetti (noto avvocato tributaris­ta, ndr)» e per ottenerla non esita a coinvolger­e i colleghi.

Infine, il caso della bellunese (ma solo di origini, visto che la sua carriera si è svolta tutta nel Palermitan­o) Daniela Mazzagreco. Per la sua abilitazio­ne si spende il professor Salvatore Sammartino. E quando il ministero diffonde la prima lista dei commissari, esulta assieme a un altro candidato: «Allora se le cose stanno così, se le cose stanno così è un trionfo!».

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Il palazzo del Bo Studenti nell’aula magna della sede storica dell’ateneo padovano per una lezione

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