Ma sul fronte dei risarcimenti vecchi soci al palo
Se le inchieste penali avanzano, sul fronte dei risarcimenti ai vecchi soci di Popolare di Vicenza e Veneto Banca non stanno nemmeno all’anno zero. Una partita che potenzialmente riguarda centomila vecchi soci.
Le cause cancellate e l’insinuazione tra i creditori come ultima carta rimasta, che dà ben poche certezze. E poi i rimborsi ai risparmiatori con obbligazioni subordinate, per cui sono scaduti tre giorni fa i termini per le richieste di risarcimento al Fondo interbancario; ma nessun rimborso invece almeno per gli azionisti a cui furono piazzate azioni in maniera truffaldina negli ultimi aumenti di capitale, ad esempio con le Mifid «taroccate» come riconosciuto da Bce e Consob. E nemmeno per gli ex soci impoveriti dall’azzeramento delle azioni, visto che le iniziative di welfare sono state azzerate: i 60 milioni previsti e rimasti nelle liquidazioni non possono esser messi a disposizione, perché sarebbe una violazione della par condicio dei creditori. Anzi, c’è pure il rischio, sempre da disinnescare, che vengano chiesti indietro anche i risarcimenti del 15% pagati in primavera ai soci: anche questi, se dovesse scattare la dichiarazione d’insolvenza, rischiano di violare la stessa par condicio con i creditori che ancora nulla hanno visto. E poi l’ultima beffa che sta emergendo: l’impossibilità perfino, sul fronte delle tasse da pagare, di poter almeno compensare la perdita dall’azzeramento delle azioni con eventuali guadagni avuti su altri investimenti. Perché le azioni formalmente esistono ancora. Tanto che iniziano a farsi largo le cessioni ai figli o a parenti, almeno per poter fare le compensazioni.
Se le inchieste penali avanzano, sul fronte dei risarcimenti ai vecchi soci di Popolare di Vicenza e Veneto Banca - centomila solo in Veneto, 84 mila
quelli complessivamente rimasti fuori dai risarcimenti di primavera - non stanno nemmeno all’anno zero. Con la liquidazione delle due banche a fine giugno che, come succede per il capitolo dei crediti di difficile rientro, ha ancor più complicato le cose; e i nodi aperti nessuno li vuole affrontare.
Anche per questo le associazioni dei soci delle ex venete saranno oggi a Roma, a manifestare al fianco di quelli delle altre crisi - da Etruria a Ferrara, Marche e Chieti, di Mps e anche di Popolare di Bari - nella giornata del risparmio tradito. In prima fila, con le associazioni dei Consumatori, il Coordinamento don Torta, l’associazione Ezzelino, la Casa del consumatore di Schio, Assopopolari venete e l’associazione che fa capo all’avvocato Renato Bertelle. Il piatto forte a Roma sarà l’incontro con il neo-presidente della commissione parlamentare d’inchiesta, Pierferdinando Casini. «Solo un’operazione politica può metterci una pezza a questo punto - dice senza mezzi termini Patrizio Miatello, coordinatore dell’associazione Ezzelino -. Chi ha risolto la crisi con il decreto di giugno deve affrontare anche i problemi rimasti, compreso i risparmiatori truffati. Per noi l’unica via è l’istituzione del reato bancario e di un fondo di risarcimento, sulla falsariga di quanto fatto con l’usura e le aziende fornitrici non pagate».
L’attuale situazione da limbo è nota. Ed è scattata con il decreto di liquidazione del 25 giugno che, anche forzando in più punti la legge, ha bloccato le cause, anche quelle già giunte a sentenza, rendendo impossibile la rivalsa su Intesa Sanpaolo che si è presa la «parte buona» delle due banche con il sostegno dello Stato. Azzerata anche la via della costituzione di parte civile nel processo penale. Non resta che trasformarsi in creditori della liquidazione. Con una richiesta ai liquidatori, che questi respingeranno per non poter valutare l’ammissibilità, che costringerà a una causa d’opposizione al tribunale fallimentare. Anni per vedersi ammettere come creditori; altri anni per sperare di portare a casa qualcosa da creditore chirografario, gli ultimi, senza privilegi. In media, dicono gli addetti ai lavori, da un fallimento in Veneto si recupera tra il 3 e il 5%, se va bene il 10%. E in questo caso vanno messi in conto che di quanto potrà essere recuperato 5 miliardi vanno in prededuzione, quindi prima dei creditori privilegiati, allo Stato che ha messo il capitale alle spalle di Intesa.
E il bello è che ancora non ci sono i termini per presentare le richieste. Il decreto del ministero del Tesoro, che li fa scattare, non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale. E quindi molti avvocati stanno attendendo a presentare le richieste, per evitare il rischio che, presentate prima dei termini, siano inefficaci. La vicenda kafkiana è solo all’inizio.